Taurasi 2005 docg Boccella | Voto 88/100


Fortunato Sebastiano

Uve: aglianico di Castelfranci
Fermentazione e maturazione: legno grande e bottiglia
Prezzo: da 10 a 15 euro

Colore: 5/5 Naso: 25/30 Palato: 25/30 Non Omologazione: 33/35

Un riassaggio tra i più “sinceri” fatti alla rassegna “Parlano i Vignaioli” lo scorso 20 Marzo a Bacoli. Ricordo che giusto due anni fa, proprio su queste pagine, dopo l’Anteprima Taurasi 2005, era in quell’occasione il suo debutto ufficiale, ne raccontavo inserendolo tra i miei assaggi preferiti pur avanzando riserve, scomposto com’era, sulla sua godibilità nel breve termine; chi ha portato pazienza, si ritroverà oggi nel bicchiere un gran bel bere; già allora però mi colpì parecchio l’integrità del frutto, più dell’inusuale schiettezza.

Le vigne di queste terre, con quelle di Paternopoli e Montemarano, sono sempre state un serbatoio di uve rare e contese, non solo in regione; non mancano infatti, a tal proposito, memorie di lunghi e tortuosi viaggi che queste uve, proprio da Castelfranci partivano per mete lontane mille e più chilometri, talvolta verso nord, sino in Francia, altre invece appena fuori l’uscio di casa, nella vicinissima Puglia degli affari d’oro. E’ indubbio che negli ultimi vent’anni l’Irpinia ha visto sufficientemente stravolti tutti i suoi equilibri economico-produttivi orbitanti attorno al fenomeno vino, praticamente una rivoluzione, che, senza entrare troppo nel merito del ruolo di questo o quel papabile protagonista, sarebbe già ora di rivedere in chiave moderna, riformista come si suol dire, per avviarne immediatamente un’altra, stavolta sul piano delle denominazioni o, se preferite, sull’identificazione specifica delle diverse espressioni territoriali; in tanti se lo augurano ormai da tempo, lo dicono tra l’altro in parecchi tra gli addetti ai lavori, ma ch’io vedo necessario sul breve, giustappunto per non lasciar cadere l’avventore di turno nella tentazione di continuare a pensare che il Taurasi sia solo, per così dire, espressione dell’aglianico coltivato nel grazioso paesino irpino da cui prende origine il nome invece che un’etichetta dietro la quale si celano una moltitudine di territori, vigne ed interpreti decisamente diversi tra loro.

Ecco, Castelfranci è uno di questi, uno dei 17 comuni della d.o.c.g. alla quale porta in dote poco più di 63 ettari di vigna; da un punto di vista geografico, in riferimento alla distensione dell’areale, siamo verso sud della denominazione, con altitudini che passano, anche bruscamente, dai 400 agli oltre 600 metri d’altezza; praticamente da coltivazioni espressamente collinari si arriva ad una viticoltura quasi di montagna, che richiede oltretutto raccolti particolarmente tardivi, spinti di sovente sino alla prima decade di novembre. Qui, verso Sant’Eustachio, a quasi 600 metri, c’è il vigneto di famiglia dei Boccella, poco più di tre ettari votati perlopiù all’aglianico con pochi altri filari di fiano, il tutto a conduzione biologica certificata dal duemilasette.

La sincerità dicevo, questo vino la esprimeva allora come appare chiara oggi, dopo due anni ancora di bottiglia. Probabilmente il Taurasi dei fratelli Boccella non sarà mai un campione di eleganza, penso; eppure chissà se l’opulenza con la quale si esprime oggigiorno non gli conservi sorprese inaspettate come certi Taurasi di Mastroberardino d’antan. Qui la materia prima appare eccezionale, so per certo di una torchiatura tradizionale a mano, di decantazioni e precipitazioni a temperature ambiente (!), di legni grandi per l’affinamento e tanto, tanto tempo da aspettare.
Al momento, dopo appena sei anni, questo duemilacinque m’è parso in splendida forma, con quel suo colore rubino di una vivacità a dir poco invitante, poi con quel naso, intenso, verticale, polposo di frutta ma al contempo intriso di note empireumatiche dolcissime: tabacco, noce, caffè tostato. Ciò che ritorna, anche al palato, è proprio quella splendida e netta sensazione di stare bevendo dritto dalla pianta, e che il tempo ne abbia dovuto solo “addolcire” il sorso, smorzato le velleità acido-tanniche alquanto scomposte, per donargli una beva asciutta, sfrontata, energica. Sapete, ultimamente sembra si sia scatenata una sorte di rincorsa sulla primogenitura di questa o quella scoperta che, boh, a chi interessa poi e a quale pro non s’è mica ben capito; si vince qualche cosa? Ecco, adesso ve lo starete chiedendo anche voi, chi l’ha scoperto Boccella? Chissenefrega, mi verrebbe da dire!

Questa scheda è di Angelo di Costanzo

Sede a Castelfranci (Av) in via S. Eustachio Proprietà: famiglia Boccella Ettari:3 di proprietà Bottiglie prodotte: 10.000 Enologo: Fortunato Sebastiano Tel e fax +39 0827 72574 www.boccellavini.it [email protected] uve: aglianico, fiano

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