Giugliano (Na), Trattoria La Marchesella


Via Marchesella, 184
Tel. 081.8945219
Aperto sempre
Chiuso mercoledì
www.fenestaverde.it

Siamo fuori dal centro della città in un locale ristrutturato di recente in stile moderno, quasi essenziale, con i colori azzurro e panna delle pareti e il legno chiaro delle suppellettili. L’atmosfera è familiare e serena, del tutto inaspettata nel contesto urbano, che caratterizza questa area posta a nord della provincia napoletana. L’ accoglienza è calorosa, ma decisa e professionale: il menu è recitato e descritto a voce con toni cordiali dal cameriere o da uno dei proprietari, che condivide la gestione con la sorella cuoca Gena Iodice, simpatico diminutivo di Genoveffa. In cucina c’è anche mamma Angelina, che sorveglia e papà Antonio, che rifornisce la dispensa con alcuni suoi prodotti di eccezionale fattura, come il mozzariello. Si chiama così da queste parti ‘o sausiccio ‘e purmone, il salsicciotto fatto di polmone suino con piccante, che d’inverno arricchisce la minestra maritata. La famiglia Iodice fa ristorazione a Giugliano da oltre sessanta anni. Nel cuore del paese ci sono, infatti, le altre due sorelle, che mandano avanti l’antica Fenesta Verde, dove lavorava il primo vero cuciniere: il papà di mamma Angelina. Intanto gran parte della casa è tutta raccolta qui per dare corpo ai sapori tradizionali del territorio.A cominciare dai famosi fagioli di Villaricca, che insieme ai cannellini del Pantano di Acerra e ai fagioli Zolfini di Visciano menavano vanto già nelle più antiche mappe gastronomiche campane. E questi fagioli di Villaricca, bianchi, sodi, carnosi sono presto serviti in buona compagnia delle castagne nella zuppa, profumata di un buon olio sannita, che dà il benvenuto. I pani sono appena sfornati e fragranti nelle loro semplicità, mentre una parmigiana di melanzane bianca, senza pomodoro questa è la piacevole sorpresa, prelude al famoso gattò di Gena: quello servito come antipasto e farcito con salsiccia e friarielli. Vale la pena di giungere fin qua semplicemente per gustarlo, lasciarlo sciogliere lentamente al palato e dire: basta così. Eppure non si può non assaggiare i teneri succulenti gnocchi conditi con vongole veraci e fiori di zucca oppure quelli conditi con fonduta di formaggio e porcini. Chi si aspetta una cucina senza carattere si sbaglia. Quella di Gena è sapida, genuina perché ricca non soltanto di materie prime scelte accuratamente, ma pure di amore e passione. Lo si vede nella presentazione dei semplici maccaroncelli lardiati, che riassumono la storia stessa della tavola giuglianese. Per i contadini di un tempo ripassare con il lardo gli avanzi di pasta era il modo più comune di fare colazione quando affrontavano la fatica dei campi. La rilettura del piatto rende la pasta gustosa e decisa. Anche le carni sono buone e vengono preparate, come nel caso del filetto, con una farcitura tutta particolare a base di formaggio ragusano e pancetta casalinga. Preferire il formaggio siculo ai provoloni campani è uno dei pochi vezzi esterofili, che la cuoca si permette. Sono buoni anche il pescato, che giunge e le variazioni di baccalà in tempura o con i pomodorini. Da non perdere il tortino di mela annurca, che esalta la tipicità locale del frutto o il gelato di noci, che per l’aroma prende in prestito il nocillo dai Curti di Sant’Anastasia. La carta è attenta ai vini regionali. Sui 40 euro il conto con giusta valutazione della rapporto prezzo-qualità.

Tommaso Esposito