Napoli, Trattoria da Emilio: dalla terra alla cucina in via Lepanto dal 1959


Domenico Parrella e sua moglie Tania (foto gcb)

di Giulia Cannada Bartoli

Trattoria da Emilio dal 1959

Via Lepanto 45
Tel.081.239.45.60
mob. 338.1193919
[email protected]
chiuso:sabato
aperto:da lunedì a domenica a pranzo, dalle 12:00 alle 17,30
martedì e giovedì aperto anche di sera, dalle 20:00
cucina per celiaci: si su prenotazione
Ferie: due settimane centrali agosto
buoni pasti :si
c/card e bancomat: no

Napoli, Via Lepanto, siamo nel quartiere di  Fuorigrotta che deve il suo nome alla posizione “al di fuori della grotta”, in riferimento al fatto che, sin dall’epoca romana, è collegata da una o più grotte, al rione di Mergellina. La prima grotta, realizzata in epoca romana, è la Crypta Neapolitana, ancora visitabile nei tratti più esterni, ma non più percorribile per motivi di sicurezza. Fuorigrotta era parte di un asse viario che collegava Napoli a Pozzuoli. Siamo in una delle zone più popolari della città. Fuorigrotta è localizzata   nell’area dei Campi Flegrei  che geologicamente rappresentano una grande caldera in stato di quiescenza formatasi  a seguito di una terribile eruzione avvenuta circa 35.000 anni fa.

Uno scorcio di Via Lepanto (fonte wiki)

Fino all’epoca fascista, Fuorigrotta è stata un quartiere schiettamente agricolo, in questo periodo furono effettuati notevoli interventi urbanistici e architettonici che ne rivoluzionarono l’assetto con la creazione del “viale Augusto”;

Viale Augusto anni ’50 – fonte Maurizio Testa

a quest’epoca risale anche gran parte della toponomastica delle strade e dei vialoni di Fuorigrotta dedicati a personaggi dell’antica Roma (via Giulio Cesare, via Caio Duilio, ecc.). Nel 1931 Mussolini affidò a Napoli “…porto imperiale, della Roma antica” l’organizzazione della “Mostra triennale delle terre italiane d’Oltremare”.

Mostra D’Oltremare – fonte wiki

La scelta della zona per la realizzazione di questo imponente progetto cadde su Fuorigrotta, si ritenne  quindi necessaria la bonifica radicale del territorio.

Fuorigrotta nei primi anni del ‘900 fonte web

Fuorigrotta oggi – fonte wiki

Furono abbattuti 7.000 vani e 15.000 persone, sulle 39.000 che ne contava allora il rione, si ritrovarono improvvisamente senza un alloggio, né era stata prevista alcuna sistemazione sostitutiva. Il nuovo progetto interessava un’area di 850.000 mq., il sistema stradale era basato sulle due gallerie, una destinata al traffico veloce, l’altra al traffico pesante. Dalla nuova piazza del Littorio,

Piazza Littorio – fonte web

all’uscita della prima galleria, iniziava un rettilineo a doppia corsia con spartitraffico alberato (il Viale Augusto) che giungeva al grande piazzale dell’impero, dove si apriva l’ingresso della Mostra. Scomparve anche la vecchia piazza di Fuorigrotta con la parrocchia di San Vitale. In seguito, nel periodo del Boom economico (anni ’50–’60)  Fuorigrotta divenne oggetto di un notevolissimo insediamento edilizio, a discapito delle residue masserie esistenti, facendo del quartiere una delle aree più densamente popolate, ma, anche urbanisticamente più ordinate della città. Nei primi anni ‘60 si registrò l’attuazione di notevoli opere pubbliche: il Centro di Produzione RAI di Napoli in via Guglielmo Marconi, dove  negli ultimi anni sono state realizzate alcune tra le serie TV di punta del palinsesto RAI (Un posto al sole, La Squadra, ecc.). Dall’ Auditorium RAI negli anni ‘70 veniva inoltre trasmesso il popolare varietà musicale “Senza Rete”. Sorge qui anche l’Archivio Storico della Canzone Napoletana.

