I peperoncini di Camporosso


 

I peperoncini di Camporosso alla Trattoria la Madonnina, da Fulvio. A Sanremo

– del Guardiano del Faro –

E uno subito pensa, ma dove sarai mai Camporosso e che cavolo di interesse  gastronomico  potrà mai avere sviluppato questo posto sconosciuto. Calma, cominciamo a dire che questo brandello di territorio fa parte della ristretta schiera di comuni d’Italia ad aver potuto vantare la presenza sul proprio territorio di un ristorante DUE stelle Michelin. Questo è un conto che non ho ancora fatto, ma credo siano attorno al centinaio i municipi italiani che abbiano avuto l’onore, non di più, o forse non molto di più,  e quindi se una persona ama la gastronomia italiana dovrebbe ricordarsi di Samboseto come di Camporosso, ma lo stesso discorso vale per Boves, Tricesimo ed Argenta,  il perché è il medesimo.

Una volta verificato il blasone del luogo perché andare a cercare una tipicità botanica dalla storicità inesistente?

Perché questo comune vanta curiosamente una alta concentrazione di immigrazione calabrese. Motivi di Stato, motivi di Frontiera, motivi di ferrovie, motivi edilizi, varie ed eventuali, non mi interessa andare a fondo su questo tema, anche se ho qui in libreria un bel tomo che la racconterebbe bene quella storia, forse partendo dalla costruzione della ferrovia nella seconda metà dell’ottocento. Ferrovia che taglia il comune di Camporosso in prossimità della spiaggia, l’ultimo comune prima di XXmiglia. 

Camporosso (IM)

Però il motivo della “piperetta”, così come viene confidenzialmente e affettivamente chiamata nella zona la piccantissima piantina , è qui coltivata in decine di varietà a causa della passione numero uno di un cuoco alessandrino di lungo corso ed elevato al rango di Cavaliere del peperoncino : Fulvio Bordogna, alias Fulvio il Trattore .

Bangalore torpedo,  Antillais Carribean, Habanero,  Speed ball, Hot orange,   Aij omnicolor,  Fiesta, Tepin … ecc… a conferma di una curiosa passione che collega a doppio filo la botanica e la cucina, perchè da Fulvio, nella sua autentica trattoria di quartiere, molto defilata ai margini di Sanremo, aveva sviluppato ricette infinite sopra questo ingrediente , così diventando un riferimento del luogo su questo tema.

 

Da quando abbandonò la cucina classica di Palazzo, da quando al Casinò si faceva cucina classica ma fu chiamato Vissani a “nobilitare” e rimodernare uno stile consolidato e di successo. Lui colse l’occasione per andarsene e mettersi in proprio, continuando per la sua strada. Con gli anni questo localino di venti coperti diventò la mia “mensa” confidenziale in città. Quattro chilometri a piedi, avanti e indietro, che giustificavano i ricchi e copiosi menù di giornata, dove un assaggio di penne all’arrabbiata con almeno cinque tipi di peperoncini diversi non mancava mai.

Fulvio Bordogna

Ma perchè ne parlo? Si direbbe una situazione pressoché privata, o comunque limitata ad un interesse personale. Invece no, perché Fulvio e Signora a fine anno chiudono, hanno deciso di tirar già la saracinesca definitivamente. E questo è un brutto segno, è un brutto segno  quando spariscono le vere trattorie di quartiere e contemporaneamente si aprono pizze al taglio e gelateria finte-artigianali, no,  non va bene.

E allora penso ad una giornata tipo, anzi,  una mattinata “tipo” :  Ore 9 al mercato, carciofi, i primi, non i migliori, ma la voglia  è tanta. Un mazzetto di erbe aromatiche, non si sa mai cosa farne fino a quando non ci metti dentro il naso , fino a quando non arrivi a casa e ti piazzi in cucina con  l’indecisione da abbondanza di profumi.

Sardenaira, non chiamatela pizza... questo è lo snack di Sanremo

Una sosta dal macellaio di fiducia, una costata di fassone. Una sosta al mercato del pesce, un trancio di spadino preso qui davanti e qualche gambero testa viola. Una pausa al barettino del mercato, bianchetta genovese, bocconcini di sardenaira , crostino con pomodoro cuore di bue e acciughe fresche con timo al limone. Ancora qualche giro a vuoto prima di un Martini al Pravda. Fame! Altri tre chilometri a piedi verso il quartiere di San Martino per due penne o uno spaghettino all’arrabbiata in buona compagnia.

Certe cose è vero che le apprezzi e le valorizzi meglio quando mancano, in questo caso il disagio è già anticipato sul fattore temporale.

Mi auguro solo che la decisione non sia definitiva o che comunque sia frutto di una fase di riflessione, una pausa, un riposo fisico e mentale , una ricarica di batterie per poi ripartire di nuovo nel medesimo luogo o altrove, se no dove vado a mangiare delle vere penne all’arrabbiata?

 gdf

5 Commenti

  1. quanto serve per tenere aperta la baracca ? facciamo una società di mutuo soccorso. io metto UN MILLINO. pero’ della cantina TU ,GARDIEN , NON TE NE OCCUPI !!! CHIARO ??

  2. Ripensaci nun ce lassa, non chiudere , ……almeno prima di conoscerci !!!!!!!!!!!!

  3. amici! ringrazio per le belle parole e spiego: la decisione di chiudere non viene da difficoltà finanziarie,per fortuna lavoro bene nonostante la crisi, bensì da considerazioni personali quali i 42 anni di onorate “marchette” accumulati e la volontà/necessità di dedicarmi un po’ alla famiglia, nipotinio in testa, che ho per tanto tempo trascurato. Quindi eccomi a cercare un sostituto per mandare avanti “la Madonnina” che comunque anche se non si presenta nessuno, chiudiamo il 31/12.
    cordilamente, fulvio.

  4. Ummmmmm..questo snack di Sanremo, in foto anche stasera alle 21,30, mi gusterebbe molto……. spero di riuscire prima o poi ad assaggiarlo… (chi vuol, capire capisca ) un bacio a Marzia !!!! ciao

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