Caracci 2008 Falerno del Massico bianco doc Villa Matilde


Caracci 2008

Non finisce di stupire questa annata del Caracci, uno dei bianchi più eleganti della Campania, da sempre tra i miei preferiti. La riproviamo dopo due anni e la troviamo nel pieno della sua maturità espressiva, dotata ancora di una freschezza incontenibile ma soprattutto di grande complessità olfattiva: dal miele alla pasticceria, alla frutta sciroppata sino ad un piacevole rimando fumé. Non pensiamo di esagerare sostenendo che in una batteria coperta di Chardonnay della Borgogna farebbe una bellissima figura. Il vino è in una fase in cui deve essere accompagnato, non accompagnare il cibo. Ha sicuramente raggiunto il suo nadir, è al massimo delle sue potenzialità, quando cioè il tempo è un prezioso alleato e non un elemento al quale bisogna resistere. Il sorso è sapido, il finale lungo e potente, assolutamente amaro rivelando così la sua origine vulcanica. Insomma, un piccolo grande capolavoro.

Scheda dewl 27 settembre 2019. Vini complessi per cucina complessa: cosa di meglio di un Vigna Caracci 2008 per i piatti di Domenico Candela, l’eccellente cuoco che ha inaugurato la nuova stagione del Parkers. Quando il sommelier ci avverte della sua presenza non esitiamo e la scegliamo certi di fare risultato, un gol a occhi chiusi da centro campo. Ed è quello che avviene con questo bianco in cui frutto e legno sono perfettamente fusi, elegante, teso e complesso al palato con un allungo spaventoso. Davvero un piccolo grande capolavoro di una delle nostre etichette campane preferite da sempre. Cosa dire: l’azienda lo fa uscire con il giusto ritardo, quasi due anni, ma noi vi invitiamo a conservarlo per tempi molto più lunghi. Certo la 2008 è millesimo perfetto ed è facile parlarne bene, ma a distanza di dieci anni ci ha travolto l’energia di un vino davvero buono, un protocollo ormai collaudo che conferma come sia importante il giusto uso del legno per fare cose belle.

 

Scheda del 24 dicembre 2012. La Magnum ha il vantaggio di chiedere condivisione. Come evitare di berne una di Caracci alla cena di Slow Wine al President di Pompei anche se fuori programma?Il bianco riposiziona il palato come piace a noi: attacco secco, freschezza laterale e nitida e pulita percezione di amaro in fondo al palato. Il naso all’inizio presenta un eccesso di legno che però, dopo oltre quattro anni, appare in fase di assorbimento da parte di un fruttoagrumato integrato. Le note dolci di spezie, comunque mai vanigliose e tantomeno burrose si confondono ben presto in quelle di erbe di campo, piacevoli spunti vegetali, macchia mediterranea, frutta gialla.

Il bianco è integro, l’apertura della Magnum è giustificata dalla bellissima compagnia e dalla voglia di condividere, ma saggezza avrebbe voluto la sua conservazione per almeno una decina d’anni. Concepito per essere bevuto sui tempi lunghi, il bianco dei fratelli Maria Ida e Tani Avalone sicuramente ha un allungo e una bella bevibilità immediata. Esige, come in tutte le precedenti versioni, di piatti di magro molto strutturati, oppure piatti popolari napoletani e campani.

Qualche passo in avanto rispetto alla sua prima uscita pubblica, avvenuta durante la verticale di Falerno Bianco a Vitigno Italia è stato certamente fatto. Ma il meglio deve ancora venire.
Una bellissima esecuzione che io farei uscire solo in Magnum, per creare una passione giusta attorno ad uno dei grandi vini bianchi della Campania ancora fuori dai riflettori mediatici.

Sede a Cellole, Via Domitiana, 18, Km 4,700 Tel. 0823 932088, fax 0823 932134.
www.villamatilde.it [email protected] Enologo: Fabio Gennarelli con la consulenza di Riccardo Cotarella. Ettari: 90 di cui 62 vitati Bottiglie prodotte: 750.000. Vitigni: aglianico, piedirosso, abbuoto, falanghina, coda di volpe, Greco di Tufo, Fiano di Avellino e Taurasi docg nella Tenuta aziendale di Altavilla

Un commento

  1. Con il cenone della vigilia io ho avuto il piacere di bere la 2006 in formato “normale”: bottiglia che avevo comprato in azienda alcune estati fa.
    All’apertura sughero in perfette condizioni; nel bicchiere il colore è assolutamente integro e luminoso di un piacevole paglierino. L’attacco è di un elegantissimo sentore cipriato, che dopo un po’ lascia percepire agrumi e fiori bianchi, per poi chiudere con un delizioso profumo di orchidea che sarebbe sicuramente piaciuto a Nero Wolfe. All’assaggio è ancora decisamente alcolico e ben sapido, giustamente fresco in parallelo. E’ suadente quando si stende in bocca, e con grande eleganza si impossessa del palato rimanendoci il giusto, senza peccare di protagonismo.
    Grande impresa (e sorpresa, obiettivamente, di chi ardisce) per il vitigno campano che fino a pochissime decine di anni fa “era buono solo per la butòn”.

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