L’Aglianico del Vulture secondo Lelùsi


Mimmo Gagliardi con Simona Labarbuta

di Mimmo Gagliardi

A Vinitaly si cammina molto, o meglio, se vuoi camminare molto c’è possibilità di accumulare un discreto numero di chilometri girovagando tra i tanti stands nei vari padiglioni. Io adoro camminare ed esplorare e in questi miei giri raramente guardo davanti, visto che sono sempre ad alternare lo sguardo da sinistra a destra per adocchiare qualcosa di nuovo da provare. Ero nel padiglione Lucano quando, dopo un doveroso sguardo alle due bottiglie sul banchetto, ho incontrato lo sguardo della ragazza li accanto che, chissà perché, ho subito battezzato essere la produttrice dei vini. L’istinto mi ha portato ad avvicinarmi perché ho avuto l’impressione di aver trovato quello che cercavo.

L’azienda si chiama Lelùsi Vini e la ragazza in questione è Simona Labarbuta, sales manager dell’azienda, che mi ha fatto accomodare dedicando un po’ del suo tempo ad illustrarmi la loro realtà e degustare i vini. Lelùsi è l’unione delle prime sillabe dei nomi dei tre fratelli Labarbuta: Letizia, Luca e Simona.

Simona, la SI del nome Lelùsi, ha cominciato a parlarmi di loro con accento del nord italia . Quando ha notato che stavo mentalmente  realizzando di trovarmi nel padiglione della Basilicata, allora ha anticipato la mia domanda sorridendo e spiegandomi che vivono a Milano ma che la famiglia è originaria di Barile (PZ) . L’azienda nasce nel 2003, con la prima vendemmia imbottigliata con etichetta Lelùsi, da questo vigneto avuto in eredità anni prima e che loro hanno deciso di coltivare per crearsi un ponte e collegarsi idealmente e  fisicamente  al paese d’origine nel sud dell’Italia per non perdere le proprie radici.

Il loro aglianico del Vulture cresce su uno di quei terreni rossi e ricchi di minerali che fa del vino ricavato da queste uve uno dei più interessanti del panorama vitivinicolo italiano.  L’estensione dei vigneti di proprietà è di circa 6 ettari e le piante hanno una età media di circa 35 anni di cui una parte delle piante viene potata a guyot, mentre per il loro vino di punta hanno conservato la coltivazione ad alberello.

Mi incuriosiva l’assaggio dei vini e quindi procediamo con il primo, l’aglianico del Vulture  DOC, denominato SHESH, dal nome delle grotte di tufo in cui sono realizzate le cantine di Barile, dell’annata 2009, grado alcolico 13%.

Shesh

Le uve per questo vino vengono coltivate a guyot in un vigneto dell’estensione di circa 5ha, con una resa di uva pari a 70q/ha per una produzione di 18.000 bottiglie. Realizzato con la tecnica della criomacerazione, dopo la fermentazione un 60% si affina in barriques di secondo e terzo passaggio per un anno e il rimanente 40% riposa solo in vasche di acciaio inox prima di essere riuniti per l’imbottigliamento.

Il colore è quel rosso rubino cangiante e impenetrabile. Al naso i sentori fruttati e floreali si alternano ad una delicata speziatura di pepe, noce moscata e aromi di cuoio. In bocca è fresco, rotondo e abbastanza equilibrato con tannini in via di evoluzione. Tutto sommato è un vino giovane ma già gradevolissimo da bere, specialmente su piatti di carne, anche abbastanza elaborati, grazie alla sua freschezza e alla sua buona persistenza.

Tocca al Lelùsi, Aglianico del Vulture DOC, annata 2005, grado alcolico 13,5%.

Lelusi

Le uve provengono da un vigneto dell’estensione di 1,2 ha coltivato ad alberello, con una resa di uva pari a 35q/ha e una produzione di 6.000 bottiglie. Dopo una lunga macerazione tradizionale sulle  bucce , la fermentazione avviene in vasche di inox con una coda in barrique di primo passaggio per la fermentazione malolattica e poi un ulteriore passaggio in altre barrique nuove a tostatura leggera. Dopo un totale di 14/16 mesi in botte il vino si affina in bottiglie per ulteriori sei mesi prima della commercializzazione.

Il colore è rosso rubino cangiante e impenetrabile. Al naso i sentori fruttati sono netti e riferiti a ciliegie, frutti di bosco e di rovo, seguiti da aromi speziati di pepe, liquirizia e una bella nota balsamica di erbe aromatiche. In bocca è fresco, rotondo ed equilibrato con tannini arrotondati, un gusto pieno e fruttato con bel finale di liquirizia e un’ottima persistenza. E un vino ancora giovane e che promette una lunga vita. Molto gradevole su piatti di carne arrosto, selvaggina e formaggi stagionati.

Anche l’essenzialità delle etichette mi ha colpito: senza grafici o disegni, senza elaborazioni cromatiche particolari, solo il logo dell’azienda e tutta la storia e le caratteristiche del vino scritte in nero su fondo colorato. E’ un modo di rappresentare il prodotto seguendo la politica di relazione immediata col pubblico che l’Azienda vuole adottare, trasmettendo un messaggio di semplicità, privo di fronzoli…. esattamente come il loro vino.

Ho salutato a malincuore la mia nuova amica Simona, ringraziandola della disponibilità e della cortesia. Avrei continuato a chiacchierare con lei ma il mio giro a Vinitaly 2012 doveva necessariamente proseguire alla ricerca di tante altre cose buone.

Mettendo oggi a posto gli appunti, ripenso a Shesh e Lelùsi: entrambi i vini sono rappresentativi del territorio e degustandoli si possono pienamente comprendere tutte le potenzialità di queste uve cresciute su territori vulcanici che ,in profondità, sono ricchi di vene d’acqua. L’aglianico del Vulture può dare molto, al pari di quelli del Taburno e di Taurasi, e che tutti insieme possono (devono) rappresentare l’eccellenza enologica del sud. Anche se c’è da lavorare ancora molto io resto fiducioso, perché i segnali di crescita ci sono e si vedono…e si sentono.

Lelùsi Viticoltori soc. agr. arl.

Via Croce 3 – 85022 Barile (PZ)

www.lelusivini.com

[email protected]

2 Commenti

  1. Evidentemente, Mimmo, oltre ad avere “naso” per il buon vino, hai anche “naso” per le ragazze. Buongustaio DOC… o forse DOP!

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