La ricetta cult. Abbiamo preparato il ragù napoletano secondo Raffaele Bracale


Il ragù

A grande richiesta:-)

di Gaspare Pellecchia

Abbiamo tentato di preparare il ragù napoletano secondo la ricetta di Lello Bracale (che ci perdonerà per l’infinita serie di inesattezze). Ecco il resoconto.

La spesa di carne

Si parte il giorno prima, alla ricerca di vari ingredienti, tra cui il pezzo (1kilo circa) di lòcena, cioè di soppelo, il pezzo bovino situato tra la punta di petto e la clavicola, un pezzo adattissimo alla braciola a lunga cottura; pezzo che verrà appena battuto e ripulito (ma non troppo!) delle lunghe fibre bianche, che resisteranno bene alla cottura. L’altro pezzo è la spalla (1kilo o più), sempre bovina, di più facile reperibilità: andrà lardellato con grasso di prosciutto e timo selvatico. Procuratevi lo spago per legare il pezzo e del filo di cotone bianco per legare le braciole (io ne ho fatte quattro). Procuratevi tre costine di porco, belle grosse, non fatevele spezzare e soprattutto, a casa, controllate che non vi siano ossicini penzolanti.

Le cipolle.

Le cipolle

Tante, devono essere quelle ramate, vecchie, belle e tonde tonde. Niente sedano, né carota, giammai! Servirà un po’ di timo (noi non l’avevamo: amen), del buon prezzemolo fresco e dell’aglio, vero aglio italiano possibilmente.

Lo strutto e il lardo.

Ecco, roba di un tempo? Comunque sia iniziate a pensarci.. dove reperirli? Noi al supermercato. Ah, serve un bicchierone d’olio buono. E del vino (noi abbiamo messo un bel Montepulciano, generoso e non troppo dispendioso.. c’è chi dice di usare il vino bianco, persino aromatico, boh!).

Le cipolle sul fuoco

Salumeria.

Né meno laboriosa sarà la ricerca di un buon caciocavallo podolico (che andrà ad arricchire il ripieno delle braciole assieme a del buon pecorino romano), della pancetta, del prosciutto grasso grasso (per lardellare il pezzo).

Tre tipi di pomodori.

I pomodori

Noi abbiamo volutamente impiegato insieme quasi un tubetto intero di doppio concentrato, più quasi un kilogrammo di pomodori freschi scottati, pelati e setacciati, più quasi un’intera bottiglia di passato. Fate voi, comunque sia se la carne è il re, il pomodoro è la regina di un buon ragù.

La passata di pomodoro

La pasta.

Procuratevi gli ziti (ovviamente parliamo di pasta secca di semola): una specie di tubi di pasta, che andranno spezzati a mano, in segmenti lunghi tre dita, circa.

La pentola.

Serve una bella pentolona grossa, o di alluminio o di rame o di coccio. Può essere utile uno spargifiamma da mettere sotto durante le fasi di “pippiatura”. No all’acciaio. Ah, servono due belle cucchiare di legno grosse. Poi capirete. Anzi, ve lo diciamo adesso: il problema (e quindi, dialetticamente parlando, il pregio) del ragù è il seguente, tutto il resto sono chiacchiere: la carne s’azzecca. S’azzecca sotto, si bruciacchia per qualche decimo di millimetro cioè per il contatto prolungato col fondo rovente. Ma questo è anche il quid. E’ la reazione di Maillard: cioè il sapore vero lo dà proprio questo fenomeno, la micropellicola marrò scuro che voi andrete a sfottere a più riprese, staccandola dalla carne e mettendola a giro nel sugo. Perciò vi consigliamo le due cucchiare. Di legno.

La filosofia delle tre carni.

Nelle tre carni che compongono il ragù napoletano noi rintracciamo tre momenti della storia dell’umanità nel suo rapportarsi con la natura, con un evidente richiamo alle tre ere dell’umanità;  cioè il periodo primordiale della caccia, quello successivo della pastorizia ed infine quello della tecnologia, cioè l’agricoltura, che si fondono così insieme:

-l’anima selvaggia delle puntine di porco (il rimando al cinghiale, e quindi alla caccia, è evidente) lasciate così come sono, immerse nel sugo senza abbellimenti;

Le braciole

-l’anima pastorale/agreste delle braciole di lòcena (che rimandano, probabilmente, alle braciole di pecora), braciole “conciate” con passa, pinoli, aglio, prezzemolo, formaggio podolico e pecorino (appunto!), pancetta, essenzialmente;

Le braciole sul fuoco

I pinoli

-l’anima agricola, e cioè, per eccellenza il manzo, il pezzo di spalla, di muscolo che ha arato campi, possibilmente lardellato e profumato.