Auditorium Rai di Napoli

Il quartiere è anche la sede di eccellenze della ricerca scientifica: cinquant’anni fa, il 1mo marzo 1962, a Napoli iniziava la storia dell’Istituto di genetica e biofisica (Igb) del Cnr, con l’avventurosa scelta del fondatore Adriano Buzzati-Traverso di scommettere sulla genetica molecolare. Una disciplina allora nuova, che avrebbe poi rivoluzionato la biologia, assicurando all’Istituto un rilevante successo scientifico e contribuendo a fare di Napoli un centro pulsante della ricerca. Dal 1969 al 1979 il Laboratorio di Biologia cellulare, fu diretto dal  premio Nobel, Rita Levi Montalcini. Oggi la sede dell’IGB è ancora in Via Marconi, ma, il centro operativo di ricerca si è trasferito in Via Pietro Castellino nella parte alta della città ed è famoso a livello internazionale per i risultati scientifici ottenuti.  Fuorigrotta è sede tra l’altro della facoltà dell’Università “Federico II” di Ingegneria, (il  Politecnico che negli anni’60 si spostò da Via Mezzocannone a Piazzale Tecchio).

Piazzale Tecchio – Il Politecnico, Facoltà di Ingegneria Federico II (fonte wiki)

Il quartiere
è anche sede di un molto frequentato mercato rionale al dettaglio e all’ingrosso, dove si acquista di tutto ad ottimi prezzi; il mercato è stato recentemente spostato dalla sede storica, nei pressi della Ferrovia Cumana, in via Metastasio.

Scorcio mercato rionale di Fuorigrotta – fonte web

Nel quartiere sono presenti, in pochi km², tre palazzetti dello sport, lo Stadio San Paolo, l’Arena Flegrea, il  parco giochi Edenlandia, lo Zoo, il cinema multisala più grande d’Italia, la già citata Mostra d’Oltremare, sede di convegni, fiere ed eventi durante tutto l’anno. Lo Stadio San Paolo che  ha dato impulso ad una serie di micro attività indotte (vendita di gadget, bar, ristoranti etc), sorge nelle immediate vicinanze di Via Lepanto, la sede della nostra trattoria.

lo Stadio San Paolo (fonte wiki)

Il  nome della strada è legato alla famosa battaglia del 1571, la prima grande vittoria di un’armata, o, flotta cristiana occidentale (Lega Santa) contro l’Impero Ottomano.

la battaglia di Lepanto di AndreaVicentino (Venezia Palazzo Ducale – fonte Wiki)

Negli anni’ 50 – ’60, se, da un lato,  la città attraversava il boom economico, dall’altro, l’agricoltura della Campania interna,  in particolare il lavoro dei piccoli contadini, non era sufficiente a sfamare le famiglie. Veniamo così alla storia di Emilio Parrella, agricoltore di Cassano Caudino, paese ai limiti tra la provincia di Avellino e quella di Benevento.

Cassano Caudino

Emilio, nato nel 1928, si trasferisce a Napoli a circa 18 anni per vendere il vino della sua terra in città; qui, in un Vini e Oli conosce la futura moglie Carmela. Nel maggio del ‘52 i due si sposano ed Emilio trova lavoro presso l’allora famosa bottiglieria del Commendator Pisani in Via Duomo, nel cuore del centro storico, dove rimane fino al 1958. Il 1 maggio del 1959, i due sposi aprono la piccola attività di vini e oli in Via Lepanto. In questo tipo di locali, non solo,  si vendevano vino sfuso e tanti altri generi di uso comune a peso, ma ci si ritrovava  anche tra amici per parlare e giocare a carte; di qui i primi tentativi di cucinare qualche piatto caldo  fino all’inizio degli anni’90, le cose andarono bene, anche con l’aiuto in cucina della nonna Carmela; fu così che il figlio di Emilio e Carmela, Domenico, per tutti Mimmo, affiancò il padre nell’apertura di una vera e propria trattoria, Da Emilio.

un ricamo ,omaggio di una cliente affezionata

Il nostro Mimmo, classe 1970, sebbene nato a Napoli,  la terra ce l’ha nel sangue: sceglie infatti, la scuola di perito agrario e si iscrive a Scienze Naturali; il lavoro in trattoria però,  poco si concilia con lo studio universitario; Domenico decide quindi di affiancare il padre a tempo pieno, fino al 1992 quando, Don Emilio, dopo una vita intera di lavoro, lascia  la trattoria al figlio e sua moglie Tania. Ancora oggi, a 84 anni,  la mattina Emilio scende al locale per rendersi utile e scherzando con il figlio gli dice spesso: “Tu sei  partito avvantaggiato, io a Napoli ci sono arrivato con i debiti” (quelli contratti con i parenti del suo paese per trasferirsi in città).

