Tintore, il rosso della Costiera Amalfitana


di Michela Guadagno

Con Antonio Amato (a sinistra) e Tommaso Luongo, delegati Ais della Costiera Amalfitana e di Napoli

Tintore Day, elogio di un autentico vitigno di territorio: meno di dieci ettari a Tramonti, solo 8000 bottiglie l’anno in circolazione

La prima edizione del Tintore day, evento voluto e ideato da Luciano Pignataro, Ais Costa d’Amalfi e Ais Napoli, ottiene già un risultato, la nascita dell’associazione “Amici del Tintore”, un’uva ancora poco conosciuta e apprezzata malgrado la sua storia secolare. A Cantine Astroni si è parlato di identità culturale, di vinificazioni sperimentate anno per anno, di queste piante straordinarie a piede franco, di coltivazioni di montagna a strapiombo sul mare della Divina Costiera.
Lasciando la parola ai protagonisti – mentre sullo schermo passano le foto di vigne centenarie, realizzate da Gianni Lamberti – Tommaso Luongo, delegato Ais Napoli, parla di un’operazione culturale di recupero e di uomini che hanno creduto in questo vino di Tramonti senza l’incoraggiamento di un disciplinare dedicato a sostenerli, con l’unica finalità di far conoscere al mondo questo loro patrimonio unico. Antonio Amato, delegato Ais Costa d’Amalfi, interviene a supportare la tesi di un vino da uve Tintore in purezza, in un territorio che la maggior parte degli amalfitani non conosce, che è ancora legato ad una ruralità di campagna, e incastonato tra i monti, appunto, della Costa d’Amalfi.
Luciano Pignataro introduce la tavola rotonda facendo presente il bisogno di comunicare questo vino uscendo al di fuori dei soltiti confini; questo è stato un grande territorio di emigrazioni, in cui i contadini per fuggire alla fame erano costretti a trovar lavoro nelle terre del Nord Est italiano, quindi enormi le difficoltà economiche per chi non poteva godere del turismo della zona. Il primo ad imbottigliare lo sfuso che veniva destinato alla traffica per il vino di Gragnano fu Giuseppe Apicella, trovò mercato, e da lì cominciò lo sviluppo. Gli altri protagonisti sono insieme oggi a questo tavolo: Gerardo Vernazzaro, padrone di casa e qui in veste di enologo dell’azienda Monte di Grazia, e Alfonso Arpino, titolare dell’azienda; Fortunato Sebastiano e Luigi Reale, rispettivamente enologo e titolare dell’azienda agricola Reale, proprietaria di un antico vigneto; e Gaetano Bove, con una bella storia da raccontare nella sua Tenuta San Francesco.

Monte di Grazia, nido di vite (foto di Mauro Erro)

Il Tintore appartiene ai vitigni autoctoni di prima generazione che hanno permesso di reagire all’invasione dei vitigni internazionali, la forza regionale nel momento in cui è uscito fuori l’autoctono: la Campania è stata la regione che ha dimostrato uno scatto di reni grazie ai vitigni aggiuntivi entrati in produzione immediatamente prima e quindi avvantaggiata e ben posizionata. Costa d’Amalfi ha potuto esibire il Tintore, che distingue Tramonti, ma sono venuti fuori anche bianchi di grande finezza e rossi interessanti.

