I giovani pizzaioli saranno (mai) famosi come Sorbillo? VIDEO AMARCORD DI MELIZZANO


Gino Sorbillo con Marco Lungo

Gino Sorbillo con Marco Lungo

di Marco Lungo

Stavo facendo qualche riflessione dopo la mia ultima tornata, come giurato e non, negli ultimi campionati svoltisi a Napoli e ad Acerra. Ho visto tanti ragazzi, ho visto tanti premi. Così come l’anno scorso, ovviamente. Trofei, coppe, giacche con scritte, sponsor e pecette varie, foto, feste, ricchi premi e cotillions. Poi, dopo qualche giorno, la domanda che mi sono fatto spontanea è: “Ma questi ragazzi, arriveranno mai a poter essere noti quanto i vari Sorbillo, Salvo, Pepe, etc..”?

La risposta immediata è stata “No”. Ferma, dritta, spontanea. Difficile che io sia così categorico, per cui ci ho pensato un po’ sopra, unendo in questa riflessione anche le storie di ragazzi che conosco abbastanza bene e di cui ho verificato, con il conforto di amici, la reale capacità professionale nel tempo. Non solo, essendo anche ben conscio del fatto che praticamente nessuno dei pizzaioli famosi ha premi di questo tipo nel proprio palmares. Anzi, spesso non hanno proprio nulla, se non titoli vari di riconoscimento ma mai di competizione.

Perché sono arrivato a questa conclusione drastica? Andiamo per gradi. Stando in giuria, ho potuto vedere vari personaggi, vari ragazzi che oggi realizzano la pizza napoletana in maniera più o meno corretta e buona, se non ottima. Di questi, è normale che parta avvantaggiato chi ha una pizzeria propria, magari di tradizione familiare, in tal modo può esprimersi più facilmente ed in maniera totalmente libera, perché il problema dello stare sotto padrone è grosso e, in molti casi, tarpa le ali a bravi pizzaioli magari solo per stupide gelosie ed invidie. Trovare dei titolari illuminati è rarissimo, c’è poco da fare. Questo sarà perciò un elemento dirimente e decisivo nell’analisi che farò ma che, in primis, parte dalla considerazione di prima, cioè che questi campionati e trofei non sono panacea per diventare noti sul serio. Questo credo che debba far riflettere molto, non tanto chi organizza questi campionati o chi ci partecipa, quanto l’ambiente tutto che a mio avviso ormai, deve prendere atto che il successo di un pizzaiolo, né più né meno come quello degli chef, segue oggi dinamiche ben diverse dalla bravura reale dimostrata a confronto degli altri sul campo.

Maurizio Cortese

Maurizio Cortese

Voglio ricordare qui una cosa fondamentale che accadde circa sei anni fa e che ha contribuito senza dubbio la diffusione della pizza napoletana e di alcuni suoi interpreti al di fuori del bacino partenopeo. In quel periodo, infatti, un gruppo di cui facevo immeritatamente parte anche io, scriveva su una costola del blog Dissapore in uno spazio distinto che si chiamava “Spigoloso”.

A parlare di tutto quanto crea lo stare bene a tavola c’erano vari personaggi già noti all’epoca per la loro competenza nel campo specifico, ed una certa attenzione era rivolta al mondo pizza, di cui mi occupavo. Nacque praticamente spontanea l’idea di fare una grande festa ispirata alla pizza, tutti insieme, ed a ciò fu dato vita e consistenza da Maurizio Cortese nella sua villa di Melizzano.

Lui curò tutta l’organizzazione e l’allestimento, fece tale grosso sforzo tutto sulle sue spalle, aiutato da amici locali in qualche elemento o incombenza, montando anche gazebo, allestendo panche e tavoli per mangiare ed ospitando anche nella sua casa una persona a tutti noi cara che si chiama Stefano Bonilli (guai a chi mi corregge il tempo che ho usato del verbo chiamare). Furono invitate tante persone del mondo della pizza partenopea e tanti di noi fuori da quel mondo, e questo fu decisivo per il successo in termini di diffusione e promozione, tanto che il PizzaFest, così si chiamò quell’evento, rimane ancora oggi un punto certo, unico, straordinario, indelebile nel mondo della pizza. Prima ho detto, riferito anche a me, “fuori da quel mondo” perché qui a Roma (e figuratevi nel resto d’Italia), certi nomi non erano per niente noti. Anzi, uno in particolare, Franco Pepe, non lo conosceva nessuno, stava a Caiazzo, un posto che allora avreste detto dimenticato da Dio e dal Tomtom ma non da Maurizio, mentre Enzo Coccia, beh, più o meno era noto ma tutto da conoscere c’era quel tale Gino Sorbillo, con cui già ci chattavo molto su Facebook ed era per certi versi travolgente con la sua personalità, ed infatti io me ne accorsi presto, come potete ben vedere. Travolto proprio.