Sequenze essenziali.

Bagnare l’uva passa in acqua tiepida e po’ di vino; tostare i pinoli.

L'uva passa

Allestire le braciole: preparare la farcia opportunamente, riempirle, legarle strette strette con decine di giri di cotone.

Lardellare il pezzo di spalla con stecche di grasso di prosciutto ed eventualmente ri-legarlo.

Preparare il fondo con olio, lardo, strutto e cubettini di pancetta.

Il fondo

Pulite e tagliate alla buona le cipolle.

Andate sul fuoco: fondo, quindi cipolle. Quando ben trasparenti, le carni. Qui è possibile una variante: prima le carni e poi le cipolle, per maggiormente far prendere calore alla carne stessa. Fate voi.

Tra alzate e abbassate di fiamma, tra dubbi e incertezze, lentamente, vedrete come in due ore si formerà la giusta crosta alla carne e le cipolle saranno divenute marrò chiaro, il tutto risultando quasi asciutto.

E’ il momento della prima sfumata di vino, che staccherà ulteriormente il sapore intorno alle carni e ridarà umidità al tutto.

Seconda sfumata di vino, in totale mezza bottiglia.

Quando tutto, sempre a fuoco basso, sarà asciutto (altre due ore) aggiungete il doppio concentrato, il passato e i pomodori freschi, mano mano, alzando il fuoco o abbassandolo per mantenere un calore costante.

Passeranno altre due ore a fuoco sempre basso, tra alzate e abbassate di fiamma, ma la pippiata ancora non comincia? No problem, levate le carni e ponetele in una bastardella con coperchio, alzate il fuoco e scrostate il fondo della pentola. Scrostare-Scrostare-Scrostare il fondo della pentola per raccogliere i sapori e rimetterli in circolo, SCROSTARE: verbo che vi ha accompagnato e vi accompagnerà per tutta la cottura del ragù.

Le braciole

Un mestolo d’acqua calda potrà servirvi? Speriamo di no.

Grosso modo, quando il grasso inizierà a emergere, vi accorgerete che è il momento, tanto atteso della pippiata: abbassate il fuoco al minimo possibile (o anche meno se ci riuscite) e lasciate uno spiraglio d’aria tra il coperchio e la pentola. Passeranno tre-quattro ore. Vedrete diventarlo color legno di palissandro, rosso mattone quasi marrò, ben addensato, molto lucido, brillante e untuoso, come in letteratura.

La carne cotta

Il ragù è pronto.

Il ragù

Cercate di non salare mai, né pepare. Potrete filtrarlo -a maglia larghissima- per ingentilirlo e condire gli ziti (spolverati con pecorino grattugiato) in una capace zuppiera; servirete le carni a parte.

Fàtene salute e beveteci sopra un grande Taurasi, come quello 2006 di Luigi Tecce. Caro ma eccellente.


22 Commenti

  1. Signor Bracale dica lei qualcosa per come Gaspare ha seviziato quelle braciole manco l’avesse fatto un esperto di bondage (…) peggio ancora perchè ha usato il cotone colorato anzichè il filo per imbastire che vigeva ancor prima che la Domopack inventasse “lo spago da cucina”.
    C’è lo metto poi il formaggio sopra?

  2. Grande Gaspare!!! Posso? Solo due osservazioni : le braciole è preferibile legarle con uno spago sottile, non con il cotone, potrebbe essere difficile portare completamente via tutta quella “rezza” che gli hai messo intorno. Il Poliphemo 2006 del grande Luigi, lo vedo un pò eccessivo per questo piatto, a meno che le braciole non siano di pecora. Per il resto tutto ok, bravissimo.

    1. Lello per domani ho comprato mezzi chilo di fagioli borlotti in attesa della tua ricetta: per favore lascia stare il pesce, lo strutto e quelle strane erbe che dalle mie parti non crescono. Un abbraccio (alla Malgi).

