La virtù di Simone Padoan: “Io a Milano? Non ci penso proprio”


Con Simone Padoan

Con Simone Padoan

Dopo Gualtiero Marchesi e Alfonso Iaccarino è stato forse il più grande innovatore della cucina italiana. Il motivo? Due motivi. E’ stato il primo a pensare alla pizza come un cibo a cui si potesse mettere materia prima di altissima qualità trasformando completamente l’idea diffusa soprattutto al Nord di pizzette malfatte e terribilmente lente da digerire. Il secondo motivo è che è uno dei pochi a pensare partendo non dall’impasto ma dalla farcia, ossia abbinando le farine giuste su quello che intende proporre come cucinato.
Ma quello che ci piace di più di Simone Padoan , quinto nella classifica di 50TopPizza, la verità di quello che fa, una dote sempre più rara, soprattutto tra chi ha successo, nel mondo gastronomico. “Ma sai quanta gente viene a mangiare e mi propone di vendere il nome? Al resto pensiamo noi. O quanti mi hanno chiesto di trasferirmi a Milano? O vogliono aprire semplicemente un franchising? Ho sempre detto no. Io sono un artigiano e non posso essere replicato, non dico di essere superiore a chi fa quete scelte, semplicemente io sono diverso. Sarà che vengo da una famiglia di contadini, ultio di nove figli dove principi e valori si traducevano in regole feree a casa. Vado a Milano e rischio di sputtanare il mio nome dopo 20 anni di lavoro? No, al momento sto bene a san Bonifacio, qui a Verona. Il lavoro c’è, pago il mutuo, quando posso vado in montagna con i figli e va benissimo così”.
Dunque Simone, proprio tu rinunci alla città vetrina dell’enogastronomia in Italia? Mai dire mai…”Se fossi nato professionalmente a Milano avrebbe avuto un senso, ma così non lo ha. Io devo vedere personalmente tutte le pizze che escono e la dimensione giusta di questo lavoro è restare artigiani. C’è ancora tanto da studiare, tanto da approfondire. Pensa che neanche a Verona ho mai pensato di andare, figurati Milano”.
E’ sempre bello stare con personaggi come Simone o come Salvatore Tassa. Nelle loro parole c’è il profumo di una Italia ormai passata, gli ultimi residui del rigore che ha portato alla ricostruzione e al boom degli anni ’60, di quando Olivetti era innovativa nel mondo e non campava con in contratti alle Poste con vecchi modelli, del dopoCaroselloaletto.
Una Italia che si può raccontare e alla quale restiamo aggrappati finché ci sarà. Il resto è noia da comunicati fotocopia. Nella migliore delle ipotesi…

 

Un commento

  1. Il post comprende 2 punti:
    1 Descrizione sintetica delle pizze di Padoan.
    2 Decisione di Padoan di non aprire altri locali, in particolare a Milano.
    Sul primo punto non mi soffermo perché meriterebbe un approfondimento a parte.
    In questo post il tema centrale è invece la posizione di Padoan su un fenomeno rilevante che sta caratterizzando il mondo delle pizzerie(ma non solo): l’apertura di più pizzerie da parte di uno stesso pizzaiolo anche in città diverse. È una realtà sotto gli occhi di tutti e proprio Milano è la città in cui è esploso negli ultimi anni.
    Ebbene, Padoan su questo rilevante fenomeno socio-economico esprime delle opinioni che ci devono far riflettere. Vorrei mettere in evidenza il discorso sull’artigianalità del lavoro del pizzaiolo che Padoan descrive in un modo preciso, sintetico, etico.
    Parole mai sentite prima sui food blog italiani.
    Se le paragoniamo alla logorrea mediatica ipocrita
    e perculata di alcuni pizzaioli ipermediatici, che aprono quasi ogni settimana una pizzeria, sentiamo l’istinto di applaudire Padoan.
    A integrazione segnalo un incontro che si svolgerà domani proprio a Milano sul fenomeno accennato e interverranno dirigenti dell’antimafia sul riciclaggio dei soldi della mafia nella ristorazione italiana.

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