Questo elemento nodale, il PizzaFest, non si è più fatto. Con questo dico che si è perso, anzi, meglio, non c’è più a disposizione un evento veramente libero da campionati, trofei, sponsor, famiglie con la tradizione, giacche da chef piene di pecette, nomi e titoli (e bandiera italiana, giusto, dimenticavo), insomma, un qualcosa di non legato a niente, adatto proprio per far emergere quelli bravi dal nulla. L’uniche iniziative che al momento conosco che si avvicinano a questo intento sono forse quelle organizzate da Claudio Ospite ma, ovviamente, non possono giustamente avere lo scopo che ebbe il PizzaFest, cioè stare insieme e conoscerci, senza alcun ritorno economico per chi organizza (anzi, in quel caso, con annessa Fossa delle Marianne nel portafoglio di Maurizio). Questo è un grosso handicap, secondo me, perché oggi non è che dentro i vari trofei o competizioni similari io abbia visto format che facciano veramente “uscire” qualcuno a quel livello. Non è possibile, per i motivi anzidetti.

Quando ci sono interessi di parte, come giustamente esercitano gli sponsor che finanziano queste cose, ci si trova per forza di cose “ingabbiati” e non se ne esce facilmente. Pensateci: chi ho nominato prima, i tre di cui sopra, li ricordate legati a qualche sponsor tecnico? No, vero? Giusto adesso, Gino, si è legato alla Birra Peroni ma non è uno sponsor che può condizionare la sua espressività con la pizza. Beh, no, un attimo… forse, dopo che se ne è bevuta una cassa intera sì, anzi, magari dopo fa pure la pizza meglio (perché non ho le faccine che si ammazzano dal ridere da mettere, perché???).

Altra cosa troppo spesso invalicabile, è se un pizzaiolo bravo sta sotto padrone. Questa cosa, un po’ dappertutto, è la morte vera di molti bravi professionisti anche se, in qualche raro caso, qualcuno ce la fa e prima o poi si mette in proprio in modo da potersi esprimere liberamente. Con questi chiari di luna, però, in genere fanno prima a rimanere dove stanno o ad emigrare, tanto, padrone per padrone, meglio essere pagati di più e pensare di poter poi avere i soldi per tornare in Italia ed aprirsi qualcosa per conto proprio. E anche questo forse una volta in quanto adesso, chi va all’estero, generalmente non vuole più tornare perché, anche ad esempio nella piovosa Germania e seppur piena zeppa di tedeschi, si sta meglio che in Italia da tutti i punti di vista, si ha una migliore qualità della vita senza alcun dubbio. Purtroppo, qui da noi non è che se un titolare vede che ha un pizzaiolo bravo, serio, capace e che gli “fa locale”, se lo tiene stretto dandogli una qualche quota di partecipazione in società, tanto per dirne una, no. Spesso fa proprio il contrario, per cose che vanno dalla semplice stupidità personale alla gelosia e alla invidia.

Enzo Vizzari, Salvatore Salvo, Franco Pepe

Enzo Vizzari, Salvatore Salvo, Franco Pepe

Inoltre, c’è il posto, il luogo dove uno lavora. Se non si è in una città e principalmente Roma e Napoli o poco fuori di esse (anche se il Nord ha da poco qualche punto serio di interesse), normalmente non esisti. Non ci sei. Peggio, manco guadagni perché la gente dei paesi è poca e non vuole spendere. E’ emblematico il caso di Franco Pepe il quale, senza il PizzaFest, è poco probabile che lo avremmo conosciuto ed apprezzato, così come non è probabile che lo sarebbe mai stato altrettanto se Maurizio Cortese non fosse andato da lui a mangiare la pizza anni fa.

