Pizza napoletana, perché l’Inquisizione Verace deve finire


Pizza napoletana

Pizza napoletana

di Marco Lungo

Amici, non sono ancora soddisfatto di quanto ho detto della Pizza Napoletana. Non si sono ancora spenti gli echi del mio articolo e l’intervista di Tommaso Esposito ha chiarito solo una parte della questione. Manca ancora l’evidenza della visione strategica che era insita nell’articolo e che pochi, da quanto ho visto, hanno colto nella sua interezza. Bene, vediamo di chiarirla definitivamente in maniera più strutturata.

La prima cosa che ho sempre detto, chiara, è che a me piace e non poco la Pizza Napoletana fatta bene. Questo l’ho ripetuto più volte e fino allo sfinimento, in questo periodo poi non faccio altro che difendere alcuni suoi paradigmi da “attacchi” da parte di storie e mode del momento. Perché? Ma è chiaro: non voglio vedere l’elettronica sul Pagodino (e vi invito a riprendere l’articolo originale per capire il riferimento). Punto. Semplice, chiaro, senza più dubbi.

Quello che sostengo è un’altra cosa: perché limitarsi a “questa” Pizza Napoletana? Perché? Ci sono altre tecniche, altre farine, altre materie prime, altri prodotti finali, perché non possono coesistere a Napoli? Perché ci devono essere associazioni puntate solo sul prodotto STG che invece, parallelamente, non aprono ad altro e lo tutelano al pari della STG? Altro, amici, altro. Via il vincolo dal prodotto unico, altrimenti mi chiedo perché non ci sia ad esempio l’Associazione Crocchè Verace, per dire, che difende la tradizione dall’attacco delle Crocchette diffuse al di fuori della Tangenziale.

Quello che dico con forza è che la tradizione deve essere che a Napoli si fa la pizza migliore del mondo, quella che sia, sia. Sì, amici, perché i migliori pizzaioli del mondo nascono a Napoli, dove si respira pizza accanto al latte materno, non dove te la portano a casa nel cartone. Ora, con questa potenzialità tecnica certa, sicura, riconosciuta da tutti, perché limitarla? Iniziamo a coltivare anche alternative di pizza, appropriamocene e creiamone anche di nuove, non ce le facciamo scippare ancora. Apriamo alle innovazioni legate all’uso di altre farine, altri condimenti, altri impasti ed ingredienti in essi, facciamoli nostri e difendiamoli, difendiamoli come se fosse un tutt’uno, perché è la Pizza di Napoli che deve essere vincente, non una sola.

Creare a Napoli alternative di pizza porta anche ad ulteriori possibilità di sviluppo per i giovani pizzaioli, dà spazio alla loro creatività, li rende più completi e più competitivi su qualsiasi mercato. Possibile che tocchi sentire ancora “scomuniche” nello stesso ambiente pizzaiolo, indirizzate a chi non segue l’STG? La Pizza Napoletana STG deve essere così come è scritta e deve far parte del bagaglio del pizzaiolo napoletano tanto quanto come altre, però che siano riconosciute e non demonizzate, perché bisogna capire che sono comunque patrimonio di Napoli, Napoli, dove si fa la migliore pizza del mondo.

Dare ai giovani pizzaioli una linea diversa di sviluppo, parallela e compresa al pari della STG, secondo me è oggi fondamentale e permetterebbe due cose: il riappropriarsi da parte di Napoli di concetti e tecniche di Pizza sfuggiti ed affermatisi altrove, e nuovi spazi legittimati di crescita e di affermazione per i giovani, giovani dei quali molti avranno un futuro oltre la Tangenziale.

Vedo queste cose sempre meno come un’utopia. Forse, 5-6 anni fa queste cose non le avrei mai scritte, mi sarei arreso alla situazione in essere, non so. Oggi invece vedo che c’è una spinta nuova, ci sono esigenze che nessuno ascolta e fa sue (ma in parte aggregate nel grande Pizza Formamentis del gennaio scorso), e ci sono nuovi confini che si sono allargati grazie ai nuovi nomi della Pizza Napoletana che hanno messo di fatto in costruzione l’uscita 15 della Tangenziale, la “Mondo”. Sarebbe bello farsi trovare preparati all’inaugurazione, uscendo finalmente completi ma soprattutto uniti, invece di stare sempre e comunque a screditarsi gli uni con gli altri, non capendo che oggi queste miserie sono amplificate da Internet e viste come tali in tutto il mondo.