Fortunato Sebastiano

Due enologi giovani interpretano quest’uva, Fortunato Sebastiano è il primo a parlare, e ammette la sua curiostà fin dal 2001 da quando cioè è iniziata la collaborazione con Reale. Il Tintore ha tutta la dignità per essere vinificato in purezza, un’uva di montagna a pochi km dal mare, con le caratteristiche per dare vita a qualcosa di longevo. La lavorazione eterogenea, la presenza di diversi biotipi, lo studio ampelografico fermo ad un livello superficiale, lo hanno spinto ad uno studio di ricerca più approfondito, e i risultati dell’analisi del dna su porzioni di foglie, dimostrano un imparentamento con l’aglianico e con un’antica uva, Tintora, dai fiori femminili; quindi esiste la possibilità che il Tintore sia “figlio” dell’aglianico e della tintora. Verosimilmente, questa vite veniva associata a fiori maschili per farla impollinare, probabilmente qualche biotipo nato dall’aglianico potrebbe aver portato al Tintore; siamo intorno all’inizio del 1800. L’uva è iscrivibile nelle varietà tintorie, poichè il primo strato della buccia mostra una ricchezza di antociani, più scarsi nella polpa. Nel 2005 viene messo in commercio il primo vino dell’azienda, il Borgo di Gete, e siamo ancora all’inizio della strada da percorrere. Una particolarità è la similitudine con l’Irpinia, raccolta tardiva a fine ottobre delle uve, ciclo vegetativo similie all’aglianico, e diffusione limitata all’areale che lo rappresenta. Il grappolo è spargolo, il che significa maggiore resistenza alle muffe e all’annidamento di insetti; buccia dell’acino spessa e resistente. La prima vendemmia commercializzata è la 2005, con circa 2500 bottiglie, la 2006 andrà in commercio a breve. La fermentazione avviene a temperatura leggermente controllata sui 28-30°, macerazioni lunghe per un vino da affinare in legno di rovere per 18-22 mesi, a seguire travasi e imbottigliamento.

Gerardo Vernazzaro

Gerardo Vernazzaro ha una storia diversa da raccontare, l’incontro con Alfonso Arpino avviene nel 2003, quando Alfonso gli porta in cantina una bottiglia di un vino rosso da provare. Un prodotto sconosciuto, – “non conoscevo nè il Tintore nè Tramonti” – un colore mai visto, spettacolare. Arpino cerca un enologo per un vino da commercializzare subito, “devi venire a Tramonti”. Estasiato dalla vigna, avere la possibilità di vinificare un vino da viti di oltre 100 anni, è un onore e un’emozione per Gerardo: colline sul mare, venti e correnti particolari danno la possibilità di avere un vino unico; capire questa varietà sconosciuta con un grado zuccherino sui 20-21-22, con un potenziale alcolico conseguente superiore ai 14 gradi, acidità elevatissima nonostante la percentuale alta di zuccheri, la possibilità di avere vini longevi, intervenire sull’acidità senza perderla per evitare una spersonalizzazione del prodotto, un vino da non confondere con altri campani, dalla spalla acida importantissima, originale, identificativa. Un vino che non scende a compromessi, la produzione di 1500-2000 bottiglie rappresenta la varietà in modo moderno, la scelta di vinificare in modo biologico con inoculo di lieviti senza intervento chimico, macerazioni lunghe, non ci sono standard di lavorazione, ogni anno la produzione va gestita in modo diverso a seconda dell’annata; in cantina tanta ossigenazione, l’uso di legni vecchi per non lasciare note di vaniglia e presentare il prodotto finito così com’è.

Gaetano Bove

Gaetano Bove, attività primaria di veterinario, presenta la sua Tenuta S. Francesco, creata in società con il fratello Generoso, con Vincenzo D’Avino e Luigi Giordano; l’enologo è Carmine Valentino, anche lui spinge poco il prodotto dai canoni della vinificazione tradizionale. Gaetano è nato nel tintore, nella casa in campagna la vendemmia era una festa, con i bambini a pigiare l’uva. Le uve venivano vendute ai commercianti della provincia di Napoli, di Lettere, di Gragnano: la difficoltà a collocare le uve e la volontà a proseguire la storia del padre lo spingono ad investire nell’azienda. Dal disciplinare della doc Costa d’Amalfi, però, manca una menzione per il Tintore, e viene fuori la scoperta che l’uva non era registrata, pressochè sconosciuta, clandestina in patria. Nel novembre 2004 la decisione di uscire solo con i vini bianchi, ma con l’intenzione di puntare alla doc Costa d’Amalfi anche per il tintore: la prima Riserva nata nel 2005 da un blend di aglianico, tintore e piedirosso; nel 2007 il tintore in purezza. Dal 2006 una continua selezione di uve, quattro tipi di vinificazioni diverse per 4 anni, ossigenare il vino senza stravolgerlo. Chi viene a Tramonti trova un museo vivente della vite secolare, uno dei primi areali vitati della Campania.