      1. Alba, devi solo aspettare l’una di notte: poi entrerà in scena una pasta e fagioli al forno….
        Domani vedrete cose che voi umani…

          1. Lello non ti preoccupare che quando vado a dormire presto non è mai prima della mezzanotte, ho la pressione alta io… tu piuttosto riposati per domani e pensa a qualche piatto strabiliante tipo: fagiolo ripieno di maiale con confit di zucca in salsa di melograno e croccante di miglio in becco di piccione…

          2. Tali “arravogliamienti” non fanno parte della nostra cultura enogastronomica, nè tantomeno del nostro stile di cucina. Le nostre parole d’ordine sono : genuinità dei prodotti e semplicità nell’elaborazione del piatto, … della serie nudo e crudo. ;-))

  3. beh da quanti anni siete aperti? si paga meno di venti euro? la prossima settimana vengo a recensirvi!

  4. amici,
    è vero, ho commesso milioni di inesattezze, ma il risultato è stato molto soddisfacente.
    piuttosto vi chiedo (cara alba e caro lello) ma voi SE lo preparate, COME lo fate questo ragù?

    p.s. un caro saluto al sig. lello bracale a cui mi sono ispirato per la ricetta.

    1. Te l’ho detto, lo preparo allo stesso modo, solo che nella tradizione Irpina nelle braciole non ci vanno l’uva passa ed i pinoli, e magari si aggiunge qualche braciola di cotica e qualcuna di agnello…per il resto tutto uguale! ;-)))

      1. Esimio sig. Tornatore, ‘o munno è bbello pecché è (a)variato e ognuno s’ ‘a po’ cantà e sunà a modo suojo e quant’è chesto aggiu magnato ‘nu rraù fatto ‘a ‘na vecchia signora d’origini irpine, fatto cu ‘e brasciole ‘e locena (manzo) ma revestute cu ‘e ccotene ‘e puorco; nun era malamente, ma ‘a tradizzione napulitana è n’ ata cosa! E DINTO A ‘E BRASCIOLE CE VONNO PASSE E PIGNUOLE!

        1. Grande maestro Bracale, le riporto, con copia e incolla, ciò che ho scritto nel sovrastante commento : ” nella tradizione Irpina nelle braciole non ci vanno l’uva passa ed i pinoli “, che evidentemente non voleva significare che universalmente il ragù o ragout, che dir si voglia, si fa così !!! Le braciole si possono fare anche con pinoli e uva passa, con fichi secchi e noci, con nocciole e mandorle, non è un delitto, ma per la tradizione irpina nelle braciole si mette solo pecorino bagnolese, prezzemolo, sale e aglio, punto. Concludendo, ogni braciola è bell’ a’…mamma soja!!!
          Sempre disponibile ad un confronto presso una giuria, tassativamente di fuori regione,disposta a proclamare la migliore braciola tra le due. ‘ A faccia mia sott’ e pier’ vuost’
          Con grandissima stima e affetto

          1. Caro sig. Tornatore, grazie per quel “grande maestro” che non merito e mi fa arrossire. Certo: ògne brasciola è bbella a mmamma soja…, ma io sono campanilista e preferisco quella napoletana e non l’irpina, come preferisco ‘o crapetto e non la pecora del Formicoso! Senza nessun astio e cordialmente!

      1. : D
        non saprei che dire, ho sempre visto fare più o meno così a casa mia (dove cmq si fa un ragù simile, ma in versione semplificata), certo avrei dovuto usare cotone bianco, ma per il vero ho afferrato il primo che c’era nel cassetto. iddio mi perdonerà.
        cmq spero che la mia interpretazione sia, rispetto alla tradizione, corretta. questo è.
        un caro saluto sig. lello.

  5. Così mai fatto in vita mia ma mi ispirerò al tuo quando deciderò di passare almeno otto ore a “pazziare” davanti ai fornelli.

  6. ok, uagliù, così mi piacete!
    w il ragù
    w le 8 ore passate ai fornelli
    w noi
    (e abbasso berlusconi)

  7. Scusate, sono una principiante, ma le braciole chiuse con gli stuzzicadenti, non vanno bene?
    Non infierite troppo…

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