Credo nella possibilità di creare una Pizza Napoletana Moderna, che sia l’evoluzione del Pagodino, ovvero la SLS AMG di oggi della Mercedes. Ci sono tutti i modi e le competenze per farla ma, soprattutto, tanti ragazzi che si impegnano in quella direzione non del tutto coscienti ma, purtroppo sempre, sempre, sempre, con questa Pizza Napoletana STG “contro”. Non può più essere contro.

Basta.

Pensate a quanto sia bello un autosalone in cui ci siano in mostra dal Pagodino alla SLS AMG. Chi non resterebbe incantato a guardarlo? Ecco, è questo il concetto: il pizzaiolo napoletano moderno deve saper fare tutto e al meglio possibile, perché tale deve essere la sua offerta professionale. Completa, e di alto livello. Ripeto, solo un pizzaiolo di Napoli o della Campania in genere può essere così, quindi, perché perdere questo vantaggio competitivo ancora una volta, come ad esempio successe parecchi anni fa, quando arrivarono gli Egiziani e, ad un certo punto, era convinzione comune che erano dei pizzaioli più bravi dei napoletani? Vogliamo che la storia si ripeta? Rendiamo più bravi e completi i nostri pizzaioli, con l’istruzione o anche solo lasciandoli liberi ma appoggiati nel cambiamento e nella ricerca, no osteggiati dalla Inquisizione Verace.

Amici, la finisco qui.

Stavolta penso di aver detto tutto ed in tutti i modi.

Qualcuno dirà A, qualcuno dirà B, qualcuno farà dietrologia, qualcuno parlerà male, qualcuno capirà.

A me interessa chi capisce.

Con loro si costruisce qualcosa, sempre.

 

10 Commenti

  1. Salve Sig. Luongo, contrariamente alla volta scorsa, colgo il senso generale di quanto lei sostiene. La prima impressione che ne ricavo è di stile sportivo:il timoniere di un 8con, che nonostante 4 scafi di vantaggio, incita ancora i suoi vogatori ad un ritmo di partenza. Va bene così, anzi, è una testimonianza autorevole, di un ampio, variegato,competente, trasversale, coro, che da qualche tempo ha definitivamente sdoganato il concept pizza napoletana da un ambito “tangenziale” a fenomeno che vede impegnati, anche oltreoceano, fior di professionisti, che discutono, finalmente , di idrolisi, maturazione, marketing,san marzano e forni elettrici. Il “La” è partito da queste latitudini, potendo contare su un substrato di propagazione non indifferente: le peggiorate condizioni finanziarie e una nuova coscienza alimentare, diffusa e generalizzata, nonchè su un gruppo di “visionari gastronauti”( Il Dott. Pignataro mi scuserà) che in quello che sembrava un ciclo noioso , hanno acceso la luce , provando a schiarire tutte le zone d’ombra che sulla pizza gravitavano. Un concorso di idee e di passioni, una rivoluzione, che oramai già attraversa, autoalimentandosi sempre e trovando nuova brace dai punti di osservazione piu’ disparati, il mondo della pizza napoletana. Mi è chiara l’ansia del fare, del vedere finalmente a “regime” la pizza 3.0, e condivido l’accorato appello , a tutti gli attori comunque impegnati nel concetto di pizza napoletana, a fare “sistema”( che è il punto critico dell’intera filiera agroalimentare del sud, tranne le dovute e debite eccezioni), ma, al contrario di lei, io già osservo la direzione e le nuove esigenze, che vanno appunto nella direzione che lei descrive. Michele Leo per esempio, non è piu’ un caso isolato, oramai le “pizzette” non sono quasi piu’ quella vergogna a cui eravamo abituati. Parallelamente lo stile “napoletano” incomincia a colonizzare , con calma, “cuoncio cuoncio”(ma sempre a velocità impensabili per la fisica dei quanti)mercati inediti:Milano, Torino, Parigi.Va da se che questo crea , e sta creando, inedite prospettive professionali, al netto dei giovani talentuosi che seguono i pochi maestri di questa rinnovata concezione.Siamo nella condizione nella quale, per fare un esempio, si puo’ essere paragonabili ad una banca commerciale:un immenso capitale, una struttura di governo classicamente divisa tra gestionale e commerciale, una data di costituzione recentissima.I primi(gestionali) tutti concentrati affinchè tutte le procedure siano ben schematizzate,applicate, sempre alla ricerca di nuovi modelli di governance, che siano sempre l’avanguardia , i secondi(commerciali) tutti tesi alla fantasia di vendita, ad allargare il pacchetto clienti, mandando qualche volta a quel paese le regole dei gestionali.questo è grosso modo cio che io ritengo stia avvenendo nel mondo della pizza napoletana: le fasi tormentate, ma cariche di forza, che precedono il debutto di un di una splendida e performante organizzazione, che sappia tenere dentro tutto cio’ che riguarda il concetto ampio di pizza, dalla piccola filiale sperduta in montagna, i cui clienti fanno pizze con farina di manioca e acqua ossigenata, magari a porma tronco-conica, fino alla sede centrale, dove sicuramente, ci sono i paladini della classicità. Intanto il risultato sarà che quello è il primo gruppo, e le filiali e le dipendenze invaderanno giocoforza il mondo.Buona Giornata.

