Week End. Il Vallo di Diano fra Certosa, grotte di Pertosa e prodotti straordinari


Certosa di Padula

di Talia Mottola

Vallo di Diano, una estesa valle solcata dal fiume Tanagro che racchiusa tra le dorsali appenniniche confina con Basilicata e Calabria. Territorio che vive di un’imprenditoria  locale  con respiro internazionale: il Vallo di Diano resta una terra ricca, con spiccata attenzione ad una ristorazione che è al passo con i tempi senza però dimenticare sapori e odori genuini. Un suo primo riconoscimento avviene nel giugno 1997, insieme al Parco Nazionale del Cilento e Alburni con l’inserimento nella prestigiosa rete delle Riserve della biosfera del Mab-Unesco: su tutto il pianeta si contano circa 350 di queste particolari aree protette, che servono per tutelare le biodiversità e promuovere lo sviluppo compatibile con la natura e la cultura. Nel 1998 il Vallo di Diano con la Certosa di Padula diviene parte del patrimonio UNESCO.

Vallo di Diano

Vallo di Diano

 

Tra infrastrutture moderne e tra quelle che promettono modernità, ci sono Comuni che invece ancora conservano l’antico impianto medievale, con tracce evidenti di fortificazioni, come Teggiano, Atena lucana, Sala Consilina, Polla, Padula, Casalbuono, Sanza e Montesano,  comunicando al visitatore che questo è luogo di storia.
Ma il fascino del Vallo di Diano è anche nei boschi e nelle sorgenti, basti considerare la Cerreta, la cui estensione forestale interessa da vicino il territorio di Casalbuono e Montesano. A disegnare i contorni di questo paesaggio è il fiume Tanagro che attraversando le grotte di Auletta-Pertosa o dell’Angelo, muta il nome in “Negro”. Ed è proprio da Pertosa, all’ uscita autostradale di Polla, che ha inizio il nostro viaggio alla ricerca di prodotti gastronomici che sappiano parlare di questi luoghi.

Vallo di Diano

Vallo di Diano

Il Carciofo Bianco di Pertosa è forse uno dei pochi esempi di prodotto valorizzato grazie al lavoro che si realizza dietro l’organizzazione di una sagra (fine aprile inizio maggio). Nata più di vent’anni fa per sostenere le spese della festa religiosa in onore al Santo Protettore San Vittorio, ha saputo negli anni convincere i pertosani di quanto vincente sia questo ortaggio, oggi presidio slow food.

Bianco e tenero, tolte le poche prime foglie il carciofo bianco di Pertosa compreso nella aree di produzione di Auletta, Caggiano e Salvitelle si mangia anche crudo, il più tardivo d’Italia, viene raccolto una sola volta all’anno. Qui nell’azienda di Luigi Lupo, ex costruttore che da oltre vent’anni si dedica alla terra, si trovano mammarelle in cassettine da quattordici pezzi l’una, ma tra i prodotti primeggiano anche il paté, il carpaccio e i sott’oli di carciofi.

Il contadino in questa narrazione viene prima di ogni cosa: mi asseconda sempre più questo pensiero e proseguo alla ricerca di nuove storie di agricoltura valdianese.

Lascio Pertosa e arrivo a San Pietro al Tanagro dove nasce l’azienda Romaniello, di Michele e Angelo, padre e figlio che hanno proseguito, con leggero cambio di rotta, quello che già Nonno Angelo faceva nella vita. Lui allevatore, di terreni già ne possedeva tanti così che chi lo ha succeduto ha potuto avviare in quegli stessi appezzamenti una produzione di cereali e legumi svolgendo un’agricoltura a rotazione, assecondando così le richieste e le possibilità del terreno stesso. San Pietro attaverso i Romaniello, con il suo Parco dei Mulini, ritorna alla storia delle origini, e anche Nonno Michele nonostante il lavoro di allevatore ha potuto indirizzare nella scelta dei grani la famiglia. Un’agricoltura biologica senza l’uso di pesticidi, Angelo mi mostra i terreni coltivati in una valle soggetta a freddo, acqua, e umidità, ed è per questo che uno dei lotti di terreno è destinato al “Miscuglio San Pietro”: una selezione di semi che andranno a generare frutto solo se adatti a quelle condizioni climatiche e di terreno. Insomma vince il più forte, senza forzare il ciclo naturale delle cose. Tra le farine ottenute da molitura a pietra, la farina di tipo 0, 1 , mais quarantino, di Ceci, Saragolla Lucana e Senatore Cappelli. Di sabato la farina Romaniello viene destinata al pane infornato dai Mastri Fornai di Polla. Oltre le farine, troviamo legumi e ovviamente la pasta lavorata dai maestri pastai di Gragnano.

Vallo di Diano

Vallo di Diano

Lascio San Pietro e mi viene in mente che proseguendo diritto potrei arrivare a Teggiano, da Pietro D’Elia a scoprire i Segreti di Diano. Dal 2017 Pietro è ritornato alla terra d’origine per avviare un progetto di “artigianato agricolo”, lui che l’agricoltura l’ha imparata da grande ha chiarito un concetto che oramai non è più segreto: il suo prodotto non è un “Crusco” termine che indica invece il trasformato, bensì il Sciuscillone.  Oltre il Sciuscillone da Pietro troviamo il Serpentino la versione piccante del peperone anch’ esso gioiello della tradizione agricola locale. Il peperone crusco viene da D’Elia valorizzato come polvere, crema, e chips di peperone essiccato, un ottimo snack per una pausa nella piazza panoramica nel centro di Teggiano, Piazza IV novembre.

I salumi e formaggi del Vallo di Diano riescono a raccontare altre storie di famiglie e tradizioni, come a Sassano con il caseificio “La Luciana” gestito dai tre figli di Giuseppe Cimino: Luciana, Rosa e Michelangelo. Qui le mozzarelle sono fatte interamente con latte di aziende valdianesi da oltre quarant’anni. Salsicce e soppressate delineano invece la volontà di Giuseppe Lisa a Monte San Giacomo di riprendere la lavorazione del maiale come si faceva un tempo. Da provare assolutamente nella sua salumeria artigianale Santo Jacopo, l’orvula nome che deriva dal budello di maiale utilizzato per la conservazione del prodotto, aspetto che ne condiziona la stagionatura, rendendola molto lenta e morbida per lungo tempo. A Montesano sulla Marcellana presso l’azienda Bianculli viene allevato da Antonio Bianculli l’antico suino nero lucano allo stato semibrado. Il punto vendita si trova nel paese dove oltre che il palato viene soddisfatta anche la vista con la Chiesa di Sant’Anna, in stile neogotico costruita grazie a Filippo Gagliardi imprenditore e filantropo di Montesano emigrato in Venezuela.

A Casalbuono da Francesco Amato e Mariateresa –Le Terrazze della Luna- si producono oltre ai fagioli di Casalbuono, piante officinali: tappa obbligatoria è questo ultimo paese al confine con la vicina Basilicata. Il Vallo di Diano, una valle dove le interessanti storie di imprenditori e contadini sono pregne del loro vissuto di uomini e donne con la tradizione nel cuore e nella mani fattrici di prodotti che ti guideranno alla narrazione della storia di questi luoghi.

 

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