Mimmo alle prese con la preparazione della braciola di cotica nella minuscola cucina dei “miracoli”

i quattro fornelli

Il locale è piuttosto piccolo: otto, nove tavoli quadrati da quattro posti, tovaglie di carta su copri tavola di stoffa, piatti e bicchieri in puro stile osteria, unica eccezione, qui le posate sono di acciaio inox, un gradino più su di quelle in stile casalingo abitualmente usate in questi locali.

un angolo della sala “a bocce ferme”

una delle sedie “old style” che Mimmo si ostina a riparare

Alcune sedie e qualche tavolo sono ancora quelli di oltre quarant’anni fa,  formica e ferro per i tavoli, le classiche sedie delle scuole, o, delle chiese di una volta. Niente aria condizionata, solo una grande pala a soffitto che va benissimo per le dimensioni del locale, circa 35 posti a sedere.  Immancabile, in un angolo in alto, la televisione: si accende all’ora del telegiornale…ed ecco scattare un incrocio di commenti e opinioni, per lo più negative, da tavolo a tavolo, tra persone che in realtà non si conoscono, ma, s’incontrano tutti giorni per mangiare intorno ad un ideale tavolo di “famiglia”. “ Al di là della bontà della cucina e dei prezzi popolari, la cosa interessante è che sia sopravvissuto ai tempi della globalizzazione, l’interesse per l’altro, professore, studente o, operaio: qui non c’è differenza. La stessa cosa accade la domenica a pranzo, quando i commensali sono famiglie, per lo più del quartiere, che si tolgono “lo sfizio” di mangiare fuori, spendendo meno rispetto al cucinare un pranzo domenicale in casa. Il collante di tutto ciò  sono Mimmo e Tania che conoscono i gusti di tutti, persino il tipo di acqua o bevanda preferita. C’è tutto il tempo per soddisfare ogni richiesta: qui si mangia dalle 12,00 alle 17,30 e la sera dalle 20,00 in poi. A proposito di bevande, in fondo al locale, vicino all’uscita, noto un vecchio signore con un quartino di vino rosso, il bello arriva dopo pochi minuti: Tania porta al tavolo una bottiglia piccola della famosa gassosa, tutta napoletana, Arnone. L’abitudine di mischiare vino e gassosa è degli anni’60, proprio nelle cantine, si usava quest’abbinamento per quattro motivi principali: perché i vini delle cantine  di quegli anni erano aspri, per dissetarsi e aiutare la digestione e per consumare meno vino per non spendere molto; in tavola arrivava la bottiglia di vetro con l’etichetta azzurra da un litro nella versione zuccherata, quella con l’etichetta nera era invece senza zucchero”.

vino rosso e gassosa Arnone

La trattoria, come ancora usa a Napoli, svolge un forte lavoro di cucina da asporto, il telefono comincia a suonare ininterrottamente già dalle 9,00 per notizie sul menù del giorno e per ordinare, le richieste sono molto dettagliate, i clienti chiedono persino il formato della pasta! “I tempi di pausa si sono ridotti, per questo lavoriamo tanto con le consegne presso uffici, università, etc”. Ci sono poi le mamme e le mogli indaffarate, per le quali la cucina di Mimmo e Tania è una vera benedizione, è buona e si spende meno del far la spesa. Mi commuove quasi, un anziano e solitario signore:ordina pasta e ceci, fegato con cipolle e alici “arreganate”; è da solo e si organizza per pranzo e cena.

