Taste Alto Piemonte a Napoli


Taste Alto Piemonte

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di Teresa Mincione

L’eleganza del Nebbiolo, le radici di un terroir prezioso quale quello dell’Alto Piemonte e le diverse sfaccettature delle storiche denominazioni di origine alto piemontesi, sono state le colonne portanti delle Masterclass realizzate dal Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte in collaborazione con l’ Ais Campania.  La bellissima Partenope, ha ospitato, nelle lussuose sale dell’Hotel Excelsior, otto masterclass organizzate in due giorni di degustazioni e approfondimenti che hanno riguardato le denominazioni alto piemontesi e i loro territori d’elezione. Il 31 Maggio 2021 è stata la volta delle denominazioni Gattinara, Bramaterra e Coste Sesia. Un vero e proprio viaggio virtuale alla scoperta dell’Alto Piemonte impreziosito dall’esperienza decennale di Mauro Carosso (delegato Ais Torino) che, come un Cicerone, ha illustrato minuziosamente angoli e scorci di territorio con inediti aneddoti su disciplinari e storia degli areali. Una straordinaria iniziativa del Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte che ha permesso di entrare, vini alla mano, nell’essenza di un terroir di grande fascino. Da uno sguardo d’insieme, il Piemonte, seconda regione più estesa d’Italia dopo la Sicilia, si annovera tra le regioni più varie e poliedriche. L’ Alto Piemonte eredita la poliedricità, ma si caratterizza per tipicità rispetto all’aspetto geografico, climatico e geologico.  Da studi di settore, in questo angolo di regione, il fattore vino, oggi, risulta relativamente minoritario rispetto al passato.

Taste Alto Piemonte

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Negli anni a dietro, l’ Alto Piemonte è stata una zona altamente produttiva. Tra  la città di Biella e quella di Novara (arco km limitato) si contavano ben 30.000 ha di vigna; oggi se ne contano poco più di 2000 ha. Per riportare qualche pagina di storia del territorio, l’arco di tempo compreso tra l’avvento della fillossera e la seconda guerra mondiale è l’incipit del lento declino. Tra l’’800 e il ‘900 grande fu l’espansione dell’industria tessile nel biellese e dell’industria meccanica nel novarese (Alessi). Insomma, l’ indotto industriale stimolò involontariamente l’abbandono della campagna. Oggi, per fortuna, a contrario, in ripresa, l’Alto Piemonte gode dello splendore dell’agricoltura di qualità. Cosa rende unico questo territorio? L’aspetto geografico, climatico e geologico. Dal punto di vista geografico, l’Alto Piemonte gode di un fattore di rilievo: la  conformazione collinare. Tale caratteristica permette di fruire al meglio della innata vocazione vitivinicola, quest’ultima esaltata dalla ricchezza dei suoli e dal particolare microclima accentuato dalla presenza del Monte Rosa. Il secondo monte più alto d’Europa, come una barriera, non solo protegge il terroir dai venti freddi del Nord ma nelle stagioni calde, assieme ai venti freschi provenienti dai ghiacciai e dalle valli vicine, offre ventilazione e frescura notturna. Unico neo, le frequenti grandinate che spaventano i viticoltori per i possibili danni alle uve. L’aspetto geologico, vede il tratteggio dell’Alto Piemonte attraverso i colori della terra e le diversificazioni delle rocce. A ben dire, all’estremo ovest, coincidente con la denominazione Coste della Sesia si hanno suoli caratterizzati da sedimenti marini adagiati su fondi alluvionali o su fondi porfirici. Verso Est, invece, affiorano pietre di origine vulcanica con qualche lieve presenza di porfido. La zona del Bramaterra, è la piu variegata. Si ha un progressivo passaggio dalle rocce vulcaniche, legate al supervulcano della Valsesia (circa 280 mA) alle sabbie marine Pliocenche (circa 4 Ma). La maggior parte delle vigne piemontesi insiste su un blocco di porfido, mentre ai margini occidentali e meridionali si trovano depositi marini simili a quelli di Lessona. A Gattinara, le zone vitate sorgono sopra blocchi di porfido ignimbritici ocra-bruno legate all’esplosione del supervulcano della Valsesia. Sono suoli molto compatti ma duri e friabili in superficie. Al di la del fiume Sesia, all’interno della denominazione Colline Novaresi, troviamo i porfidi del Boca, di color rosa acceso, friabili come polvere e scarse di humus. Più a sud ci sono terreni poco compatti, ghiaiosi, ricchi di ferro e magnesio. Infine, lungo la costa orientale del fiume si susseguono da nord a sud le denominazioni di Ghemme, Fara e Sizzano, omogenee dal punto di vista geologico. E’ lecito chiedersi: quali sono le origini e le evoluzioni del Gattinara, del Bramaterra e del Coste Sesia?

