TuttoPizza 2025, tutto il mondo a Napoli. Ma ora tuteliamo il marchio Stg prima che sia troppo tardi


TuttoPizza

Una semplice intuizione che si è rivelata vincente: perché non organizzare una fiera dedicata al mondo pizza nella città dove questo cibo è nato e ha ottenuto il riconoscimento Unesco? Otto anni fa Raffaele Biglietto, manager di lunga esperienza nel settore delle esposizioni, e il presidente dell’Associazione Nazionale Pizzaioli Sergio Miccu, scomparso lo scorso anno, fecero il primo tentativo sfidando la consuetudine di fare tutto al Nord.
Un po’ l’argomento, un po’ la incredibile capacità di Napoli di rilanciarsi in uno dei momenti più difficili per l’Italia, sta di fatto che edizione dopo edizione i numeri sono cresciuti. Quella che inizia domani è sicuramente una rassegna che apre al mondo e che preannuncia un nuovo sviluppo. Basti vedere i dati della scorsa rassegna: 35.800 visitatori professionali in 3 giorni provenienti da tutto il mondo; 180 espositori, 300 marchi rappresentati, 30 eventi tra gare, trofei, masterclass, seminari e convegni, 110 giornalisti accreditati. La pizza è diventata così un potente motore di sviluppo per l’agroalimentare meridionale e per le aziende che si occupano di forni, hotellerie, materiali per pizzerie, e poi ancora vino, birra, cocktail e chi più ne ha più ne metta. Una storia incredibile che accompagna uno sviluppo che sembra non fermarsi mai come attesta anche lo sviluppo dei corsi di formazione gestiti da numerose associazioni.
Il mestiere di pizzaiolo adesso riempe d’orgoglio i ragazzi che lo scelgono, segno che i lavori pesanti non spaventano nessuno quando danno le giuste soddisfazioni e consentono di migliorare il proprio status sociale.

Raffaele Biglietto

Napoli e l’Italia vivono questa ondata vitalistica con entusiasmo, ma proprio questo successo pone oggi un problema politico fondamentale: non è possibile tenere appeso ancora il marchio europeo Stg (Specialità Tradizionale Garantita) senza un consorzio ed è necessario che i soggetti responsabili creino al più presto un consorzio inclusivo, come avviene nel vino, per mettere i paletti necessari e indispensabili in un mondo globalizzato dove mancano le regole. Si tratta di pensarci adesso senza andare oltre perché dopo potrebbe essere troppo tardi.
Ci sono domande a cui si devono dare risposte, la più importante di tutte riguarda la pizza con il cornicione a canotto che coinvolge le giovani generazioni di pizzaioli. Ma anche i metodi di preparazione devono essere ridiscussi se vogliamo che l’aggettivo napoletana resti ancora taccato alla pizza in Italia e nel mondo. E’ il momento di uscire dal proprio orticello e capire che si può ottenere molto di più se ciascuno rinuncia a qualcosa attraverso il giusto compromesso che non escluda nessuno degli attori. Il secondo passo è l’inserimento di questo mestiere negli istituti alberghieri in pianta stabile, come da programma ministeriale.

In entrambe queste due specificità serve l’arbitro pubblico che regoli questa cosa, c’è il rischio altrimenti che lo faccia qualcun altro nel mondo. La nostra esperienza fatta quest’anno a Las Vegas, con una fiera sicuramente più piccola di TuttoPizza, è la potenza del brend «Napoli» di cui nessuno di noi si rende veramente conto. Dalla mozzarella ai forni, dalle pale al pomodoro, tutto richiama all’estero la nostra città. Bisogna decidere se questo brend continui a significare qualcosa di reale o se venderlo. In poche parole bisogna evitare che il mondo del food segua l’esempio di quello della moda che per massimizzare i profitti ha rinunciato alla manifattura vendendo i marchi.
L’ottava edizione di TuttoPizza deve servire anche a riflettere su queste cose.

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