Garantito IGP. Azienda Agricola Altura, il professore del vino nell’isola del Giglio


Francesco Carfagna

di Stefano Tesi

L’UOMO. “L’uomo che piantava gli alberi”, di Jean Giono, è la storia di un pastore che, seminando ogni giorno ghiande di quercia, riuscì nell’arco di un’esistenza a restituire la vita all’intera montagna, desertificata dall’incuria dell’uomo.

Nel suo piccolo, oggi, lo stesso si potrebbe raccontare di Francesco Carfagna, classe 1951, “professore di matematica ma soprattutto capomastro rurale”, come lui ama dire di sé, oltre che oste e vignaiolo. Un tipo proteiforme.

Perché Francesco, in una sorta di fatale percorso a ritroso, si è ritrovato nel mezzo del cammin della sua vita ad inseguire un sogno che è presto diventato un progetto. Anzi, una magnifica ossessione: resuscitare gli antichi vigneti dell’isola del Giglio.

Una vista dei vigneti al tramonto

Ettari ed ettari di gloriosi tralci aggrappati come licheni ai fianchi dell’isola, intrigati tra le rocce e divorati dalla macchia che scendeva fino al mare. Impresa ai limiti dell’utopia.

Vigneti terrazzati al Giglio

Che tuttavia non ha impedito a Carfagna – un passato pure da poeta, con performance a fianco di Allen Ginsberg – di recuperare, in dieci anni, 4 ettari di antichi terrazzamenti e di rifare a mano, sasso dopo sasso, dieci chilometri di muretti a secco. Il tutto per la soddisfazione di produrre qualche quintale del tradizionale vino gigliese, l’Ansonaco.

Ansonaco del Giglio

Chilometrico anche l’elenco degli attrezzi manuali che ha usato: zappe, zappone, zapponcelli, marre, bidenti, grandi piccoli, corti lunghi, sterpaiole, da scasso, maleppeggio, zappe da orto, a cuore a vanga a taglio più larghe più sottili, corte lunghe medie, più pesanti, più leggere, picconi, pali di ferro, vanghe, pale.

L’obbiettivo iniziale era di arrivare a tremila bottiglie, è arrivato a seimila.

“Vent’anni fa il nostro vino non lo faceva più nessuno, c’era rimasto solo qualche. Oggi è tornato di moda, ma io sono l’unico che l’ha fatto per davvero fin dall’inizio, perché gli altri portavano l’uva sul continente e la vinificavano lì”, dice al fresco della sua minuscola capannuccia (camino, cucina, branda e vista accecante sul Mediterraneo) in mezzo al vigneto.

Lui ha aperto la strada, qualcuno gli è andato dietro. Con buoni risultati, pure. Francesco non ne è geloso, anzi. Sulla primogenitura però non transige. “Anche se – chiarisce – il mio è un Ansonaco tradizionale, puro, genuino ma moderno. Nulla a che fare con i vini torbidi e quasi arancioni che una volta si bevevano in casa”.

Grappoli di Ansonaco del Giglio

Lui se li ricorda bene: da buon romano, al Giglio ci veniva in vacanza negli anni ‘50. A 21 anni trasloca a Firenze per studio e per amore, anche se la sua passione era fare il muratore: si pagava l’università impermeabilizzando i tetti delle fabbriche. Dopo la laurea, sette anni a insegnare nei licei. Troppo. La carriera termina nel 1985, quando si trasmuta in “capomastro rurale” nelle coloniche fiorentine. Poi il lavoro lo riporta al Giglio: trasloco nell’86 e l’anno dopo apertura di un ristorantino a Giglio Castello. L’Arcobalena, lo chiama. Già, perché se la cava benissimo anche coi mestoli. Un successo. L’anno scorso lo sfrattano e lui riapre a poche centinaia di metri.

Nel frattempo, durante i lunghi inverni passati a poetare, filosofare e passeggiare sui tratturi isolani, contemplando il mare e le tenaci viti sopravvissute all’abbandono, scocca l’ultima scintilla. Quella fatale: le vigne. Il destino? Francesco lo commenta così: “Niente si può cambiare / di ciò che è destinato / ma è destinato / che il destino cambi”.

Bianco 2010

L’AZIENDA. Altura: quattro ettari ad alberello basso e guyot, completamente terrazzati subito prima del faro di Punta Capel Rosso, sul versante sud-ovest dell’Isola, a ridosso del mare, con terreno sabbioso e acido. Circa 8500 ceppi/ha, radici profonde sotto le rocce, rese di 40 q.li. Trattamenti? Nessuno: “Solo letame di vacca quando si può, vinacce proprie e concimazione verde, zappatura manuale sui filari, inerbimento delle terrazze con trifoglio, fiori, erbe selvatiche e parte colture orticole con sfalci periodici”. Zolfo scorrevole qualche volta, fra aprile e giugno.

