Il ragù a modo mio con omaggio a Rummo


Il ragù a modo mio con omaggio a Rummo

Il ragù a modo mio con omaggio a Rummo

di Fabiola Quaranta

Ieri sera riflettevo sul fatto che gran parte dei piatti tradizionali di ogni paese è  a base di carne e verdura. La cucina, in ogni dove, è un patrimonio da custodire ed ogni ricetta è un piccolo tesoretto da difendere gelosamente con sempre maggiore difficoltà vista la multiculturalità in cui tutti noi, volente o nolente, viviamo. La cucina è fatta anche di odori, che inevitabilmente riportano alla memoria sensazioni, che emergono come istantanee di una vita a ricordarci chi siamo e da dove veniamo. Ebbene, in questo week end d’autunno, ho onorato le mie origini napoletane diffondendone orgogliosamente il profumo in tutto il condominio milanese che da qualche anno mi ospita… Il  “tracchia day” anche quest’anno ha avuto la meglio su ogni buon proposito di cucina light a prova di colesterolo e, con somma soddisfazione e grande attaccamento alle radici, con i nostri amici napoletani trapiantati al nord e milanesi maritati coi suddetti, abbiamo deliziato il palato con il più classico piatto della tradizione napoletana: il ragù (a modo mio). Le origini sono antiche e popolari, il termine francese ragout deriva dall’aggettivo “ragoutant” che significa allettante, appetitoso o stuzzicante.

In ogni famiglia esiste una ricetta, un ingrediente segreto, ed è quasi inevitabile la percezione che il “ Raù di mammà” sia quello più buono in assoluto. Ho ricordi vividi di quando venivano i miei amati nonni a pranzo la domenica e il profumo di questo intingolo meraviglioso di salsa di pomodoro e carne si diffondeva in casa già fin dal sabato. La preparazione è lenta, richiede dedizione e cura: ore e ore di cottura a fuoco lento…un impegno non da poco per una società che corre senza sosta e preferisce i piatti pronti da scaldare in padella in cinque minuti. Vivo a Milano, ho dei figli che purtroppo non hanno la gioia di avere i nonni a qualche isolato di distanza, mantenere vive le tradizioni è difficile ma secondo me necessario. Il rituale del ragù è atto dovuto! Dopo avere fatto la spesa, lavato il “ coccio ( la pentola di terracotta)” che raramente utilizzo, avviata la fase della rosolatura dei vari pezzi di carne di cui si sostanzia questo poetico piatto, seguita dalla “peppiata (cottura lenta e a fuoco dolce)”, sabato sera non ho potuto non abbandonarmi alla reminiscenza dolce e nostalgica della mia infanzia, del pane strappato con le mani e inzuppato direttamente in pentola senza farsi scoprire, delle tavolate numerose a consumare ogni ben di Dio tra una risata ed una confidenza. E’ notizia di questi giorni che un noto pastificio di Benevento, Rummo, abbia subito gravissimi danni a causa di un’alluvione che ha devastato anche altre piccole e medie aziende della zona. I paccheri che ho adoperato oggi sono proprio quelli Rummo, buoni e “callosi” come piacciono a noi. Mi sono sentita a casa pure standone lontana, perché ho onorato le mie tradizioni, perché nel mio piccolo ho contribuito alla salvezza di un grande pastificio e perché con la mia famiglia ed i nostri amici ho amato anche oggi la vita nel modo più semplice possibile.

  • Tempo di preparazione 15 minuti
  • Tempo di cottura 30 minuti
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Ingredienti per 4 persone

  • 8 tracchie di maiale
  • 6 salsicce
  • 500 gr. di muscolo
  • 2 spicchi di aglio
  • cipolla q.b.
  • 4 bottiglie di pomodoro passato
  • olio evo
  • 1 bicchiere di vino rosso
  • sale q.b.
  • pepe q.b.
  • grana e/o pecorino

Preparazione

In una grande casseruola, meglio se di terracotta, fate imbiondire l’aglio e la cipolla facendo attenzione che non brucino, aggiungete i pezzi di carne che farete opportunamente rosolare secondo i diversi tempi di ciascuno. Innaffiate con il vino rosso e lasciate che evapori. Quindi aggiungete la salsa di pomodoro e fate cuocere a fuoco bassissimo per almeno 4 o 5 ore. Aggiungete il sale a cottura quasi ultimata…vedrete la salsa diventare molto scura ed uno strato di olio formarsi in superficie…sarà impossibile non tuffarci un bocconcino di pane!

Un commento

  1. Io non sono della Campania ma dell’alto Lazio ma… I ricordi di quei sughi a fuoco lento mi sono rimasti nelle narici e nel cuore le immagine dei miei cari di mia nonna che mi faceva assaggiare il sugo con il pane fresco inzuppato nel sugo muuuu che sapore. Mi nonna lo faceva con tutte le interiora della gallina della sua aia che tempi . Grazie per avermeli ricordati

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