Luigi Reale

Luigi Reale racconta la sua esperienza, dal 2001 dà inizio ad una azienda agrumicola e viticola, affiancandosi alla ristorazione; un vigneto centenario di proprietà: dopo svariate prove nel 2005 esce un Tintore in purezza, con denominazione igt, l’iscrizione del vitigno all’albo sembra essere imminente.

Alfonso Arpino

Alfonso Arpino di Monte di Grazia ha un’azienda giovane nata dalla passione per il vino, da agricoltura tradizionale, viti centenarie lavorate in modo antico, con il Tintore ad assicurare il metodo biologico. Denuncia una disaffezione dei giovani a lavorare la terra, l’età media dei viticoltori è di 65 anni, non c’è possibilità di utilizzo di mezzi meccanici moderni, e la viticoltura risulta faticosa. Chiede la collaborazione a portare avanti un progetto nato nel tentativo di ritrovare una memoria storica del vino come lo ricordano i vecchi. La prima annata di produzione è stata difficile, la maturazione delle uve si è bloccata e i risultati non sono stati positivi; nel 2005 uve disfatte, senza ricchezza, le annate successive più interessanti. La 2007 è stata vinificata solo in acciao e poi messa in bottiglia, una scelta per rispettare il vitigno, nel corso degli anni le successive verifiche.
La conclusione spetta a Luciano Pignataro: microproduzione di 10000 bottiglie in tutto, nessun modello esterno da imitare, solo riconoscibilità: oltre la curiosità per questi vini, auspica l’impegno da parte dell’Ais di organizzare una giornata studio a Tramonti e di formare l’associazione “Amici del Tintore”. La necessità per le aziende di fare reddito va assecondata, ma anche la passione ed una vera e propria missione per un patrimonio importantissimo: le pulsioni a fare vanno incoraggiate.

Al termine della tavola rotonda, un breve reading di Sabine Emmy Eller su ‘O vino ‘e Tramunte, la storia del suo incontro con il Tintore, una storia d’amore per un vino ed un territorio aumentata dalla lontananza in Germania, e poi ritrovato intatto negli stessi luoghi.

Da sinistra: Monte di Grazia, 4 Spine e Borgo di Gete

LA DEGUSTAZIONE

Monte di Grazia Rosso Igt Campania
2005: al naso leggeri sentori di cacao, marmellata cotognata, pout-pourry di rosa appassita, acidità spinta malgrado l’età
2006: sentore tipico, rustico, erbaceo, ciliegie sotto spirito; bocca morbida, spinta acida più attenuata, maggiore ossigenazione, affinamento di tre mesi in legno di terzo passaggio, come il precedente
2007: il colore è porpora, con unghia violacea-bluastra, naso di rabarbaro, vegetale, mentolato, finale di bocca amarascato, affinamento in acciao e vetro

Borgo di Gete Tintore Igt Colli di Salerno Azienda Agricola Reale Andrea

2005: al naso sentori dolci, vellutati, amarascato, colore ben fissato alle pareti, di stoffa compatta; bocca fresca, astringenti le durezze, di carattere e personalità
2006: naso meno dolce del precedente, ciliegia, mora, in bocca maggiore morbidezza, non ancora equilibrata dall’acidità; entrambi i vini fanno affinamento di 18 mesi in legno

4 spine Costa d’Amalfi doc, Tenuta San Francesco
2006. Naso meno tipico e bocca più composta nell’equilibrio, trama fitta di colore giovane, elegante la persistenza gustolfattiva del blend di 60% tintore, 30% aglianico e 10% piedirosso, affinamento di 6 mesi in barrique e 6 in botte grande
2007 Tintore in purezza: campione di botte 10 mesi in tonneau, 1 anno in botte, aromi di alloro, di castagna, la bocca è ancora dura ma polposa nel frutto, i tannini levigati