Punta Capel rosso, il faro, le vigne

I VINI.

Sono due. L’Ansonaco “Carfagna”, naturalmente, un Maremma Toscana Igt di colore oro rossiccio, intenso e caldo, caratterizzato da un profumo antico e naturale, che ricorda il sole e la pietra rovente, il frutto maturo, il salmastro. In bocca è pastoso, ricco e denso, molto diretto e godibile, pulito ma capace di conservare un solenne gusto contadino. Dà il meglio se bevuto a temperatura di cantina. Seimila bottiglie in tutto. Poi c’è il Rosso “Saverio”, anch’esso Maremma Igt. Appena millecinquecento pezzi e un uvaggio che è un programma: “Uve miste dell’Isola del Giglio”.

Saverio Carfagna in vigna

I suoi 14 e passa gradi si sentono tutti. Prima nel calore di un bel rubino scuro e poi in un profumo che, dopo averti sorpreso con un’inattesa eleganza modaiola, si evolve in rustico con note persistenti di frutti rossi ipermaturi e di macchia isolana, ma senza mai saturare i sensi. In bocca è caldo, piacevole, strutturato e con un tratto alcolico deciso, che non disturba grazie a una consistenza scorrevole e alla mancanza di fastidiose concentrazioni.

Rosso 2010

Il costo? Alto, come del resto lo sono l’esperienza che si fa a berlo e gli sforzi richiesti per produrlo: 30 euro per l’Ansonaco e 35 per il Rosso. I privati possono comprarlo direttamente (0564/806041 begin_of_the_skype_highlighting
0564/806041
end_of_the_skype_highlighting
oppure [email protected]) oppure cercarlo in enoteca (a Roma: Casa Bleve e Settembrini, a Centro Botanico Naj Oleari e Ricerca).

Francesco Carfagna in vigna

IL CONCERTO.

Grazie all’amicizia di un gruppetto di straordinari musicisti (Daniela Petracchi al violoncello, Myriam Dal Don e Mauro Tortorelli ai violini, Demetrio Comuzzi e Paola Emanuele alle viole, Riccardo Agosti e Daniela Petracchi ai violoncelli, Maria Grazia Bellocchio al pianoforte, clavicembalo, spinetta) venerdì 29 luglio Altura organizza in vigna, all’ora del tramonto, un concerto di archi, “con la musica che termina quando il sole se ne scende sotto l’orizzonte”.

Concerto in vigna, vista mare

Semplice, informale, altissimo livello artistico e ingresso libero. Motto: vento, sole, cuscino e scarpe comode.

Azienda Agricola Altura

tel&fax 0564 806041
[email protected], località Mulinaccio,
58012 Isola del Giglio (GR)

Pubblicato in contemporanea su
Alta fedeltà
Italian Wine Review
Lavinium
Luciano Pignataro WineBlog
Winesurf

9 Commenti

  1. Rimango sempre affascinato, intimidito, incazzato della mia pochezza, di fronte a questi visionari che intraprendono miliardi di cose dando sfogo ai loro sogni. Ci vuole coraggio, e capacità ovviamente, ma soprattutto anche la sana beatitudine di godersela. Altro che eroismo. A noi comuni mortali non resta che consolarci del fatto che qui e là ci sia qualcuno che, realizzando i propri, dà un senso anche ai nostri asfittici sogni. Ma quello di andare al Giglio, ora, prende corpo, come quel vino ;-)

  2. Altroche’ se mi e’ piaciuto. Conosco questa stupenda persona. Ogni anno , alla riapertura del ristorante viene da Lorenzo al forte a portare i suoi vini, in ciabatte e pantaloni corti, abbronzato a febbraio. Ho a casa una bottiglia del suo fantastico ansimavo con dedica personalizzata. Una grande , emozionante persona:-))

  3. Bravo Stefano Tesi fregato sul tempo avrei ma onore al merito fare pure io una recensione a questa piccola grande azienda familiare, bel vino anzi grande, bella persona luogo incantevole, e te bravo e competente come sempre. Ciao Lido Vannucchi

  4. anzi gurda gurda ne ho giusto una scorta in enoteca, ed occola stappata un brindisi a tutti ma soprattutto a chi salvaguarda il territorio e lo divulga come Francesco Carfagna. ciao Lido

  5. Non fare caso, Fabrizio . Lido oggi si e’scolato la cantina di Romano a pranzo…

I commenti sono chiusi.