Tenuta Jossa Campi Flegrei doc 2018 Cantine Astroni e la recensione di un vino che non c’è ancora


Tenuta Jossa (foto Adele Elisabetta Granieri)

Tenuta Jossa (foto Adele Elisabetta Granieri)

Tenuta Jossa Campi Flegrei doc 2018: possibile parlare di un vino che non c’è? Beh per fare alcune riflessioni certamente. Lo abbiamo provato ieri mattina in una di quelle riunioni tra amici/esperti/appassionati che confermano la gioia di questo lavoro e ricaricano le pile. Sia perché adesso non c’è niente di più bello che vedere persone pulite e più giovani, in qualche caso molto più giovani, allo stesso tavolo invece di confrontarsi tra combattenti, routinier e reduci: vuol dire che il settore è vivo, attrattivo e dall’incrocio delle sensibilità generazionali diverse il patrimonio collettivo ne esce decisamente arricchito. Non sta avvenendo in Italia ma nel vino per fortuna sì: il ricambio è in corso, è ripresa quella trasmissione di racconti che internet una decina d’anni fa sembrava aver spezzato.

Cantine Astroni, il tavolo

In secondo luogo perché queste sono riunioni certamente tecniche, ma sempre con la gioia napoletana del cibo e del ritrovarsi: trippa fritta, genovese, carne e friarielli e chiacchiere sono stati la degna conclusione di una mattinata rilassante e interessante.

Ma veniamo a noi. Siamo a Cantine Astoni nel comune di Napoli, proprio sul bordo del cratere degli Astroni che conserva uno dei rari esempi di foreste europee sopravvissute alla modernità, tanto importante da essere Oasi Wwf, circondato da un muro aragonese poi rinforzato dai Borbone. Qui Napoli vive le sue contraddizioni, vigneti spettacolo in un areale che apre la psicologia dei Campi Flegrei, qui dove si entrava nell’Ade e i visitatori rischiano di essere inghiottiti dalla Solfatara. Una natura ribelle, che frulla la terra e il mare, nasce qui l’ultimo vulcano europeo appena 500 anni fa che si chiama Monte nuovo.

Su questo versante che guarda il quartiere Pianura devastato dall’abusivismo edilizio, c’è Cantina Astroni, ex Varchetta, famosi vinificatori da oltre un secolo. Cambio passo con Gerardo Vernazzaro che è andato a studiare a Udine e adesso già si affaccia una nuova generazione con Vincenzo Varchetta, laureto in Enologia con esperienza di vendemmia un po’ ovunque nel mondo.

L’unica persona più pignola di Gerardo Vernazzaro che conosco è il professore Luigi Moio. Dietro l’aria scanzonata e la compagnia vivace da folletto delle vigne metropolitane più che dei boschi, ha reimpostato tutto il lavoro aziendale partendo da una messa a punto eccezionale del Piedirosso dei Campi Flegrei e della stessa Falanghina. Ha iniziato giovanissimo, poco più che ventenne, appena laureato, quando l’azienda si chiamava ancora Varchetta.

Gerardo Vernazzaro, come tutti i produttori della sua età, viaggia e beve. Legge anche, soprattutto da quando si è tolto da Facebook, cosa che io gli invidio molto ma che non posso fare (per il momento) perché il social è la moderna locandina che un tempo si metteva davanti all’edicola per invogliare alla lettura. Si è iscritto anche a Filosofia e gli farà bene perché avrà quella visione umanistica che manca agli iperspecializzati di oggi: spesso la specializzazione è inversamente proporzionale alla deresponsabilizzazione: curo il dito, la mano non è un affare mio.

Tenuta Jossa Campi Flegrei doc

Tenuta Jossa Campi Flegrei doc

Ieri ha presentato l’ultimo nato in azienda: Tenuta Jossa, un bianco da falanghina e fiano del 2018, annata difficile da gestire, sostanzialmente fresca ma soprattutto piovosa, con la materia prima vinificata in anfora, tre tipi per la precisione, sino al blend finale.
Sino a qui sarebbe il solito vino in anfora in più del panorama modaiolo italiano di cui sinceramente neanche si sente tanto il bisogno. Il punto vero di questa scommessa è il tentativo di riportare il timone sul territorio invece che sul vitigno, una operazione che negli ultimi 25 anni è riuscita solo a tre vini campani: Montevetrano, Terra di Lavoro e Sabbie di Sopra il Bosco di Nani Copè.
La scomessa è dunque difficile, anche perchè già parlare di Falanghina di Campi Flegrei è ancora avanguardismo in un territorio che ha vissuto di vino sfuso proveniente da ogni dove. Si tratta di tornare al passato con una rivisitazione concettuale in positivo. Del resto il vino ha una piccola percentuale di Fiano che dal punto di vista legale gli consentirebbe di chiamarlo Falanghina dei Campi Flegri: appena 8-10% rispetto al massimo previsto dal disciplinare.

Il lavoro agricolo e di cantina è stato veramente notevole. Il risultato è un vino a mio giudizio ancora troppo giovane per essere messo in commercio anche se la maggioranza dei commensali lo ha giudicato già pronto. Cosa indubbiamente vera, ma io amo il tempo nel bianco. Buono ma anche troppo poco, appena 1300 bottiglie.
Ieri un po’ si è discusso cosa fare e adesso scrivo qua quel che farei io al posto di Gerardo.

Primo, farei solo 600 magnum e qualche formato più grande (così si esclude la clientela non attrezzata culturalmente ad avere questi prodotti)
Secondo, lo piazzerei a non meno di 50 euro (segue polemica su Facebook dei trogloditi che pagano un cellulare mille euro ma che giudicano caro un vino sopra i dieci euro)
Terzo, lo farei uscire nella primavera 2022 (per dar modo al Fiano di sviluppare i sui precursori di aroma e regalare maggiore complessità olfattiva al vino)

Solo con questa spinta, dimostrando di aver fatto qualcosa di eccezionale, si riesce a non dare ombra alle altre tre splendide etichette di Falanghina dell’azienda e al tempo stesso spingere il messaggio sul territorio che mi pare di capire è il vero scopo di questo bianco, nato nella testa di Gerardo da almeno cinque anni, da quando cioè ha iniziato a lavorare in Tenuta Jossa.

Un bacione

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Tenuta Jossa Campi Flegrei doc 2018
Cantine Astroni
Via Sartania, 48
Tel. 081.5884182
www.cantineastroni.com
Ettari di proprietà: 25
Bottiglie prodotte: 280.000
Certificazione biologica, lieviti indigeni selezionati
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