Mario Soldati, in uno dei suoi racconti dedicati ai luoghi del Piemonte, ricorda così il Gattinara: “Un sorso di Gattinara. Purchè vero, si intende, non chiedo di più”.

E’ un vino di antiche origini, i cui vigneti furono impiantati dai romani nel II secolo a.C.. C’è chi crede che l’attuale abitato di Gattinara sorga nel luogo dove il proconsole Quinto Lutazio Catulo sacrificò alle divinità le spoglie dei Cimbri vinti nell’estate del 101 a. C. nei pressi di Vercelli. In quel luogo venne eretta l’ Ara di Catulo, da cui presero il nome vino e città. Arrivando ai giorni nostri, Gattinara è certamente la più antica zona (ad oggi circa 100ha vitati) che ha acquisito un prestigio anche attraverso produttori come Travaglini (il suo Gattinara è noto nel mondo). La Docg è stata riconosciuta nel 1990. Per il disciplinare, i vini Gattinara e Gattinara Riserva hanno come riferimento la percentuale che va dal 90 al 100% di utilizzo di uva Nebbiolo ma possono concorrere Vespolina nel massimo del 4% e/o Uva Rara, purchè non si superi la percentuale del 10% del totale.

Qualcuno potrebbe chiedere: ma la Vespolina che vitigno è? E’ un vitigno autoctono delle Colline novaresi citato per la prima volta nel 1825 e in seguito nella celebre Pomona Italiana del Gallesio, dove compare con il nome di vitis Circumpadana.

L’ origine del Bramaterra, invece, pare che sia dovuta ai servi della gleba, che divenuti liberi, si stabilirono nel medesimo territorio coltivando la vite, e ottenendo un vino di grande pregio. Il nome Bramaterra lo si trova per la prima volta in una pergamena del 1447 e pare esprima l’affinità e la vocazione agricola di questo territorio. Denominato anche  “vino dei Canonici” per il particolare gradimento della curia vercellese vede arrivare il riconoscimento della Doc nel 1979.

Il Bramaterra, oggi è prodotto nel territorio di sette paesi della zona collinare sopra le Baragge, protetta dal Monte Rosa. Il disciplinare richiede per il Bramaterra e il Bramaterra Ris. l’utilizzo di una percentuale che oscilla dal 50 all’80% di  Nebbiolo, Croatina fino a un massimo del 30% Uva Rara  (Bonarda novarese) e Vespolina, da sole o congiuntamente fino a un massimo del 20%.

Coste della Sesia. La denominazione Coste della Sesia Doc (riconosciuta nel 1996) comprende i terreni compresi nel bacino del Fiume Sesia, nelle due province di Vercelli e Biella. Dunque i vini della doc sono prodotti sulle colline che si affacciano tra la Dora Baltea e il fiume Sesia. La tradizione vitivinicola locale abbraccia la pari fama consolidata nei secoli. I ritrovamenti della vite nella zona della Doc si annoverano già in età romana. Il Medio Evo vide un incremento delle zone vitate ma fu solo nel XVIII secolo che vi fu un rinnovamento agricolo tanto da riservare  la coltivazione della vite alla sola collina. I vitigni di riferimento nel disciplinare sono Croatina, Erbaluce, Nebbiolo e Vespolina. E poi? E poi c’è lui, il Nebbiolo. Un vitigno straordinario che nella zona dell’Alto Piemonte ha un’essenza fondante più che nelle Langhe stesse. Nelle Langhe il Nebbiolo condivide con altri vitigni importanti (anche per diffusione) il territorio. Facendo un esempio, nei comuni dei Barolo troviamo tre vitigni equamente distribuiti, ossia Nebbiolo, Barbera e Dolcetto. Qui, invece, è sostanzialmente il Nebbiolo il vitigno più diffuso. Secondo vitigno per diffusione è la Vespolina, a seguire l’Uva rara o Bonarda di Gattinara  ( che non è né la Bonarda piemontese e né la Bonarda dell’Oltre po’ (Croatina) ), e la Croatina.

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Infine, non va dimenticato che in alcune denominazioni nella composizione del vinosi ritrovano tutti e quattro, in altre no.

Ai calici.