E questo è l’altro problema: chi è che fa scouting di nuovi talenti nel mondo della pizza, oggi? Conosco solo Tommaso Esposito , Maurizio Cortese e, al momento, nessun altro. Rispetto ad anni fa, come anche nel mondo del food, oggi nessuno si prende la briga di “scoprire” qualcuno o, se lo fa, difficilmente opera in qualcosa di visibile a tutti. Il mio pensiero, in questo, va a tutti quelli che hanno fatto parte della Scuola Bonilli, per mettere subito in chiaro di cosa parlo. Quanti personaggi ha scovato e che oggi gli debbono la fama? Quanti altri sono stati scoperti e resi noti dai suoi epigoni? Solo io ne potrei citare a decine, veramente, avendo fatto parte di quel periodo e di quel gruppo fortunato. Oggi, chi ti vede? Chi lo dice a tutti che sei bravo? Chi ha questa forza mediatica? Allora il Gambero Rosso era una potenza, un marchio, una garanzia, oggi ha perso gran parte del suo smalto, del suo allure e non è stato sostituito da nulla di simile ai tempi dell’inizio 2000, quando c’era sul sito un forum eccezionale nel quale partecipavano anche i grandi nomi del mondo enogastronomico, i quali poi leggevano le “segnalazioni” che alcuni personaggi “credibili” facevano di questo o di quell’altro posto. Non che questa cosa fosse il tutto assoluto e fosse l’unica decisiva delle sorti di un locale o di uno chef o di un pizzaiolo, no, intendiamoci bene.

 

Per certo, però, ha portato alla ribalta alcuni nomi che prima non erano affermati o, meno che mai, noti. Anche la Guida era ispirata molto allo scouting e, per questo, svolgeva un compito fondamentale per chi aveva i numeri per affermarsi. Il panorama odierno è invece costellato di varie testate eredi di blog o ancora tali, con elementi molto discordanti da parecchi punti di vista, soprattutto nella conduzione e nel relativo scrivere. La maggioranza la vedo ormai scontatamente fare solo classifiche o, spesso, recensioni smaccatamente marchettare che neanche una rece falsa su TripAdvisor può anelare a tanto e, soprattutto, sempre più spesso si leggono valutazioni che che si vede essere fatte via internet, ovvero che la persona manco ci è andata in quel posto, ha preso roba dal sito del locale e via. Se poi deve fare una classifica, ci piazza i soliti tre nomi in testa per non sbagliare, variamente alternati e, di seguito, entità poste in fritto misto che va dal “foto su internet” al “quando ci vado non pago perché io scrivo su internet”.

Mah. In questo marasma, a parte la casa di Luciano Pignataro che benevolmente mi ospita, senza neanche dirlo, personalmente trovo oggigiorno di notevole credibilità e serietà Agrodolce come testata, per le sue scelte e per come è fatto, anche perché ha un bel gruppo che ci lavora i quali sono, guarda caso, in buona parte amici che provengono dall’esperienza Gambero Rosso di una volta o avventure similari. Peccato che non abbia ancora la forza e la visibilità che secondo me meriterebbe.

Bene, detti quelli che, in analisi aziendale, si chiamano “Punti Critici di Successo”, vorrei divertirmi a citare qualcuno che ha interagito con me come giurato e/o personalmente e, in relazione a ciò, provare a vedere che esce fuori, rapportandomi a quanto detto.

Dalle Figlie di Iorio Teresa e la pizza a stella

Dalle Figlie di Iorio Teresa e la pizza a stella

Tipo la Teresa Iorio, che ha vinto l’ultimo Trofeo del Pizzaiuolo al Pizza Village. A Napoli già la conoscevano in molti, lavora nella pizzeria di famiglia, è piena di energia, è per certi versi un personaggio ed è brava senz’altro. Dite che tra tre anni sarà in tv? Oppure che avrà già aperto altri due locali? O, anche solo, diventerà nota fuori da Napoli?

Salvatore Lioniello. Sta ad Aversa, pizzeria di famiglia. Quando andai da lui, rimasi impressionato da quella che è forse la più vasta esposizione di titoli che abbia mai visto. Muri e muri di coppe, medaglie, attestati e parecchi non da poco, perché tra gli altri ci sono titoli mondiali vinti a Parma, insieme a molti trofei importanti vinti in giro per l’Italia e, solo per tornare a ciò di cui parliamo, tre volte di seguito vincitore di categoria al Pizza Village. Qualcuno lo sa che ad Aversa c’è uno titolato oltre ogni immaginazione, tanto più di qualsiasi celebrità e che è così bravo? No? Lo sapevo, era scontato. Anche lui, sarà (mai) famoso?

