InvecchiatIGP: Pomario – Umbria Bianco IGT Arale 2010


Pomario – Umbria Bianco IGT Arale 2010

Pomario – Umbria Bianco IGT Arale 2010

di Andrea Petrini

«I vini buoni sono tantissimi. Noi cerchiamo di dare ai nostri vini personalità, legando la produzione ad un filo conduttore che parla di questo territorio. Amiamo questo posto e vogliamo che i nostri prodotti trasmettano l’amore per questa terra».

Con queste parole, durante una mattinata uggiosa di autunno, ci accoglie Giangiacomo Spalletti Trivelli che, assieme a sua moglie Susanna d’Inzeo, si innamorarono anni fa della struggente bellezza della campagna umbra e di un vecchio casale sito in località Pomario, nel comune di Piegaro, che era pronto a riprendere vita per fornire loro un “Buen Retiro” per scappare dal caos di Roma.

Quel poggio luminoso, elevato a 500 metri s.l.m., ha dato il via anche ad un sogno mai sopito da parte del conte Giangiacomo di riprendere la tradizione familiare legata al vino, risalente a fine Ottocento. Venceslao Spalletti Trivelli, senatore del Regno assieme alla moglie Gabriella Rasponi, nipote di Carolina Bonaparte, decisero di comprare un’azienda in Toscana dove successivamente il figlio Cesare, nonno di Giangiacomo, iniziò la produzione di un Chianti molto rinomato. Chi lo ha bevuto, ancora si ricorda chiaramente e con molto piacere, il Chianti Spalletti, prodotto fino ai primi anni ‘70.

Giangiacomo Spalletti Trivelli e l'enologo Castellani

Giangiacomo Spalletti Trivelli e l’enologo Castellani

Quel desiderio, ben presto, diventò realtà. Infatti, senza esitazioni, i conti Spalletti Trivelli reimpiantarono i vigneti, ristrutturarono integralmente la tenuta e iniziarono le prime sperimentazioni in cantina, grazie all’aiuto di Federica De Santis, agronoma, e Mery Ferrara, enologa. La prima vinificazione a Pomario, nel 2009, venne fatta nella rimessa degli attrezzi: un tonneau di Sangiovese e una barrique di Trebbiano e Malvasia: i futuri Sariano e Arale. Da questi si capì da subito le potenzialità dei vini di questo territorio, adagiato tra i colli Orvietani e il Lago Trasimeno, dove oggi, più salda che mai, troviamo l’Azienda Agricola Pomario con i suoi 230 ettari complessivi all’interno dei quali troviamo circa 9 ettari di vigneti condotti secondo i principi dell’agricoltura biologico-biodinamica al fine di mantenere inalterati gli equilibri naturali.

Pomario – Umbria Bianco IGT Arale 2010, colore

Pomario – Umbria Bianco IGT Arale 2010, colore

L’Arale, come scritto in precedenza, è il primo bianco prodotto dall’azienda, un blend di trebbiano e malvasia che deriva il suo nome dal monte che sovrasta la vigna storica, di almeno 50 anni di età.

Durante la mia ultima visita in cantina, grazie alla generosità della proprietà, ho potuto degustare una verticale storica di Arale che dall’annata 2019, ci ha portato indietro nel tempo fino alla 2010, annata che oggi vi descriverò per InvecchiatIGP vista la sua bontà.

Pomario – Umbria Bianco IGT Arale, verticale

Pomario – Umbria Bianco IGT Arale, verticale

Da un punto di vista squisitamente tecnico, il vino non ha mai subito grosse variazioni in termini di vinificazione ed affinamento. Le uve, infatti, vengono subito pressate per poi essere messe a fermentare in barriques con l’inoculo di lieviti autoctoni. La fermentazione avviene spontaneamente nelle barriques e gli unici interventi effettuati sono dei batonnage giornalieri.
La prima sfecciatura grossolana avviene solo al termine delle fermentazioni alcolica e malolattica. Si procede poi con ulteriori quattro pulizie annuali in maniera da ottenere un vino pulito e pronto per l’imbottigliamento dopo una leggerissima filtrazione.

L’annata 2010, l’ultima della batteria, colpisce e si fa apprezzare già dal colore che cede pochissimo all’ossidazione e al tempo visto che, come si può verificare dalla foto, il vino sfoggia una cromia leggermente dorata, piena e di bellissima lucentezza. L’ampio ventaglio olfattivo, che dopo oltre venti anni vira su sensazioni aromatiche che evocano i vecchi riesling tedeschi: frutta esotica matura, pesca percoca, resina di pino mugo, erba citrina e un’imponente nota di pietra focaia a cui seguono, col passare del tempo, percezioni salmastre.

Armoniosa, bilanciatissima e saporita la bocca, ben puntellata da una sapidità a tutto volume e da una freschezza paradigmatica che, in equilibrio con la massa glicerica del vino, concedono una complessità aromatica in accordo col naso. Finale di interminabile lunghezza.

 

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