Il vino campano torna a casa | Campania Stories 2025 al Vesuvio
di Maurizio Paolillo
Torna, puntuale, la più completa e partecipata vetrina del vino campano.
Quest’anno il territorio ospitante è veramente iconico: il Vesuvio, il luogo dove tutto ha avuto inizio, dove la viticoltura è documentata già del V secolo a.C. e che in età romana ha avuto una vera e propria esplosione.
Lo conferma il momento che ha rappresentato la perla del programma: la visita alla cosiddetta Villa Augustea di Somma Vesuviana, complesso, risalente probabilmente al I secolo d.C. ma ricostruito e ampliato in epoca successiva all’eruzione del 79 d.C.
Il fatto che la villa fosse dedicata a Dioniso, il dio Bacco per i romani, insieme alle strutture affiorate dagli scavi confermano che la destinazione principale del luogo fosse la produzione del vino. Con l’impeccabile guida del professor Antonio De Simone, è stato possibile osservare la cella vinaria con un gran numero di dolia, i recipienti in terracotta dalla capienza di 10-20 ettolitri, utilizzati per la vinificazione delle uve e la conservazione del vino. La capacità degli impianti lascia presumere che la produzione vinicola non fosse destinata al solo uso domestico ma che si trattasse di una vera e propria attività commerciale.
Il Vesuvio è un luogo emblematico, ma la vera forza della manifestazione è di porre i territori al centro del racconto. Ogni anno la manifestazione sceglie una sede diversa, a sottolineare che tutta la regione viene al proscenio per promuovere il suo prodotto può emblematico, quello che meglio di tutti racconta la sua millenaria e complicata storia.
Tutta la Campania è protagonista, con un centro di gravità che muta di anno in anno e tutte le altre aree vitivinicole che si prendono il loro spazio. I territori non sono solo raccontati, ma vissuti, calpestati, assaggiati. In una parola: conosciuti.
In crescita il numero delle cantine partecipanti, che quest’anno sono state oltre 90, da tutte e cinque le province campane. Quasi 300 i vini presentati in degustazione, a restituire un quadro che rappresentasse le grandi denominazioni ma anche le realtà meno note.
Un racconto è tanto più interessante quanto più disvela aspetti poco noti al pubblico. Perciò il discorso è stato rivolto per lo più agli addetti alla comunicazione.
È cresciuto anche il numero delle testate: oltre 70 tra italiane e soprattutto internazionali, provenienti da Europa, Americhe e Asia.
Le degustazioni si sono svolte nella bellissima Villa Signorini a Ercolano (NA), storica dimora nobiliare del ‘700. Gli spazi sono stati come sempre adeguati, confortevoli, con l’assistenza assidua dei sommelier, con un tempo finalmente abbastanza disteso, tale da poter lavorare con sufficienti confort e serenità, dedicando la massima attenzione all’assaggio dei vini.
Certo non si danno le condizioni per esprimere giudizi definitivi ma possiamo provare a trarre qualche indicazione di massima.
Tra i rossi, buone sensazioni sono venute dalla nutrita batteria dei Piedirosso, con quelli dei Campi Flegrei che hanno fornito le migliori prestazioni. Tra le diverse versioni dell’Aglianico, quella apparsa più convincente è l’Irpinia Campi Taurasini. Eccenzion fatta, ovviamente, per il nobile Taurasi; tra le annate presentate, la 2019 è apparsa la più brillante.
Nell’ambito dei bianchi, buone sensazioni sono venute dalle falanghine dell’area del Massico e dai Pallagrello bianco. Possiamo dire inoltre di aver tratto alcune importanti conferme: i grandi bianchi irpini si giovano di almeno 1-2 anni di affinamento, che consentono loro di acquisire pienamente le caratteristiche gusto-olfattive che li collocano tra i più grandi bianchi italiani. I Fiano di Avellino 2024 sono mediamente buoni vini; diventano ottimi i 2023; straordinari i 2022, 2021 e così via. Discorso simile si può fare per i Greco di Tufo. Sarebbe ora che il consorzio si facesse carico di un compito non più rinviabile: modificare il disciplinare e imporre, per le tipologie Riserva, un periodo minimo di affinamento superiore agli attuali 12 mesi, che, allo stato, non ha assolutamente senso.
Una nota finale per l’organizzazione, curata in maniera encomiabile dall’agenzia Miriade & Partners. Certo, le difficoltà ci sono state, com’è ovvio; ma sono state sempre gestite con grande prontezza dallo staff dell’agenzia, con una qualità diventata rara: la serenità, il sorriso sulle labbra. Non è cosa da poco…
Mah siamo al Vesuvio e non si parla delle uve più tipiche di questa zona: Caprettone e Catalanesca.