orecchiette e ceci

fegato alla veneziana

alici arreganate con olio aglio e origano

Tra i clienti dell’asporto trovo con sorpresa un noto vignaiolo con base a Fuorigrotta…‘Il servizio di asporto è affidato a Salvatore, uno studente universitario che lavora per pagarsi gli studi. Si tratta di un’opera davvero meritevole, poiché va incontro alla numerosa comunità di anziani del quartiere, che non possono uscire perché troppo vecchi o malati. Inoltre, Tania e Mimmo non lesinano mai un piatto caldo a chi ha fame e non può pagare;ecco un altro esempio della mia Napoli che stenta a sopravvivere e a conservare la propria insita  umanità.’  I piatti sono quelli della tradizione partenopea, Mimmo si serve al mercato rionale di Fuorigrotta per l’ortofrutta; il vino sfuso naturalmente arriva dalle sue zone di origine, Aglianico e Solopaca bianco; la pasta è di Gragnano, due case di prima qualità e un’altrettanto nota del beneventano. Per cucinare, solo olio extra vergine; per friggere a volte si usa quello di girasole. La carne proviene da un fornitore di fiducia, molto attento alla tracciabilità del prodotto; il pesce dai mercati di Napoli, o, Pozzuoli; il pane cotto a legna arriva da Pianura, da un forno molto serio, fornitore storico della trattoria. “Lo sparagno non è mai guaragno” sentenzia don Emilio da sempre. (il risparmio non è mai guadagno).

il pane cotto a legna

I latticini, mozzarella di bufala, fiordilatte, provola e ricotta arrivano dal dirimpettaio punto vendita del mini caseificio Costanzo a Lusciano in provincia di Caserta, una garanzia.

Veniamo al menù, come nelle famiglie di un tempo, ad ogni giorno della settimana corrispondeva a vari piatti, vediamo:

Lunedì, pasta e patate, pasta e fagioli e  vero ragù napoletano con tanto di “tracchiolelle”  (costine di maiale) e cotica, che è un fisso quotidiano.

le “tracchiolelle”

la cotica di maiale con tanto sugo per la “scarpetta” obbligatoria

Martedì : pasta e piselli, con spaghetti spezzati, o, tubetti; riso e fagioli, riso zucca e provola e, fisso, il ragù e il pomodoro fresco.

Mercoledì: verze e riso “ la nonna faceva aggiungere dei fagioli o dei cubetti di patate di Avezzano, per rendere il piatto più cremoso, ricorda Mimmo”.

Giovedì: penne o ziti per la
genovese con cipolle dorate, zuppa di fagioli “alla maruzzara”, gnocchi di casa al sugo e pasta, zucca e provola.

Venerdì: tagliatelle spezzate con i ceci, messi rigorosamente a bagno la sera prima con un pizzico di bicarbonato, pasta e zucchine e, come sempre, il ragù.

Domenica: fusilli, o manfredi
con ragù e ricotta, lasagna, pasta al forno, frittura di paranza.
Ci sono poi i piatti a sorpresa, come pasta e cavoli con provola,

pasta mista con cavoli, provola e parmigiano

ziti lardiati e pecorino

gli immancabili ziti lardiati e il soffritto preparato in casa da Mimmo, a zuppa o, per gli spaghetti.

Veniamo ai secondi, contorni e sfizi vari; l’assortimento è molto vasto: bistecca di maiale e ‘friarielli’, rigorosamente soffritti a crudo in aglio, olio e peperoncino;

bistecca di maiale con ‘friarielli’ doc dei Campi Flegrei

tacchino, pollo al forno, o, spezzatino  con patate;

spezzatino al forno con patate

Ancora, polpettone al forno, polpette,  scaloppine, salsicce al sugo, trippa “centopelli” al sugo,  pesce in bianco con insalata per chi è a dieta. I contorni sono quattro, o cinque al giorno:melanzane a funghetto, o, a ‘scarpone’, friarielli, peperoni in padella, patate in umido, carote in insalata con aglio, olio, origano e peperoncino, cavolfiore in umido con passi e pinoli, o, al forno con la besciamella, zucchine alla scapece e melanzane sottolio preparate ancora in casa da Don Emilio. Gli sfizi – crocchè di patate, quelli veri, fiorilli fritti e zeppoline si trovano la sera o, la domenica quando c’è più tempo.

peperoni in padella

I dolci, ricotta e pera e profiteroles arrivano dalla pasticceria di fiducia, tranne il tiramisù di Tania. Il caffè arriva dal bar: ci sono solo quattro fuochi in cucinaJ

