Vegetale, carne, pesce: tutti i segreti e i trucchi per fare un grande brodo


brodo

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di Giustino Catalano

Di origini povere ed ecosostenibile il brodo ha sempre rappresentato un alimento tipico delle classi povere dove quel minimo patrimonio di energie di cui si disponeva doveva essere ad ogni costo preservato e non disperso.

In sintesi il brodo nasce da quest’esigenza in piena contrapposizione con gli spiedi e le griglie delle classi agiate che potevano, invece, concedersi il lusso di cuocere i pezzi migliori e lasciarne colare via i grassi.

Il brodo però ha una storia molto antica, vecchia quasi come quella dell’umanità essendo nato soprattutto come prima forma di cottura di cibi e sanificazione delle acque che bollendo offrivano maggior sicurezza.

Uno dei primi brodi di cui si ha memoria scritta è quello degli spartani che andava sotto il nome di Brodo nero (in una traduzione letterale zuppa nera) costituito dalla cottura prolungata di carne di maiale, sangue e vino. Un composto che lo stesso Plutarco narrava essere stato trovato stomachevole da chi lo aveva provato.

Poi con il tempo divenne prima pietanza dei poveri e poi pietanza dei cosiddetti “giorni di magro”, giorni nei quali bisognava osservare un regime alimentare contenuto e molto parco.

Con il tempo di brodi se ne sono sviluppati sempre più sino ai giorni nostri.

Ma siamo certi che sappiamo come si fa un buon brodo?

Già qui il sito di Luciano Pignataro diede una ricetta molto gourmet del brodo vegetale, elaborata dal Maestro Giuseppe Daddio della Scuola Dolce e Salato di Maddaloni (CE).

Prescindendo da questa ricetta vediamo come deve essere fatto un buon brodo.

Punto primo per la sua esecuzione è sempre partire da acqua fredda e non da acqua calda o bollente.

La necessità di tale operazione è quella di consentire il transito graduale delle molecole dalla polpa dell’ingrediente all’acqua favorendo l’arricchimento di nutrienti di quest’ultima. Se immergessimo il prodotto in acqua bollente otterremmo un’immediata chiusura delle cellule esterne del prodotto immerso con conseguente inferiore migrazione di nutraceutici e maggiore concentrazione di succhi all’interno del prodotto. Ed è questa la sostanziale differenza che passa tra brodo e lesso.

Ma cerchiamo di avere delle piccole dritte per ogni tipo di brodo. Cosa serve? Che proporzioni dobbiamo adoperare? Possiamo adoperare il prodotto adoperato per il brodo per mangiarlo? Come?

Brodo Vegetale.
Un buon brodo vegetale richiede 3 elementi di base. Sedano, Carota e cipolla.
A Napoli questo trittico viene ancora venduto da alcuni fruttivendoli legato tuto insieme con il nome di “mazzetto”. La sua composizione è di un rapporto doppio di sedano e carote rispetto alla cipolla.

Vale a dire 1 costa di sedano, 1 carote, 1/2 cipolla.

Per un brodo perfetto è preferibile evitare di adoperare le foglie del sedano che conferirebbero allo stesso un sapore lievemente amarognolo.

Va però ricordato che il brodo nasce per ridare dignità a molti scarti di verdure o verdure non più in “forma”, pertanto si ad aggiunte di zucchine, le stesse foglie di sedano, gambi di prezzemolo, porri (che sostituiscono benissimo la cipolla con una nota meno spiccata), scalogno, pepe, chiodo di garofano conficcato nella cipolla, foglia di alloro e pepe in grani schiacciato e aggiunto verso la fine onde evitare che rilasci eccessivo sapore pungente. Bene anche una patata.

Da evitare verdure dal gusto spiccato e forte come broccoli, verza, cavolacee ecc

Bene anche il finocchio a condizione che si adoperi in quantità minima e si sappia che conferirà un sapore più fresco al brodo e quindi maggiormente idoneo per brodi primaverili ed estivi.

Ricordo a tutti che il brodo caldo, come tutte le bevande calde, è un termoregolatore, quindi aiuta a stabilizzare la temperatura interna rispetto a quella esterna e farci sentire, elevandola lievemente, meno calore nelle giornate estive.

Può anche erre ristretto una volta che le verdure (o anche la carne se di carne) sono state rimosse ed essere consumato tiepido. In questo ultimo caso saremo in presenza di un court – bouillion.

Le verdure che abbiamo adoperato possono essere poi consumate con un filo d’olio e un goccio d’aceto.

Brodo di Carne.
Per il brodo di carne possiamo subito cominciare con lo stabilire che alcune carni non sono assolutamente idonee allo scopo.

Quindi no a selvaggina, volatili anche da cortile, agnello, maiale e vitello (che rappresenta un vero spreco per il valore dell’animale e il suo impiego in cotture molto rapide)

Ci sarebbe da dire anche no alla carne di pecora ma alle latitudini di chi vi scrive e, quindi lungo i tratturi, il brodo di pecora non è inusuale anche se fatto per palati addestrati e stomaci coriacei.

Nella normalità dei casi le carni deputate a darci un brodo, singolarmente o anche tutte insieme sono il pollo, la gallina, il cappone e il manzo.

