Barbera 2007 Sannio doc


DI SANTO

Uva: barbera
Fascia di prezzo: da 1 a 5 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio

I lettori non campani possono evitare di sobbalzare dalla sedia: l’uva in questione non è, almeno secondo gli studi fatti dall’Assessorato Regionale all’Agricoltura, quella piemontese, ma un vitigno semiaromatico del territorio diffuso in Campania sin dalla metà dell’800 e già allora chiamata Barbera dagli agronomi Gasparrini e Frojo. Come dice Nicola Venditti, questa uva di sbagliato ha solo il nome, ma al momento non ci sono altri termini per definirla se non alcune declinazioni dialettali assolutamente ininfluenti. La sua resistenza, nonostante l’Aglianico e la Falanghina abbiano conquistato completamente la Valle Telesina ricacciando sangiovese, montepulciano e altre amenità almeno fuori dalle etichette, è tenace, si identifica quasi esclusivamente nel Comune di Castelvenere, il più vitato della Campania, dove sono almeno una ventina di aziende a produrla. Ieri, nell’ambito dell’edizione numero 31 della Festa del Vino organizzata dalla Pro Loco presieduta da Pasquale Carlo, ci siamo ritrovati numerosi degustatori di Vini Buoni d’Italia a rifare tre batterie: di Coda di Volpe, un 2007 sostanzialmente deludente, Piedirosso, si sta avviando un processo di omologazione nell’ambito degli sforzi di valorizzazione di questo vitigno, e di Barbera del Sannio, ruspante e profumato che ha fatto molto appassionatamente discutere. Almeno in questo settore, la profondità del rapporto fisico difficilmente potrà mai essere sostituita dalla potenza di internet che sicuramente è uno strumento importante ma aggiuntivo alle visite e agli assaggi reali nelle aziende e sui territori. Il bello del vino, in fondo, è proprio la possibilità di entrare dentro la realtà agricola di una regione o di una provincia. Ieri la discussione è stata lunga e appassionante, prima dentro la commissione, poi nel confronto con i produttori sotto il nuovo chiostro dedicato al vino di fronte al comune. Sollecitati da Nicola Matarazzo, ciascuno ha detto la sua e la cosa è andata avanti per circa due ore in un clima rilassato e conviviale dal quale c’era solo da imparare. Il processo di identificazione fra la comunità castelvenerese e questo vitigno lo si evince dal fatto che in molti hanno chiesto di parlare, raccontando come veniva fatta prima: anche il sindaco Mario Scetta è uscito dal ruolo istituzionale per sottolineare come la Barbera del Sannio, essendo di prima raccolta, spesso veniva unita all’agostinella secondo la consuetudine del passato di mettere insieme uve a bacca rossa e a bacca bianca. Mentre scrivo non conosco i risultati del piccolo concorso che abbiamo fatto, più che altro un banco di assaggio a punteggio, a me è piaciuta molto la Barbera di Ugo Di Santo, piccolo produttore di Castelvenere, appena tre ettari e mezzo di proprietà, che ha i vigneti ereditati dal padre Raffaele sulle colline che circondano il centro abitato in alcune delle zone più vocate: Tore, Bosco Caldaia e Colle dei Lupi. La sua Barbera è una spremuta di ciliegia al naso, in bocca è fresca, immediata, in piena corrispondenza fra naso e bocca, caratteristica questa tipica dei vini che non aspirano all’invecchiamento. La berremo sui fusilli al pomodoro fresco, sul pollo alla piastra. Ecco, questo è davvero un esempio di tipicità, cioé di qualcosa ben definito nel corso dei decenni in bocca e al naso, non ripetuto altrove, comprensibile e apprezzabile anche all’esterno e dunque esportabile.

Sede a Castelvenere. Via Scavi 45. Tel. e fax 0824.940755. Enologo: Ugo Di Santo. Ettari: 3,5 di proprietà. Bottiglie prodotte: 8.000. Vitigni: barbera del Sannio, sangiovese, falanghina, malvasia, trebbiano.