Coronavirus. Leonardo Vallone: finisce per sempre il modo medioevale di vendere il vino


Leonardo Vallone direttore vendite Allegrini

Leonardo Vallone, direttore commerciale di Allegrini, una lunga militanza nel settore vino e una profonda conoscenza del settore enogastronomico. Ecco un riferimento privilegiato per cercare di capire cosa sta succedendo nel settore.

Leonardo, pochi come te conoscono la ristorazione italiana, non solo quella stellata, ma soprattutto quella che è attenta al vino. Qual è la tua percezione sul quel che sta accadendo in questo settore? Cosa secondo te ci si può aspettare nell’immediato?

La ristorazione stellata è quella che dovrà affrontare questa crisi con il pensiero più trasversale di tutti. Mancheranno infatti i finanziatori diretti ed indiretti di questo mondo, gli spazi già piccoli e i “coperti giornalieri” già minimi, ora si ridurranno ancora di più. Non c’è più spazio per l’improvvisazione economica di queste strutture. Nell’immediato ci saranno tante chiusure. Poi pian piano questo settore si affiderà ai colossi della ristorazione e dell’hotellerie che in 2/3 anni si organizzeranno per prendersi gli spazi che le famiglie storiche e le piccole aziende di ristorazione dovranno inevitabilmente lasciare. Certo è il De profundis delle guide che non avranno più senso di esistere, ma ritorneranno “le specialità locali” quelle daranno forza agli chef che credono sempre di più alle loro territorialità, dove si potranno trovare eccellenze, ma anche abbassare i costi, e rispondere meglio alla domanda che da internazionale diventerà locale. Ma il futuro sarà tutto da scrivere e potrebbe essere meraviglioso…

Veniamo al mondo del vino. Tu lo vendi per mestiere e quindi la prima domanda che mi viene da fare è: sta cambiano il tuo mestiere? E come?

Il consumo del mondo del vino ha sempre avuto oscillazioni in concomitanti di grande eventi sociali. Nel 1900 si consumavano 100 litri di vino, dopo la pandemia di spagnola nel 1922 si arrivò al picco di 122 litri. Poi la guerra li ha ridotti a 60, e soltanto nel 1975 si è tornati a consumare 100 litri dopo vari boom economici. Poi i nostri anni, dove la qualità ha preso piede e i consumi si sono abbassati a 33 litri, ma sono aumentati i margini. Ora siamo come nel 1941, ovvero in guerra. I consumi nel 2020/2021 non supereranno i 25/30 litri procapite. Poi avremo un boom e forse ritorneremo al di sopra dei 50 litri pro capite…ma dovremo prepararci per bene.
In questo contesto, il ruolo dell’agente termina come mediatore di vino e dovrà diventare sempre di più un opinion leader credibile. Il business direzionale come il web e la Gdo diventerà più ampio, e quindi si dovranno creare delle figure di account manager che sostituiranno le figure di area manager…ovvero manager di settore e di canali piuttosto che di aree geografiche. Un  direttore commerciale o un general manager dovrà pensare sempre di più ad allargare le proprie relazioni per migliorare la comunicazione, l’offerta commerciale, e la riduzione dei costi.

Quali contromisure avete preso di fronte al lockdown e al crollo del  settore Horeca?

Con l’associazione ISWA (Italian Signature Wines Academy, ovvero 9 aziende che cercano di comunicare insieme il valore del vino italiano Planeta, Feudi, Masciarelli, Caprai, Frescobaldi, Bellavista, Fontanafredda, Allegrini e Villa Sandi) abbiamo attivato comunicazioni e attività promozionali congiunte sul web a livello nazionale e a livello internazionale, ponendo l’accento sul concetto di “orgoglio italiano”. Lo sviluppo del vino nelle consegne rapidissime (come i vari delivery) sono e saranno sempre di più un punto fondamentale per far fruire il vino ai consumatori. In questo momento abbiamo bisogno di fare re-ingegnerizzazione del sistema vino e della ristorazione; ma abbiamo bisogno anche dell’abbandono del feudalismo medioevale delle aziende vitivinicole, con l’apertura a nuove forme di collaborazione, di comunicazione e anche di ottimizzazione dei costi, riducendo i costi mediante acquisti comuni.

Quali sono le tendenze di acquisto tra i consumatori in questo momento?
La prima evidenza è che i consumi si sono standardizzati in tutto il mondo. Non esiste più una tendenza americana, o asiatica, o europea. Tutti i trend sono piuttosto simili. Pertanto si comprano soprattutto vini bianchi e rosati perché il consumatore medio conserva a casa vini rossi, ma non bianchi e rosati. In seconda battuta l’età media del consumatore si è abbassata è la categoria che oggi vale circa il 35% degli acquisti è la generazione Y ovvero quelli sotto i 35 anni. Altro elemento importante i vini al di sopra dei 100 euro crollano del 97%…praticamente è un consumo azzerato. Pertanto si comprano meno Champagne,Borgogna, Barolo, Brunello…e top wines. Ma si bevono di più i vini con rapporto qualità prezzo elevato. La GDO si scopre come porto sicuro per i consumatori generici, il web per gli appassionati e gli esperti.

Ci sono degli insegnamenti di questa crisi che le aziende devono   applicare per il futuro se vogliono sopravvivere?

