Taurasi 1999 docg Antica Hirpinia


Uva: aglianico
Fascia di prezzo: fuori commercio
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno

Il Taurasi è una certezza assoluta sui tempi lunghi. Anche su quelli lunghissimi. Puoi tenere una bottiglia dimenticata in un armadio per anni, sottoporla persino allo stress dei 40 e passa gradi dell’estate 2003 nella casa di città, ma è difficile che non sia buona quando la apri. A me non è mai capitato. Anche in questo caso, ho ripescato la 1999 per fare un giochino con due toscani della stessa annata, un Brunello e il Siepi, dove la curiosità di comparazione non era certo giocata sulla frutta, su cui l’Aglianico è perdente in partenza, quanto sullo scheletro acido e la sua trama minerale. Dobbiamo aggiungere che Antica Hirpinia è l’azienda più grande di Taurasi, una cooperativa nata con l’obiettivo di calmierare i prezzi che raccoglie le uve da circa 100 ettari. Come sempre accade in questi casi, l’attenzione sulle uve non è pignola e spasmodica come nelle piccole cantine private perché l’obiettivo è quello comunque di garantire il reddito agricolo dei soci ed è per questo che il Taurasi, curato da Raffaele Inglese in maniera classica, acciaio e legno grande, parte in barrique, si esprime in modo molto naturale ed efficace, soprattutto nel suo modo di riflettere assolutamente l’annata, forse meglio di molti vini più costruiti e pensati. Il 1999 ricorda del resto un po’ lo stile di Struzziero, il vino si presenta essenziale al naso, con sentori terziari abbastanza sviluppati, il colore è un rosso granato non impenetrabile ma senza unghia aranciata, è possibile insomma guardare attraverso il bicchiere, una condizione umana che purtroppo abbiamo perso a partire dalla seconda metà degli anni ’90. In bocca il Taurasi ha rivelato la grande annata, forse una delle migliori in assoluto per l’Aglianico, con la freschezza che reggeva naturalmente tutta l’impalcatura della beva, dall’attacco abbastanza impegnativo e non suadente sino alla conclusione, forse non infinita, ma comunque certamente autorevole e convincente con la chiusa amarognola e pulita. Una bocca piena, la materia, sia pure non concentrata, si esprime con forza proprio grazie alla capacità dell’annata di attraversare il tempo. Quel che più mi ha colpito è comunque la giovinezza di questo vino, bevuto dopo nove anni, che non lasciava alcun segno di cedimento. Certo, il suo limite è nell’essere un po’ monocorde, poco complesso soprattutto al naso, ma sicuramente soddisfacente al palato e in grado di reggere magnificamente gli abbinamenti con la cucina di Mario Avallone nel suo nuovo spazio a via Costantinopoli, in particolare il ragù stretto di San Marzano puro senza olio e il parterre di formaggi finali di cui è grande cacciatore. Pensavo al termine della beva come, tra le due banalizzazioni possibili in un vino, la costruzione per eccesso o, di converso, per sottrazione, di gran lunga preferisco la seconda per via di una maggiore naturalezza e comunicabilità con il cibo. Difatti questi vini respingono chi non beve per via del loro tono sincero e non ruffiano, ma riavvicinano la tavola quando è il momento di accoppiarli al cibo. I primi, invece, convincono di più inizialmente ma poi difficilmente riescono ad avere un ruolo quando si inizia a mangiare. Bel Taurasi, stappato per una cara amica in una tavola molto equilibrata, intensa e persistente.

Sede a Taurasi. Contrada Lenze, 10
Tel. 0827.74730
Sito: http://www.anticahirpinia.it
Enologo: Raffaele Inglese
Bottiglie prodotte: 1.000.000
Ettari: 100 distribuiti fra i soci
Vitigni: aglianico, fiano, greco, falanghina