 

  • Le Pianelle – Coste della Sesia Rosato, Al posto dei fiori 2019

(Nebbiolo 95%, Vespolina e Croatina 5%) n. bottiglie: 4.230

Il progetto Le Pianelle nasce nel 2004 da un’ intuizione di Dieter Heuskel e Peter Dipoli: riportare in vita una vecchia vigna abbandonata a Brusnengo. Oggi l’azienda conta su una superficie di quattro ettari suddivisi in piccolissime parcelle. Il 2010 segna l’anno di inaugurazione della cantina a seguito del restauro di una vecchia cascina e l’inizio della vinificazione. La produzione annovera Bramaterra Doc, Coste della Sesia Doc e un Rosato per una produzione totale di 12.000 bottiglie.

Il calice di Al posto dei fiori nasce da suoli con pH acidi e caratterizzati dalla presenza di sabbie marine e sabbie porfiriche.

La vendemmia dei tre vitigni, rigorosamente manuale, si è svolta con selezione dei grappoli tra l’ultima settimana di settembre e i primi di ottobre (2020).

Rosa tenue con riflessi buccia di cipolla. Il ventaglio olfattivo racconta sentori di fiori di pesco, rosa canina, pompelmo rosa, ginestra. Al gusto è balsamico e minerale con leggeri riverberi agrumati. La componente sabbiosa dei terreni conferisce quella sapidità e spalla acida che rende piacevole l’allungo del sorso. Certamente meno ruffiano e femminile rispetto allo standard della tipologia.

 

  • La Palazzina Coste della Sesia Doc Rosso 2018

(Nebbiolo 70%, Vespolina 20%, Croatina 5%, Uva Rara 5%) n. bottiglie: 3066

L’azienda nasce nel 1986 ad opera di Leonardo Montà. I vigneti, impiantati nel 1986  (e a riprese nel 2015)  si trovano sulle colline di Roasio, Brusnengo e Sostegno su una superficie vitata di quattro ettari a 350 mt s.l.m.. L’età delle vigne varia dai cinque ai settanta anni. Il Coste della Sesia Doc 2018 nasce da un vigneto di 2 ha situato a Roasio (VC) a 300 mt s.l.m. i cui terreni sono di origine vulcanica con presenza di sabbia, limo e argilla.Tra i filari Nebbiolo, Croatina, Vespolina e Uva Rara. La vendemmia manuale si è svolta a fine settembre (2020). La fermentazione e macerazione si sono svolte in acciaio con rimontaggi e follature giornaliere per 12 giorni. La malolattica è stata fatta in legno in maniera naturale subito dopo la svinatura. L’affinamento ha visto l’utilizzo di botti grandi di rovere per 12 mesi. Prima della distribuzione si è affinato altri sei mesi in bottiglia.

Rubino luminoso dalla trama scarica. Viola, fragolina, ciliegia croccante, pepe in grani, chiodi di garofano. Leggera traccia ematica che si rinviene anche al sorso  in un assaggio mascolino dalla buona sapidità. Un calice semplice, schietto e genuino.

 

  • Antoniotti Odilio – Coste della Sesia Nebbiolo 2018

(Nebbiolo 100%)

L’azienda si trova sui pendii collinari di Gattinara e affonda le proprie radici storiche nella seconda metà dell’ottocento. Oggi con Odilio Antoniotti si è arrivati alla settima generazione. Insieme al figlio Mattia conduce i cinque ettari di proprietà e porta avanti a quattro mani l’attività ereditata dal padre nella coltivazione di Nebbiolo, Croatina, Vespolina e Uva Rara.  La produzione segue i canoni della lotta integrata senza l’utilizzo di diserbanti  ma solo uso di rame e zolfo.

Il Coste della Sesia Nebbiolo 2018 nasce sulla collina Bramaterra, nel cuore dell’omonima Doc, in regione Tagliati, a Casa del Bosco, da una vigna di 16 anni i cui terreni vedono presenza di porfidi tra i filari. La vendemmia si svolge manualmente. Il processo di vinificazione si caratterizza per la macerazione di 14 giorni a seguito dei quali il vino all’interno dei tini viene svinato e travasato in botti d’acciaio alternati a periodi in botti di rovere.

Rubino intenso luminoso. Note di fiori di lillà accompagnati da sentori di sottobosco e piccole spezie scure. Al gusto esprime volume e materia anche rispetto ad un tannino ancora in evoluzione. Rustico e diretto dalla buona sapidità in chiusura.