Vincenzo Capuano. Personaggio già dotato di una immagine che colpisce, personale, molto verdiana, curata. Persona affabile, bravo ovviamente, però non lavora nella pizzeria di famiglia, non si trovava allineato con le scelte di fondo ed ha scelto di diventare un leader all’interno di una famosa catena di pizzerie. Però, come giustamente penserete, questa catena lo incatena, seppur d’oro perché di qualità alta, ovvio. Se ne “liberà”? Beh, se non lo farà, penso che difficilmente potrà emergere del tutto, per quanto ci siamo detti sopra. Magari riconquisterà la pizzeria di famiglia, chissà. Però, anche qui, riuscirà ad affermarsi oltre il ciglio partenopeo? Diventerà noto oltre la Tangenziale?

Giovanni Palermo. Bravo, talmente bravo che se ne è dovuto andare da Napoli più di un anno fa. Pare assurdo, eh? E invece no, perché qui si ricade nel discorso fatto relativo ai titolari. Beh, forse diventerà famoso nel Paese dove è andato. Anche lì c’è la Prova del Cuoco e, dato che sta diventando abbastanza noto, magari ci arriverà prima di qua. Sempre che qua fosse stato mai possibile.

Enzo Bastelli. Decisamente superiore a molti ma anche lui non valorizzato in precedenza dove stava. Forse oggi si mangeranno le mani di averlo perso, però adesso l’importante è che non lo faccia il posto attuale. Personaggio anche lui, buon italiano, modo affabile e simpatico di porsi. Per quanto gli è possibile, conduce ricerche sugli impasti e sugli ingredienti di zona e non. Anche per lui la domanda è: andrà in tv? Aprirà tre locali in cinque anni? Sarà (mai) famoso?

Mi fermo qui, non me ne vogliano gli altri che non ho citato ma c’è un preciso motivo per cui ho nominato solo questi ragazzi, e forse si è già intuito. In qualche modo, infatti, questi pizzaioli più di altri mi ricordano i Sorbillo ed i Pepe che conobbi al PizzaFest. Hanno qualcosa di loro, in tutto o in parte o condiviso. Purtroppo, l’ambiente di contorno è cambiato, lo sappiamo tutti, anche se è vero che vince chi si adatta ma, oggi, si adatta a cosa, visto che non ci sono sostituti altrettanto validi dei mezzi di cui ho parlato prima? Possono solo, come è comunque giusto in ogni caso, non smettere mai di migliorare e di spingere sull’acceleratore. Questa penso che sia l’unica cosa ragionevole. E, soprattutto, aprirsi, comunicare, non isolarsi, non chiudersi a riccio sui propri, presunti “segreti”, in una parola, dovrebbero “fare gruppo”. Suona come una eresia, nel mondo pizzaiolo, però non vedo altra strada per emergere, cioè l’aiutarsi, non sotto l’egida di una associazione, non creando una associazione ma, ad esempio, iniziando a creare eventi congiunti anche piccoli, per poi crescere piano piano, per dirne una.

E’ un piccolo suggerimento, non impossibile da realizzare.

E’ un qualcosa.

Magari, è il qualcosa che leverà dal titolo di questo pezzo il mai tra parentesi e il punto interrogativo.

Magari, sarà la cosa che cancellerà il mio “No” categorico iniziale.

 

21 Commenti

  1. Salvatore Lionello prepara delle buonissime pizze ad Orta di Atella (Ce)…penso sarà famoso

  2. Sono d’accordo che i “campionati” non hanno ragione di essere. Forse la competizione in cucina non ha senso, come per le canzoni (mi è venuta così ma ha un senso e forse qualcosa a che fare con le emozioni…). Aggiungerei le insostenibili manifestazioni di pizza acrobatica (peraltro deleterie dal punto di vista promozionale, visto che di acrobazie da cammellitudine son colpevoli le pizze mal fatte ;-). Condivido le conclusioni: stare nel posto giusto al momento giusto, con semplicità. Quanto a Pizza Fest… ho la netta sensazione che non sia stato un “inizio”, ma una “fine”, o meglio un punto di arrivo, imprescindibile, ma finale.