  2. Marco fai bene hai tutto il mio Appoggio . Gli Avventori non sono più poveri, non guardano più alla sazietà , ma allo stare bene senza effetti collaterali .( pizza napoletana : troppo glutine ,poco lievito e tanta tanto Sale { il sale oggi disse il glutine “vedi impasto Free-Style” }

  3. Ciao non sono nessuno per criticati o altro ,vorrei invitarti al buon senso e riflettere bene su quello che scrivi ,ogni mestiere nel nascere viene bene se ai amore ,lo so di certo viene bene e buon risultato è nella bocca della gente ,ma pur vero che Dio disse se tuo padre e nella via sbagliata tu non seguirlo ,ogni tara non voglio parlarti in parabole però ti faccio chiaro na cosa io non saprò scrivere ,ma la pizza mi dicono di saperla fare in tutti i suoi contesti ,ma sono certo che chi mette amore passione cultura ,nel capire tutti gli ingredienti che comportano a realizzare una pizza non solo Buona al palato ma al nostro organismo e credo che in tutta Italia c’è ne siano come me ,studiando per prima la materia primaria e non mi rivolgo solo alla forza della farina ma ben altro.E in tutta Italia c’è pure Napoli ci mancherebbe la mamma della pizza ,anch’io pizzaiolo nel mio mestiere sono figlio della città di Napoli ,ma non solo a Napoli sanno fare la pizza o un buon pizzaiolo debba nascere a napoli.non me ne voglia ma spero di aver reso l’idea .salve

  4. concordo Marco, Tradizione, modernità e a a caratteri digitali aggiungo FORMAZIONE multidisciplinare dei giovani pizzaioli e aggregazione e sistema tra tutti i soggetti coinvolti nel mondo della pizza napoletana: associazioni, pizzaioli “vip”, stampa, istituzioni, mondo della scuola, produttori di farine e quant’altro…..La pizza napoletana non può essere una sfinge deve essere dinamica e si dovrà sempre dire che è sempre la migliore del mondo, Napoli = Top Pizza

  5. E’ l’inseguimento di modelli di pizza nati al Nord in contrapposizione alla pizza napoletana.E’ l’accettazione della superiorità di quei modelli nati come alternativi alla pizza napoletana. E’ l’ammissione che la pizza napoletana è una pizza come le altre o, addirittura, di serie B(come il marketing di quei modelli va già dicendo).

  6. concordo su ogni parola…… tra l’altro chi conosce bene l’autore dell’articolo sa benissimo che il suo scopo è quello di distruggere,non di costruire. Ma si sopportano le corbellerie che va raccontando semplicemente perché spacca e chi spacca fa audience.

  7. La pizza è anarchica ! A Napoli e provincia convivono pacificamente pizzaioli di varie scuole e tipologie, si fa innovazione nel rispetto della tradizione .. Marco Lungo vieni a mangiartele un paio di pizze qui che ti arripigli nu poc !

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