Verticale Piromafo Negramaro Salento IGT 2006-2003-2000


Piromàfo - foto tratta dal sito aziendale

AZIENDA AGRICOLA VALLE DELL’ASSO

Il Salento svela storie di uomini, passati e presenti, che operano e che hanno operato qui da molti secoli (fin dalla civiltà messapica e successivamente poi quella greca-romana) in questo territorio estremo, laddove in estate il sole è così cocente che incendia l’aria e che comunque è sempre profumata di fichidindia e di macchia mediterranea. Per fortuna, lungo la costa le dolci brezze che salgono dal mare cristallino vanno a mitigare in parte il caldo opprimente, donando così refrigerio ai grossi grappoli semi-appassiti che sembrano addormentati sugli alberelli radenti il suolo. In questo clima torrido, dove il terreno è quasi sempre di natura calcareo-argilloso sovrastato da un sottile strato di terra rossa, si pratica l’arido-coltura, cioè si coltiva senza irrigare. Si badi che questo non è un paradosso, perché il terreno è in grado di resistere alla siccità permanente e diventa piromàfo” (dal greco pyro makos), cioè “combattente il fuoco”. E, per quanto possa sembrare strano, è proprio in questo ambiente estremo che la vite dà il meglio di sé, perché le sue radici sono costrette a scendere in profondità per procurarsi il nutrimento necessario alla propria sopravvivenza. Ecco spiegato, quindi, il segreto dei vini rossi salentini così potenti, concentrati e molto alcolici.

E proprio il termine Piromàfo dà il nome al cru di Negramaro dell’azienda agricola Valle dell’Asso di Galatina (LE) che ho voluto degustare in una mini verticale di tre annate: 2006,2003 e 2000. Prima ancora, però, è d’uopo spendere due parole su questa storica azienda, condotta da Gino Vallone dal 1962 e fondata sin dal lontano 1820 da Donato Vallone, trisavolo dell’attuale proprietario. L’attività enologica vera e propria si fa risalire al 1920, quando si cominciò a vinificare in proprio. Da allora progressivamente il vecchio edificio aziendale di Galatina è stato ristrutturato, ampliato e dotato di tutte le moderne attrezzature e la viticoltura, così come tutta la produzione agricola, è stata convertita al metodo biologico. Una curiosità riguarda il logo aziendale, che campeggia per ben tre volte sull’abbigliaggio della bottiglia e finanche sul tappo di sughero: si tratta di una dracma di Taranto del III-IV secolo a.C. che riporta la figura di una civetta, la quale è poi diventata l’emblema della città di Galatina.

La cantina - foto tratta dal sito aziendale

Annata 2006 – Voto 86/100 – Il cromatismo è perfetto: rosso rubino bello profondo, con riflessi purpurei. Il bouquet è ampio e avvolgente e spazia dalla piccola frutta rossa, come more, ribes, mirtilli e le ciliegie sotto spirito, alla confettura di prugne, per poi virare decisamente verso gradevoli note speziate che richiamano alla mente il pepe nero ed i chiodi di garofano. In bocca, nonostante l’età già matura, si percepisce uno slancio tannico ancora mordente ed una vena alcolica ben sostenuta, per via dei 14,5° C., stemperata, comunque, da una sensazione di fresca goduria. Il finale, tipicamente fruttato, è lungo e lascia il palato sazio ed appagato. Ottima bottiglia!

Annata 2003 – Voto 87/100 – Il colore qui è diventato più scuro, un granato tendente all’aranciato, che tradisce la maggiore età del vino. I profumi che salgono al naso sono intensi e variegati. Su tutti predominano note fruttate e speziate di frutti di bosco e di noce moscata. In bocca l’ingresso è caldo, ma enormemente piacevole e poi il vino si distende placidamente sulla lingua, morbido, elegante, corposo, felpato e levigato nel suo tessuto tannico, equilibrato, strutturato, sontuoso e armonico. Il finale, dal sapore graffiante e dinamico, è persistente e godibile. Vino eccellente!

Annata 2000 – Voto 89/100 – La prima cosa che mi ha colpito stappando questa bottiglia è stato il marcato colore aranciato “nebbioleggiante” del vino, che così ha voluto dimostrare tutti i suoi undici e più anni trascorsi represso nella boccia. Subito dopo sono stato investito da un turbinio di profumi che mi hanno letteralmente stordito. Avevo già preparato il decanter per farlo ossigenare come da prassi ed invece, strano ma vero, non ce n’è stato assolutamente bisogno: il bouquet si è apertamente e volontariamente dispiegato nelle sue molteplici note olfattive. Incisivi profumi di sottobosco, di vegetali, di chinotto e con sfumature di tabacco, di liquirizia, di cioccolato, di marasca e di confettura di ciliegia. In bocca è potente, elegante, aristocratico, strutturato, corposo, ancora leggermente tannico, con una nota acida che rinfresca il palato. Chiude con una leggera sensazione amarognola. Perfetto! Ciò che stupisce è la buona tenuta dopo tutti questi anni, la riprova che il Negroamaro è dotato di ottima longevità che lo proietta verso traguardi impensabili. D’altronde, basta dire che le tre annate prese in esame hanno avuto un’escalation di punteggio proprio in proporzione alla loro età. Inoltre, non bisogna dimenticare che esempi illustri di resistenza al tempo da parte  di questo vitigno si sono avuti con vini famosi come il Graticciaia, il Patriglione e Le Braci. Chapeau!

Enrico Malgi

Sede a Galatina (LE) – Via Guidano, 18 – Tel. 0836 561470 – Fax 0836 561473 – [email protected]www.valleasso.it – Enologo: Elio Minoia – Ettari di proprietà: 127, di cui 75 vitati – Vitigni: Aglianico, Aleatico, Chardonnay, Fiano, Garganega, Lambrusco, Malvasia Nera, Montepulciano, Moscato, Negroamaro, Nero d’Avola, Primitivo, Syrah e Verdeca. Bottiglie prodotte: 250.000.