  3. E’chiaro che punti di aggregazione quali il Gambero Rosso o creati ad-hoc dal mecenate-imprenditore di turno mancano, è sotto gli occhi di tutti e della tua esperienza anche, l’articolo ne è riprova.
    Va sempre detto ad altrettante chiare lettere che mentre però il primo per quanto riguarda guide&affini è sempre stato “a pagamento” (e quindi poco dignitoso sotto questo aspetto), il secondo per quanto ne abbia pian piano maturato una certa stima (lavorando nell’ambiente) ha per vie traverse e meno quantificabili materialmente sempre il suo rientro in termini di “agganci”.
    Insomma non ci sono zone franche o non-contaminate e per quanto ti sembrerà strano e malgrado sia anche tanto disprezzato credo invece nel potere di strumenti come Tripadvisor (TA che non vanno sottovalutati. E’ vero che i gastro-social si prestano a giochetti poco puliti, restano seppur con occhio critico un ottimo strumento di lettura delle tendenze gastronomiche del momento e di piccoli luoghi che in qualche modo trovano la loro visibilità anche grazie a quel passaparola mediatico che TA genera. Molte volte sarà ingannevole riserva però anche chicche incredibili.
    E’ evidente che la discussione qui si spacca su due piani differenti perchè di fatto preferirei sempre il Marco di turno che mi apre gli occhi con competenza ma quando il sempre citato “Marco Lungo” devo rincorrerlo per social perchè non ha un “ruolo fisso” allora capita che mi arrangio anche con TA andando controcorrente e scoprendo posti che poi hanno anche avuto fortuna.
    Non ne cito qui perchè è facile salire sul carro di attuali vincitori (in privato sono disposto a dare tutti i riferimenti) ma per ribadire che il mio non è un pourparler ma è una opinione che si fregia di qualche dato, seppur preso da una poco lucida vita gastronomica. Potrei parlare di Slow Food ma qui si aprirebbe una altro capitolo immenso.
    Quello che manca….al netto di tutto e delle volute provocazioni di sopra è un polo di “aggregazione indipendente” che non abbia fini di lucro. Ma le persone devono “pure campare” in qualche modo e quindi ecco che ci tocca guardare “nelle gabbie” per trovare il fenomeno evitando con lo sguardo il sensazionale-pompato-ad-hoc.
    Che la gabbia sia il padrone o TA non importa….la speranza è sempre di dare un giusto pubblico a chi fa del cibo una arte! :)
    Con affetto…Mario

  4. Grazie Marco per la citazione, te ne sono grato. Concordo su quasi, ma no tolgo il quasi, su tutto. Una considerazione però aggiungo. Nel mio fare scouting chiedo spesso, quando non c’è storia familiare di pizzaioli, chi siano i maestri e dove si sia fatto palestra. Bene non tutti i grandi sono citati. Qualcuno come Ciro Salvo c’è quasi sempre. Te pure Marco qualcuno ti ha citato. Allora mi chiedo: al di là della fama e dello starwebismo chi tra i Big ha chiaro il concetto della trasmissione dei saperi e chi fra loro oggi, piuttosto che un pizzastar, desideri essere riconosciuto come un capo scuola, un maestro?

  5. Ah dimenticavo, si certo Salvatore Lionello mi ha molto impressionato con le sue teorie. Sto per vederlo all’opera

  6. Con i “numeri” che fanno questi personaggi oramai è difficile mantenere alta l’attenzione all’esecuzione, nonostante restino le grandi materie prime, oramai mangiare una pizza cotta a regola è una roulette russa…
    Conosco i locali di Sorbillo e sono stata più’ volte in entrambi. Onore a tutti i suoi meriti, ma da cliente mi piacerebbe vederlo di più al forno e magari non uscirebbero tante pizze bruciacchiate e forse lo standard esecutivo sarebbe più costante
    Quando vanno in giro a fare eventi o promozione è tutto perfetto,ma quello che esce tutti i giorni forse dovrebbe essere monitorato meglio ,se un sabato hai una marea di gente,capisco che è difficile fare uscire una tempura di verdure a regola, ma questi sono problemi che non devono ricadere sul cliente, o sei all’altezza o ti ridimensioni
    Penso che il lavoro di pizzaiolo debba rimanere un lavoro artigianale: tempo, amore per il prodotto, e passione.
    chi puo’ ancora lavorare così’ è un fortunato

  7. Tommaso, chi può farlo?
    Chi non ha segreti. Chi non pensa di avere la Ricetta Segreta come Chiave Del Suo Successo.
    Chi è evoluto da pizzaiolo a professionista vero.
    Chi sa che cosa dice.
    Chi ammette serenamente che, a quel tipo di pizza, ci è arrivato più per empirismo che per vera conoscenza.
    Chi sa che questo è vero e, perciò, lo sa trasmettere ai suoi pizzaioli, uno per uno.
    Chi non si preoccupa che un suo pizzaiolo se ne vada, perché così si porta via il Suo Segreto.
    Chi ha ancora amore per la pizza e non la tratta ancora come il mezzo di sostentamento della sua famiglia “per tradizione”.
    Chi non mette avanti la “tradizione” come un baluardo invalicabile perché significa qualità certa.
    Chi non mette “Pizzaioli da xx generazioni” come garanzia per il cliente, perché sa che da xx generazioni possono aver tramandato una ciofeca di prodotto.
    Chi non anela al successo prima di aver dato tutto per aver creato il suo miglior prodotto.
    Chi, avendo avuto successo, si “dimentica” che prima faceva un buon prodotto.
    Chi, infine, dimentica.

