Vini Buoni d'Italia 2009, appunti di un degustatore


Rilanciamo volentieri da FB una nota di Gaspare. Lui la vedeva un po’ troppo goliardica per il sito, a noi il tono invece piace molto. L’approccio scanzonato ancora di più.
Credo inoltre sia utile anche per i produttori capire come un degustatore qualificato legge il loro vino dietro le quinte. Di regola, a chi lo chiede, mandiamo i punteggi così come sono usciti dalle batterie <coperte> durante la selezione del Touring Club su Vini Buoni d’Italia.
C’è poi il valore documentaristico di questi appunti: il vino è materia viva, evolve, cangia, si deprime o si libra in volo. E’ dunque interessante vedere lo stato dell’arte così come si è manifestato al nostro amico il giorno 9 luglio tra le 10 e le 13,00. Inutile aggiungere che questa non in alcun modo una anticipazione dei risultati. O forse si?

Gaspare Pellecchia e Carmela Valitutti durante la seduta al Savoy

di Gaspare Pellecchia
1. Batteria di Taurasi:
-Molettieri 2005, bella botta eterea, ha una tipicità tutta sua, l’occhio è molto stanco e appare come robina perciò poteva essere una boccia deteriorata da una cattiva conservazione (mah?); bella nota di prugna cotta molto varietale, sapidità da vendere; ceneri di legno sul finale. Se pò ffà.
-Contrade di Taurasi 2005, malolattica ancora in corso (o una botta di caldo?), non so, ma la nota lattea era evidente; naso chimico con note medicinali come di erbe medicamentose e tossiche; tanta estrazione di materia, di frutto, di polpa; freschezza potente e nervosa; nel complesso non mi è piaciuto.
-Molettieri 2004 Riserva, anche qui grande estrazione, naso tutto suo, tipicità “molettieriana” cioè note di terreno come iodato, come di cozza appena pescata piccante, come di alga, di riccio, di ostrica (ma non il fruttato delle ostriche, quanto piuttosto la nota speziata e aggressiva degli scogli); i Molettieri possono, anzi devono, dare di più, hanno terra, frutta e arte. E legni vecchi (troppo???). Comunque la migliore boccia di Taurasi di questi ultimi mesi, perché nel mezzo, a parte gli scherzi, c’era tanta roba buona. Da riprovare.
-Mastroberardino Radici 2005, ti accoglie alla porta un’antipatica vaniglietta per fortuna evanescente; sa-pi-do, sapido e ma ma-gris-si-mo. Se pò ffà. Ma la 2005 è stata piovosa.
2. Batteria ammischiata ammischiata:
-Fiano Valentina – Paestum 2008, Rotolo, solito bel naso intenso, Alfonso lavora bene, molto fiorale, sciupafemmine, naso chimico e cioè ha note eleganti e fini, mix di terroir e tostatura del legno (nuovo???), ma cavolo alla fin fine è troppo il legno, io mi incazzo. Ma forse a voi piacerà tanto. Riconoscibile.
-Fiano Pietraincatenata – Paestum 2007, apre oltretutto con note animali di pelle umana sporca (ho controllato, non erano le mie mani), come di sudore, mixate con balsamicità mentolata elegantissima, lavoro incredibile per un’annata bruciata dal global warming; è Fiano, è Cilento. E dovrebbe piacere. Da riassaggiare. Variava nel bicchiere di minuto in minuto!
-Bianco base di Marisa Cuomo (cioè il fratello minore del Fiorduva) Costa d’Amalfi 2008, uh, mamma mia, note agrumate e mentolate eleganti, eleganti, eleganti, eleganti. Eppure è un base!!! Evviva!!! Urrà!!! Il naso viaggia come in un agrumeto arabo, chiusura finissima. Quattro soldi costa questa boccia: compratela a casse, ma mi raccomando: chiedete del base 2008.
-Falanghina – Beneventano 2008, Cesco dell’Eremo, lavoraccio sull’alcol, boh?, diluito, scontato, eppure l’occhio è fin troppo carico. Ripeto: boh.
-Apicella Colle Santa Marina – Costa d’Amalfi 2008, troppo naso, troppo lievito demodè, troppo chewingum alla frutta, è vero svanisce subito e lascia il posto alla frutta, però cavolo che strano, un vino tutto naso e poca bocca. Cmq è un esperimento da seguire.
-Falanghina del Taburno 2008, Fontanavecchia, No (allora da riassaggiare!).r
3. Mio Dio: una batteria di Fiano di Avellino, Vittorio Guerrazzi 5 anni fa aveva ragione: W la Campania bianchista!