L’atmosfera è familiare, i clienti uscendo non mancano mai di salutare ed elargire complimenti, per loro da Emilio è una certezza quotidiana, come la cucina della mamma; i coniugi Parrella conoscono un po’ le vicende di tutti: “ Ce verimmo ‘rimane, nun sta ‘n penziero, tant’ nun serve a nient” ( ci vediamo domani, non stare in pensiero, tanto non serve a niente). Mimmo, regolarmente iscritto all’albo dei periti agrari, esegue persino una perizia al volo per un suo cliente, proprietario di un castagneto malato, naturalmente gratisJ A proposito di prezzi, bisogna premettere che le ordinazioni si prendono a voce ed il cliente, dopo aver mangiato, va alla  cassa e dice ciò che ha consumato. Tania o, Mimmo fanno il conto… “ che te è pigliato”?  Mangiare da Emilio è davvero un affare: la qualità sta al primo posto, così come la soddisfazione dei clienti. Mimmo e Tania riescono in quest’impresa perché la conduzione è realmente familiare, persino i piatti si lavano a mano. L’unico aiuto esterno è Salvatore, che quando non è fuori per consegne, serve ai tavoli e sparecchia. Veniamo ai prezzi: i primi piatti variano dai 2,60 ai 4,50 euro; i secondi di carne vanno da 2,00 a 5,00 euro, un paio di euro in più per il pesce. I contorni costano tra 1,50 e 2 euro; un euro per la minerale grande, 2 euro per un litro di vino, il coperto è 0,50, praticamente solo il costo del pane. Avrete capito che qui si mangia tra i dieci, massimo quindici euro.

L’aria di famiglia che si respira, il garbo, la confidenza e la generosità della famiglia Parrella non hanno prezzo.

8 Commenti

  1. intressante la storia del quartiere, affascinante il menù della tradizione l grazie a chi sa ancora proporre la cucina genuina e a chi
    la sa così bene raccontare

  2. A quest’ora fà venire l’acquolina in bocca ad un “estremista del territorio” come me!

    Un posto da provare al più presto!

  3. il tempo… trascorso, presente, vissuto e mancato. Ogni volta che leggo di queste trattorie mi viene voglia di ripercorrere gli anni passati, quelli dell’università, che ci facevano girare a piedi tutta napoli e che ci permettevano di fermarci a “mangiare un boccone” appena possibile. Grandissima possibilità della nostra bella e invadente città. Questa in particolare mi ricorda le “puntate” a ingegneria, per pranzare insieme agli amici del liceo che frequentavano quella facoltà, anche perchè i prezzi erano accessibili e vedo che lo sono ancora. Piatto preferito di felicia, la pasta con i cavoli… una poesia. Giulia, grazie, per il passato che fai riaffiorare attraverso la storia di interi quartieri e per la voglia di passarci ancora e di portarci gente… non vedo l’ora di avere il libro, ( a proposito, ma quando???) in modo tale da poter girare con questa Guida e far vivere la vera “napoletanità” a tutti gli amici che vengono da fuori. :)

  4. ci ho lavorato 2 anni.. e anche dopo .. ci andavo spessissimo a cena o A pranzo.. una cucina fantastica!!
    grazie per tutto Mimmo, un bacio

    1. Grazie Marco le tue parole mi commuovono,perche sono dette da una persona sincera e un amico come te, ciao a presto.

  5. Entrare nel “club” di Mimmo (no problem : basta aprire la porta , per sintetizzarsi subito con l’ ambiente) rende al cliente di media età o anziano un viaggio nell’ Amarcord del mondo sobrio e pulito della sua infanzia o della prima giovinezza.
    (Vero è : anche qualche antica pizzeria ancora trasuderebbe di quello stesso calore umano contagioso, se uno avesse il tempo di appoggiarsi sedia al muro a guardarti attorno , mentre la pizza bollente invece ti reclama rapido e attento a non “inguacchiarti”)).
    “Da Emilio” sarebbe piaciuto a Marotta e a Rea. Ma d’ inverno sedurrebbe anche un triestino doc , venuto giù con la nostalgia delle sue trattorie con la “caldaia” frulan per gli sfizi del porco e le alici fritte e il vino a brocca e il fegato alla Veneziana e…e intanto scoprirebbe la “Genovese” ( Xè ?) di Mimmo, che da sola gli riscatterebbe la fatica del viaggio.
    giorgio gragnaniello.

  6. Non ho parole posso dire solo grazie a questa poesia,che mi solleva mi gratifica e mi da forza in un periodo cosi’ duro.
    grazie ancora.

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