  8. Marco, sei un mago. Come hai fatto a indovinare il profilo di qualche big che non mi viene mai segnalato come maestro d’arte dai giovani che incontro?

  9. Ti ringrazio per la citazione, credo che il nostro pizza1one, format televisivo, giunto alla sua seconda edizione, si propone di scoprire nuovi talenti nel mondo della pizza. Ti assicuro che le nuove generazioni, anche senza una tradizione familiare, sono molto attente ad imparare e molto intelligenti ad emulare, vanno alla scoperta di nuovi abbinamenti sui sapori, valorizzano ed esaltano i prodotti della loro terra, approfondiscono le tecniche e leggono tanto.
    Giovani istruiti ( diplomati e laureati) in cerca di un lavoro, che trovano nel mondo della pizza una possibilità di esaltare le proprie capacità e spesso ci riescono, già oggi vediamo molti giovani bravi e capaci, ne vedremo nei prossimi anni molte migliaia in giro per il mondo a diffondere l’arte e la cultura della pizza. Poi ognuno di loro per ciò che sapranno fare, diventeranno anche famosi. Il prossimo pizza1one si esprimerà in diverse se non tutte la regioni, sempre alla ricerca di nuovi talenti.

  10. Grazie, Marco, per il racconto e per i complimenti.
    Credo che la tua analisi sia giusta, soprattutto riguardo il “sapere”. Nel merito, ristabilire per ristabilire la verità storica sostengo che oggi fra i tanti pizzaioli che credono di avere la verità in tasca solo perché gli è riuscito di miscelare un po’ meglio degli altri acqua e farina, quello che ha iniziato prima di tutti quel percorso che tanti stanno oggi cavalcando sia Enzo Coccia.
    Un merito storico, che non va dimenticato.

  11. Penso che ciò che scrive Marco è tutto esatto.. lavorare sotto padrone per un pizzaiolo che ha passione e ama il suo lavoro equivale a agonia e sofferenza!!! Però bisogna anche dire che allo stesso tempo per acquisire tanta manualità e sicurezza.
    Per quanto riguarda il gambero rosso dovrebbe fare una ricerca molto più accurata facendo veramente il giro d’Italia provando tutte le migliori pizzerie tramite una ricerca su “TripAdvisor” così si unisce la valutazione popolare con quella tecnica.
    su Salvatore Lionello dico che sia un talento puro come la sua passione e le sue fantastiche pizze!! Non mi colpiscono i trofei in quanto lo conosco benissimo ed è un AMICO ed è un grande professionista.
    Anche io partecipo a gare e competizioni personalmente mi piace Partecipare e soprattutto DIVERTIRMI poi vincere è sempre un enorme gioia ma la competizione e più importante rimarrà sempre avere il proprio locale sempre pieno di gente che ama la tua pizza e soprattutto APPREZZA tutto ciò che fai..

    GRANDE MARCO!!

  12. Interessante argomento ma mi soffermo sui bei ricordi nel video. Vorrei dire che eravamo tutti più giovani ma in verità vedo tutti (me compreso) uguali ad ora! Maurizio, Marco, Cristina, Bernie, Lorenzo, Gino, Antonio, Massimo, Franco, Enzo, Francesca, Giulia 1 e 2 e quanti ne dimentico. Si intravede appena Stefano ma, si sa, aveva promesso cazzottoni (parole sue) a chi tentava di buttarlo in piscina :-D

  13. Un giovane che scopri Tommaso Esposito e davvero un ragazzo in gamba pieno di passione e amore per il suo lavoro e carlo Sammarco a piazza Garibaldi.