-Caggiano – Bechàr 2007, fine, poco tipico, intenso, frutta esotica (uffaaaaaa, cambiate lieviti!!), fiorale come solo un Fiano sa essere, legno (?), se pò e nun se pò ffà, dipende se ti piace Caggiano o meno.
-Marsella 2007, C’è. C’è. C’è. Minerale, ed ho detto tutto. Un signore, un vero signore di vino. Discreto e calmo. Un Fiano sussurrato. Moderno. Low-profile. Annata strana la 2007. Mi sono innamorato di te, perché, non avevo altri Fiano da aprire? No!!! E’ veramente un buon Fiano di Avellino. Cinereo, grigio in apertura, coerente, lungo, sta sul palato, stuzzica, chiude ricco, lo riassaggi, svuoti il bicchiere, pensi a cosa mangiarci su (ma in realtà non pensi a niente), poi lo ribevi. E viaggi lontano, lontano, lontano!
-I Feudi dsg – Pietracalda 2008, Uffa, è un vino unico-frutto-dell’-amor? Sì, ma però. I Feudi ballano il twist con i lieviti, si decidessero una volta per tutte: hanno queste cazze di ottime uve? Le sfruttassero senza compromessi. Meno affari? Che fà? Io voglio assaggiare le loro uve, i sapori dei loro cru. Poi mi metterò a fare loro recensioni positive e riacquisteranno la mia stima. Chiusura minerale alla grande.
-Di Meo Alessandra 2004, Naso ostile: Vietcong. Boccia-to. (dovevo aspettarlo? Direte voi… Macché, avevo fretta, tutti abbiamo fretta, i vini, se in etichetta non c’è scritto nulla, si intendono READY-TO-USE). r
4. Un’altra batteria ammiscata ammiscata:
-Calivierno – Roccamonfina 2007, occhio spento, un po’ lavandinato il naso, a me non ha convinto per nulla.
-Terra d’Eclano – Quintodecimo 2006
(mi tremano le mani sulla tastiera a recensire un vino di Moio, forse dovrei abbandonare l’idea? o forse è lecita questa recensione? scrivete la vostra a: [email protected] ).
Grande annata, piante giovani, taglio di più lotti di uve, legno sicuramente di qualità. L’Aglianico però non fuoriesce. O meglio, fuoriesce in un modo nuovo nel panorama dei vini fino a ora provati dal sottoscritto.
In cosa consiste la novità? E’ un vino stratificato (grazie a Vittorio per lo… spunto di riflessione): sopra il legno (caffè) / in mezzo il frutto (prugna) / a piano terra la terra d’Eclano (mineralità). Ma è tutto compresso, ma non solido, non massiccio, concentrato sì, lungo sì, coerente sì, fresco e tannico sì, pieno di possibilità sì, interessante sì, con una personalità sì, nuovo, nuovissimo, originale come nessuno sì, ma purtroppo poco convincente per Gaspare Pellecchia. E’ tutto un caos, tu non ti raccapezzi, mentre bevevo mi sembrava di volare dentro dei fuochi d’artificio in esplosione. Booom, colori, razzi, sibili, botte di qua e di là, scoppi, petardi, boooom, zig-zag, girandole di odori-profumi-sapori fini, robe finissime, per carità.
Dice che è anche una boccia da invecchiamento, ma allora ditemelo!
-Zero 2005 (ho deciso), occhio vivissimo come Bruno. Legno, ceneri di legno e ceneri di terreno. Aglianichetto cilentano, un gusto simile all’avellinese, ma diverso. Moooooooooooooolto estratto, sarà il Cilento, sarà Bruno, boh? Fresco, acidità impensabile. Ho deciso: io i vini di Bruno non li capisco se non dopo opportuno affinamento a vetro. Ora, dico io, ma perché non esce una linea READY-TO-USE???????????? Che a casa mia, nella cassettona dei vini da conservare, si arriva a 26°C..
-Aglianico – Taburno 2006 – Torre Varano, bel colore, insomma, facciamola breve, aveva problemi di rifermentazione o di legno vecchio.r
5. Concludo con vini dolci:
-Ruscolo 2004, Falanghina passito, Oro, Buona Freschezza. Grande esperienza dietro questa etichetta. Nessuna emozione. Tutto tranquillo. Bevibile e serena boccia beneventana.
-Giardini Arimei – Muratori, un normale vino interessante, progettuale, naso francese francese, moderno, di alta gamma, ma troppa sperimentazione. Attendiamo la prossima versione con trepidazione. Potrebbe spiazzare tutti se solo si trovasse la ricetta giusta… Color ambra.
-Roccamonfina 2007 – Lentum – Regina Viarum, un normale vino rosso dolce dolce, stucchevole, legnoso, cenerine in retrolfatto ad alzare il tono, terreno vulcanico mineralizzante, per fortuna sennò era una noia completa, tipico, campano, nel complesso. Da migliorare.