Che parti usare?

Sicuramente parti ricche di grassi e tessuto connettivo.

Quindi a parte il pollo, la gallina e il cappone interi, se dobbiamo preferire alcune parti di queste vano preferite parti che potremmo definire meno nobili ma che conferiscono al brodo un gran sapore.

Si a collo, ali, zampe o busto. Meno indicati parti molto carnose come il petto. In ogni caso il grasso non va tolto e nemmeno la pelle che sono assieme ai tessuti connettivi le parti che conferiranno sapore al nostro brodo.

Pari discorso per la carne di manzo. Si a muscolo, lingua, coda, biancostato, tutte parti ricche di tessuti connettivi che con la cottura rilasceranno i propri nutrienti all’interno del brodo.

Come consumiamo la carne? Molti dicono con delle salse come la salsa verde ma personalmente non concordo e so che mi farò molti nemici.

L’accostamento di molti è un accostamento idoneo a carni lesse, ossia immerse in acqua bollente che, quindi, conservano tutti i sapori e il proprio gusto.

Qui le carni sono state “sfruttate e hanno poco sapore, quindi necessitano di un processo che le insaporisca.

Alcune massaie campane come la mia mamma solevano, ad esempio, ripassare la carne del brodo in padella dopo aver realizzato un veloce soffritto di cipolla e qualche pomodorino.

Questo passaggio reidratava la carne e le ridonava un qualche sapore. Pari effetto sortiva il condirla in insalata con olio e aceto che è poi la sorte che si riservava a animali molto vecchi bolliti per numerosissime ora come oche, anatre e vecchie galline ovaiole.

Ma prendetelo solo come consiglio.

Brodo di pesce.
E qui dobbiamo fare un distinguo tra il brodo di pesce e il brodetto. Il brodetto è una preparazione tipica della costa dell’adriatico che è molto simile alla nostra tirrenica zuppa di pesce, fata salva la selezione di pesci adoperati e la tecnica di cottura.

Il brodo di pesce è invece un vero e proprio brodo che parte da acqua fredda ed è sostanzialmente fatto con resti di pesci come teste, lische e code di pesci da carne bianca.

In paesi nordeuropei, dove il brodo di pesce è maggiormente diffuso si usano anche pesci come il salmone.

Per realizzare un brodo di pesce buono sarebbe preferibile eliminare le teste che possono conferirgli un sapore amaro. Si a lische complete di code e anche a gusci di vongole che caricano il sapore.

Nell’alta Toscana è ancora oggi nota nella memoria degli anziani pescatori la minestra di sassi, un brodo fatto con i sassi di mare nella quale si cuoceva la pasta onde consentire ai pescatori di mettere a tavola innanzi alla propria famiglia un piatto caldo nelle giornate di pesca andata male.

Questo brodo è solo destinato a far da consommé iniziale in una cena. Degli scarti, una volta ottenuto il brodo non se ne fa nulla.

Diversa sorte invece ha il napoletanissimo brodo di polpo ( bror’ ‘e purp’ ) che si consuma bevendolo e mangiandone un tentacolo. Sino a circa 30 anni fa era frequente trovarlo agli angoli delle strade dei quartieri popolari venduto da donne del popolo. Poi l’ultima di questi simboli, che stava da sempre nella piazza di Forcella, smise di venderlo e da allora è solo possibile trovarlo rpesso qualche antica trattoria napoletana.

Un ultima curiosità.

Ma come si rende il brodo meno torbido?

Se proprio non ci piace che il brodo sia torbido e siamo consapevoli che nel filtrarlo toglieremo da esso anche parte dei suoi nutrimenti possiamo ricorrere o alla tecnica citata nell’articolo con la ricetta del Maestro Daddio, o lasciarlo raffreddare per rimuoverne la parte superiore, che sarà tutto il grasso che affiora, con una schiumarola oppure si può adoperare la tecnica della chiarificazione, che consiglio caldamente per il brodo di pesce.

La chiarificazione del brodo è una tecnica di cucina che si effettua portando a bollore il liquido da chiarificare e aggiungendovi dentro l’albume dell’uovo.

Una volta aggiunto basta agitare in maniera tumultuosa e solo in un senso il liquido che continua a bollire per far rapprendere l’albume che così facendo imprigionerà in se tutte le impurità.

Una volta rappresosi tutto basterà sollevarlo con una schiumarola. L’operazione talvolta va ripetuta più volte sino ad ottenere un brodino leggero e quasi trasparente.

Sembrava facile fare un brodo eh?

Buon appetito a tutti.

 

Un commento

  1. la carne di pecora e relativo brodo, come quello di capra, sono una leccornia e nel Cilento e’ un’istituzione e tradizione millenaria….palati addestrati e stomaci coriacei??? ma smettiamo di dire ste cazzate che influenzano la gente, che gia’ ha perso il palato……, che i gastrofighetti lo assagino e poi mi diranno….sul trattamento della carne magari con cipolla e pomodorini, o anche aglio e pomodorini ed una puntella di “cerasiello” come si fa in casa mia, concordo e condivido in pieno…

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