  14. Di pizza e pizzerie il compianto Stefano Bonilli non ne ha mai capito nulla basta andarsi a vedere molte copertine del Gamberorosso per vedere che pizze pubblicava ..devo dire che la cosa è continuata anche dopo quando lui non era più al Gamberorosso: avete dimenticato la prima guida alla pizzerie del gambero rosso che sfacelo ..con Gino Sorbillo Ernesto Fico e tanti altri all’attacco per chiederne la correzione :D Poi Stefano Bonilli grazie a Maurizio Cortese se ne fatto un’idea .. Riguardo le scoperte volevo dirvi che è molto azzardato parlare di scopritore di Pizzaiuoli solo 5 anni fa quando Sorbillo era sulla guida di osterie di Slow Food già da 10 anni prima e Franco Pepe in guida da 3 anni prima…

  15. Fabio, dato che c’ero anche io, questa cosa delle Guide già con dentro non tanto Sorbillo quanto Pepe non mi risulta. Se ce le hai, portale e scrivine, sarebbe interessante. Ciò comunque non sposta la realtà principale al riguardo dell’inizio della loro popolarità maggiore, ovvero che senza il Pizzafest di Maurizio Cortese, nom sarebbe quasi certamente decollata.

  16. Le cose sono abbastanza chiare per chi sta nel mondo della comunicazione dove non è significativo, anche se importante, aver parlato per primo di una cosa quanto averla fatta conoscere. Nel mondo del vino, ad esempio, con la diffusione del 2.0 ci sono state numerose diatribe su chi avesse scoperto questo o quel produttore, ma si tratta di cose risibili e ininfluenti.
    Nello specifico, la pizza napoletana era già non famosa, famosissima, prima di internet e lo sarà ancora quando torneremo tutti nelle caverne.
    La kermesse organizzata da Maurizio Cortese, organizzata a proprie spese anche se lui non lo ha mai detto e su cui poi Dissapore mise il cappello editoriale, è importante per due motivi semplici
    1-rese “simpatica” la pizza napoletana al 2.0 da cui era sostanzialmente fuori e aprì una autostrada ai pizzaioli sull’uso di questo strumento di cui Gino Sorbillo è stato maestro e capostipite.
    2-sdoganò la pizza nel mondo dei gourmet e degli appassionati dando a tutti la sensazione di parlare di qualcosa di nuovo perché il mondo cartaceo l’aveva snobbata e sostanzialmente ignorata. Si usciva dall’epoca dei foie gras, della molecolare, della scomposizione ecc ecc ma la crisi aveva riposizionato tutti sulla semplicità, l’essenzialità e, lasta but not least, sulla economicità.
    Il lirbo della Baresani, tanto per dire, ha riaperto il discorso eterno sui conti pagati o meno. E’ vero che, a parte poche eccezioni sotto gli occhi di tutti, i ristoranti più costosi che fanno comunque pagare non entrano nei post. Per la pizza invece questo problema non si pone: il costo è talmente basso che pagarlo o non pagarlo rende ininfluente l’atteggiamento e il giudizio.

  17. Spesso ho riscontrato bravi e attenti pizzaioli, con buoni prodotti e ottima pizza. Purtroppo profeti in patria! Saranno famosi?

  18. Signor Lungo guardi la festa di Melizzano come giustamente afferma il dottor Pignataro non fu solo la festa di Dissapore che ci mise il cappello editoriale ma io penso di Maurizio Cortese ( che entrò alla grande nel mondo dei gourmet ) e non di Dissapore che ci mise il cappello editoriale infatti fu fatta nella proprietà del dottor Cortese e non in un luogo pubblico .
    Dopo tanti post ecc sul blog Papergiallo si coronò un’amicizia tra il dottor Cortese e Stefano Bonilli che ormai aveva molto più tempo libero avendo lasciato il Gamberorosso e incuriosito della pizza napoletana ( non ne ha mai capito nulla ) ma non avendo mai abbandonato i tanti agganci nel mondo del Food che servivano al dottor Cortese per intraprendere il suo nuovo percorso professionale nel mondo del food ..insomma quella giornata servì a rendere famoso tutto il mondo sei consulenti ecc giornalisti del food proprio attraverso i già Famosi Pizzaioli Gino Sorbillo Enzo Coccia .. successivamente ci fu anche un’altra festa sempre a Melizzano sempre con Stefano Bonilli per coronare la consulenza del dottor Cortese con un altro Grande… Ciro Salvo che di li a poco avrebbero aperto Ciro Salvo 50 Kalò …

  19. Fabio, ti invito a leggere meglio il pezzo. Ho scritto che: “In quel periodo, infatti, un gruppo di cui facevo immeritatamente parte anche io, scriveva su una costola del blog Dissapore in uno spazio distinto che si chiamava “Spigoloso”.

