Alimata 2011 Fiano di Avellino docg Villa Raiano in Magnum


Era un bel poì che non ci confrontavamo con Alimata, il Fiano di Avellino di Montefrdane pensato da Fortunato Sebastiano per Villa Raiano. Il motivo è semplice, fatti i primi assaggi e provati il vino dopo due tre anni, abbiamo capito che bisognava aspettare un bel po’ di tempo prima di poterne ancora parlare.
E così è stato dopo qualche verticale/orizzontale incrociata.

Ecco allora che abbiamo scelto la magnum del 2011 per vedere cosa succede dopo due anni. Eravamo avvastanza sicuri di un buon risultato perchè l’annata, pur nella sua assurda irregolarità (fresca sino al 15 agosto, caldo tropicale per 30 giorni dopo) ha regalato buone performace ai vini tardivi delle zone più fresche, qual è il Fiano in Irpinia.
La interpretazione di Fortunato Sebastiano è didattiva: con il Ventidue, altro cru di Fiano da uve di Lapio, vince la rotondità fruttata, nell’Alimata, contrada di Montefredane, il vino di riferimento è il Fiano pensato dal professore Antonio Troisi di Vadiaperti, teso e minerale con un rimando fumè e, nel tempo, con sentori di idrocarburi.
Quando abbiamo provato la 2011 al Don Alfonso, questa magnum pescata nella mia cantina dove riposava ormai da sette anni (più i due di affinamento in azienda) ha dato il meglio di se. Penso, a naso, che il vino in questo momento è al suo Zenit. In primo luogo ha immediatamente sprizzato l’energia giovanile che ben conosciamo quando apriamo versioni più recenti. Il naso regala sensazioni citriche evolute, note accennate di idrocarburi, fumè, sentore di mandorla percepito e dichiarato dalla mamma di Giulia Gavagnin, ma anche rimandi balsamici mentolati e di finocchietto. Insomma un naso complesso, in continua evoluzione in base alla temperatura.
Al palato Alimata ha espresso tutta la sua violenta potenza dovuta ad una acidità ancora incontenibile nonostante i nove anni appena trascorsi e che noi percepiamo completamente scissa ancora dopo quattro, cinque anni dalla vendemmia. Una freschezza sapida, fortissima, che tiene insieme la beva e l’accompagna fino al finale lungo e persistente, profumo di eterno.

Un vino che sicuramente avrebbe potuto vivere molti anni ancora ma non sappiamo con quale risultato. Ne riparleremo con le prossime bottiglie che ben ci guarderemo dall’aprire prima del prossimo quinquennio.