Stop alle spese folli che il mondo del vino si era concessa in questi anni. Ritorno all’understatement e al servizio verso i clienti finali. Gestione di costi, ma anche creazione dell’offerta territoriale.
Il servizio di logistica dovrà avere un ruolo chiave nella sopravvivenza. Consegne veloci e piccole. Pagamenti sostenibili. Riordini più frequenti. C’è da imparare da altri settori che hanno già questa caratteristica.
Sarebbe poi straordinario, e mi piacerebbe farmi promotore, di una richiesta di creazione di strumenti finanziari sostenuti dal governo italiano per sostenere i settori più importanti del Made in Italy come il vino. Una sorta di Futures, obbligazioni, o dei vecchi BOT e CCT che lo Stato può creare (o garantire) legati alle future performance delle aziende del Mondo del Vino. La ricerca di liquidità e di capitali per finanziare il nostro settore non può trovare strade convenzionali, o almeno non soltanto.

Infine, il mercato italiano del vino è fatto di export. Cosa sta succedendo nel mondo?

Abbiamo spostato i budget dedicati alle Fiere verso la comunicazione sulle app e sui social. Wine.com ( la più grande piattaforma di vendita del vino con un fatturato di 200 milioni di euro e di 1 milione di euro con al sua Fondazione) in un suo webinar di qualche settimana fa, ha chiesto a 150 produttori di fare sistema per spingere le vendite e di far informazione verso i clienti finali in maniera sinergica. Il tempo del medioevo commerciale del vino è finito, se non ci uniamo e creiamo forti sinergie, i nostri brand del vino saranno fagocitati dai grandi colossi mondiali. Servono le Banche, serve lo Stato…ma serve soprattutto un nuovo modo di pensare dei produttori di Vino.

7 Commenti

  1. Grazie per l’articolo che, a mio parere, condensa in poco spazio il mio pensiero e le mie sensazioni. Inevitabilmente lo scenario prospettato sarà quello che troveremo oltre la porta di casa.

  2. I Grossi produttori dovranno molto più rispetto ai singoli.
    Vendite a prezzi più equi anziché cedere totalmente alla gdo con pagamenti futuri.

  3. Insomma, per uscire dal medioevo la soluzione è: rivolgersi alla GDO e chiedere aiuti allo stato?

  4. Salve Alberto. Per la GDO ho soltanto detto che è un porto sicuro per il consumatore non esperto, le ricordo infatti che già ieri il 64% del vino italiano veniva venduto in GDO. Con la pandemia la GDO conferma il suo ruolo, mentre il web sale nelle vendite. Per il ruolo dello Stato invece mi pongo una domanda: ma è normale che in Italia si facciano rottamazioni per frigoriferi, lavatrici, ecc.. (note produzioni italiche) e non per il vino, il cibo e la produzione agricola??? E poi sarebbe bene valutare strumenti finanziari non convenzionali, non soltanto quindi l’intervento dello Stato. Grazie per la sua lettura e il suo commento.

  5. L’Italia sconta un peccato originale nei riguardi della grande distribuzione che risale agli Agnelli che non hanno mai creduto in essa non potenziando ad esempio la Rinascente.Se i francesi sono Leaders in Oriente ed in particolare in Cina con i loro vini è grazie alla GDO.Questo fino ad ora.Da oggi(e dico purtroppo)meno poesia più aggregazione(piccolo non è più bello)più economia con uso intelligente della tecnologia.FM

  6. Leonardo, innanzitutto la ringrazio per aver voluto rispondere.

    Per quanto riguarda la sua: devo sottolineare che intanto la GDO tiene, in quanto è l’unico canale distributivo – o quasi – a cui è stato consentito di rimanere operativo… Mentre, come lei stesso sostiene, è in forte crescita la vendita on line che, in Italia, stentava a decollare…

    Questo lascia immaginare che il pubblico è sempre più interessato ad un approccio professionale alla questione, tanto da superare uno scoglio che, fino ad ora, sembrava insormontabile.

    La specificità del mondo vino italiano, però, contrariamente alle esigenze di alcuni grandi gruppi, è legata a produzioni piccole o piccolissime. Costoro necessitano di un’attenzione particolare che canali come quello indicato non possono garantire. Al contrario!!!

    Il problema è che i micro produttori, hanno il merito di aver salvaguardato un tipo di approccio alla viticoltura che, con la sfida del riscaldamento globale – ben più grave e sistemica -, potrebbe essere ciò che la salverà in Italia. La salvaguardia del patrimonio ampelografico autoctono, passa attraverso questi ultimi: è un dato di fatto!!!

    Per quanto concerne gli aiuti statali ed europei… non è che l’agricoltura e anche la viticoltura non ne riceva…
    D’altronde che il comparto, finalmente, riesca ad organizzarsi, magari con un organo come il CIVC francese, in grado di mettere assieme piccoli e grandi, è solo un bene…

    Saluti

  7. Salve Alberto. Condivido il suo pensiero che integra e amplia le mie riflessioni. Il frutto di strumenti finanziari non convenzionali dovrebbe andare a beneficio soprattutto dei piccoli produttori, o comunque a coloro i quali hanno un problema di liquidità. L’esempio del CIVC è centrato, da sviluppare anche sul piano di sostegno economico mediante strumento finanziari. A presto

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