    A parlare di tutto quanto crea lo stare bene a tavola c’erano vari personaggi già noti all’epoca per la loro competenza nel campo specifico, ed una certa attenzione era rivolta al mondo pizza, di cui mi occupavo. Nacque praticamente spontanea l’idea di fare una grande festa ispirata alla pizza, tutti insieme, ed a ciò fu dato vita e consistenza da Maurizio Cortese nella sua villa di Melizzano.

    Lui curò tutta l’organizzazione e l’allestimento, fece tale grosso sforzo tutto sulle sue spalle, aiutato da amici locali in qualche elemento o incombenza, montando anche gazebo, allestendo panche e tavoli per mangiare ed ospitando anche nella sua casa una persona a tutti noi cara che si chiama Stefano Bonilli (guai a chi mi corregge il tempo che ho usato del verbo chiamare).”

    Quindi, le testate sono state messe solo ed esclusivamente come il punto per cui noi eravamo tutti in contatto. La festa fu tutta sulle spalle di Maurizio e nessun altro. L’ho scritto chiaramente e so abbastanza bene come andarono i fatti, essendoci stato ed avendo Maurizio tra i miei cari amici.

  20. Sig. Scognamiglio, ne ho viste tante in rete, ma poche volte mi è capitato di leggere così tante inesattezze in un sol commento.
    – All’epoca del mio “pizza fest” già ero editor associato del blog dissapore, allora uno dei più prestigiosi e dei più letti in rete, per il quale già scrivevo da tempo.
    Quindi quella festa, scrive bene che fu la mia, che feci targare dissapore solo per mio gentile omaggio all’amico Massimo Bernardi, non sancì il mio ingresso nel mondo dei gourmet.
    – Non è vero che Stefano Bonilli non ne capisse nulla di pizza, certo non aveva la profondità di conoscenze di noi napoletani, ma le ricordo che molti anni prima dedicò la copertina della rivista del Gambero rosso al pizzaiolo Enzo Coccia, quando a quel tempo non erano argomenti all’ordine del giorno.
    – Dell’amicizia con Stefano Bonilli ne vado tuttora fiero ed orgoglioso, ma tolto questo immenso piacere che già di per sé basterebbe ed avanzerebbe, credo di non averne mai tratto alcun beneficio professionale e quindi finanziario.
    Tanto è vero che quando un anno e mezzo dopo fondammo insieme la gazzetta gastronomica tutti gli sponsor che contribuirono alla sua nascita furono procacciati esclusivamente dal sottoscritto. Se lo volesse, potrei elencarglieli tutti, uno ad uno.
    Anzi, al contrario, di quei soldi, che non furono affatto pochi, per mia volontà e solo “per amor di patria” non avrei mai intascato un euro, dicasi uno.
    Tutti incassati dalla società Fado, di proprietà della compagna di Bonilli, che servirono ad organizzare eventi (soprattutto ‘a pizza e ‘a pasta), a pagare stipendi per qualche anno a persone che al momento opportuno se ne sarebbero dimenticati, annessi e connessi.
    – Cosa ancora più sbagliata e fuor di ogni logica è quando scrive: “quella giornata servì a rendere famoso tutto il mondo dei consulenti ecc giornalisti del food proprio attraverso i già Famosi Pizzaioli Gino Sorbillo Enzo Coccia .. successivamente ci fu anche un’altra festa sempre a Melizzano sempre con Stefano Bonilli per coronare la consulenza del dottor Cortese con un altro Grande… Ciro Salvo che di li a poco avrebbero aperto Ciro Salvo 50 Kalò”.
    Se fosse stato più attento alla cronologia degli eventi si sarebbe accorto da solo di scrivere una stupidata.
    Il “pizza fest” di Melizzano fu solo una bellissima giornata, resa tale proprio dall’assenza di sponsor, le posso garantire che furono in tanti ad insistere, ma io desideravo che fosse una festa libera, mia e dei tanti appassionati che vi parteciparono.
    Non ci fu nessuna pianificazione di consulenze per il semplice motivo, stia attento alle date, che il “pizza fest” di Melizzano si svolse nel luglio del 2010, l’evento con Ciro Salvo sempre a Melizzano nel giugno del 2012, l’apertura di 50 Kalò, la mia prima consulenza in questo settore, nel febbraio del 2014.
    Quindi quasi quattro anni di gestazione per pianificare una prima consulenza.
    Non le sembrano, ad occhio, un po’ troppi?

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