 

  • Cascina Preziosa – Coste della Sesia Doc Nebbiolo – Castleng 2017

(Nebbiolo 100%)

L’attività vinicola nei territori intorno a Cascina Preziosa risale al 1700. L’azienda nasce per mano di Celso Selva Bonino portata avanti sino ai giorni nostri dalla passione dei figli e nipoti. La proprietà conta su tre ettari di vigneto con esposizione sud ovest e a un’altitudine di 350 mt s.l.m.dove sono allocati solo vitigni autoctoni piemontesi: Nebbiolo, Barbera, Vespolina.

I terreni si caratterizzano per la presenza di sabbie merine e il pH risulta acido.

Il Coste della Sesia Doc Nebbiolo – Castleng 2017 nasce da un ettaro di vigneto ad hoc dedicato e, a seguito di vendemmia manuale, fermenta con lieviti autoctoni per 19 giorni e successivamente matura sulle bucce. L’affinamento è di 15 mesi in botte grande e 8 in bottiglia.

Rubino scarico. Un rosso giocato sull’immediatezza con un naso che racconta di frutti rossi croccanti e spezie scure. Agrume intenso, tamarindo, arancia rossa. Il sorso esprime giovinezza anche nel tannino. Buona sapidità in chiusura.

 

  • La Psigula Bramaterra 2017

( Nebbiolo 80%, Vespolina 15% e Croatina 5%) n. bottiglie 1337

Il sogno di un’azienda condiviso da moglie e marito. E’ questo il valore dell’azienda La Psigula. Giacomo Foglia e sua moglie Claudia hanno trasformato, per amor di territorio, un hobby in pura quotidianità. Riconvertire i terreni boschivi e recuperare gli antichi terrazzamenti già adibiti a coltivazione della vite ma abbandonati nel corso del XX secolo. Un’azienda giovane la cui produzione annovera Bramaterra Doc e Coste della Sesia. I vigneti di proprietà sorgono sulle colline impervie di Curino, Alto Piemonte, zona che rientra nella caldera del Supervulcano della Valsesia.

Il Bramaterra 2017 dopo la vendemmi manuale affina per un tempo minimo di tre anni di cui 24 mesi in botte di legno grande di Slavonia.

Rubino. Figlio di un’annata non facile si esprime con maggior chiusura all’olfatto quanto al gusto. Note scure di carruba e cacao si uniscono alla frutta rossa croccante. Buona sapidità e freschezza pecca leggermente in lunghezza.

 

  • Vegis Stefano – Gattinara Docg 2015

(Nebbiolo100%) n. bottiglie  4300

Vegis nasce dieci anni or sono con la prima vendemmia che segna il millesimo 2013.

Il vigneto di proprietà, esposto a sud est, conta una superficie di 2,70ha con un’età dei vigneti che si aggira tra i 20 e i 50 anni  di età.

I suoli hanno un Ph acido e sono caratterizzati dalla presenza di sabbie mearine di colore giallo aranciato e sabbie porfiriche di origine vulcanica.

La vendemmia manuale si è registrata la prima decade di ottobre.

La vinificazione si caratterizza per  fermentazioni con macerazioni in acciaio per 30 giorni a temperatura controllata. La malolattica è svolta in acciaio e l’affinamento  si è svolto per 24 mesi in grandi botti di rovere di slavonia da 25 HL

Rubino tendente al granato. Un ventaglio olfattivo teso sulle note di rosa canina, frutta rossa, tabacco da pipa, fava di cacao. Il sorso è piacevole e in un buon bilanciamento acidità sapidità racconta di un tannino elegante. Fine e agile nella verve minerale arricchito da una sottile traccia ematica. Buona la chiusura in allungo.

 

  • Bianchi – Gattinara Docg 2014

(Nebbiolo 100%)

A metà settecento Piero Maria, ebbe elogi per la produzione realizzata e da quella data, cantina Bianchi, nel cuore delle colline novaresi, non ha mai smesso di produrre vino. Nel 1845 l’azienda ebbe gli elogio del Conte di Cavour per la qualità dei vini di Sizzano. Nel 1970 Giuseppe Bianchi acquisì nuovi terreni a Ghemme e Gattinara costruendo la cantina a Sizzano. Attualmente l’azienda è guidata da Paolo Tealdi Bianchi insieme alla madre Eva.

Il Gattinara Docg 2014 nasce da vigneti nel comune di Gattinara, affina per 36 mesi in botti di rovere e rimane in bottiglia per almeno 10 mesi prima della messa in commercio.

Rubino intenso. Immediato e spontaneo nei refoli speziati e minerali. Il sorso è vigoroso e pieno caratterizzato da un finale sapido.