Le Macchiole a Bolgheri: l’innovazione perenne per essere sempre al top
di Antonio Di Spirito
In occasione delle feste natalizie (ma non solo, a dire il vero) si aprono bottiglie di vecchie annate. Quest’anno è toccato ad una bottiglia di Le Macchiole, azienda bolgherese da me visitata pochi mesi fa.
Nel 1983 Eugenio Campolmi e sua moglie Cinzia Merli dismettono l’attività commerciale ereditata da Eugenio e decidono di produrre vino di qualità nei pochi ettari di vigna dalla quale suo nonno prima e suo padre poi producevano vino che veniva venduto sfuso nel locale di famiglia. In quel tempo sulla costa toscana, i cui suoli di origine alluvionale hanno componenti variabili di argilla, limo, sabbia e calcare, si coltivava solo frutta, ortaggi, grano ed olivi. Un po’ di vino rosso, prodotto sulle colline interne, ricordava sicuramente il Chianti. Il Sassicaia esisteva già, ma era l’unico vino prodotto in zona e non aveva certo la notorietà di oggi.
Oltre a tentare un sogno molto ambizioso, spinti soprattutto dalla passione, i nostri hanno origini bolgheresi; forse è questa la chiave del loro successo: il forte legame con il territorio per abbracciare un lavoro a diretto contatto con la natura.
Per esaltare ancor più un territorio quasi “vergine” dal punto di vista vitivinicolo, operarono scelte radicali: alta densità delle piante, il regime biologico nella coltivazione dei vigneti, con “sconfinamenti” verso il biodinamico, l’adozione di vitigni bordolesi, quali merlot, syrah e cabernet sauvignon per produrre mono varietali. Unica deroga fu il sangiovese; dopotutto siamo in Toscana. Nel 1994 fu introdotto il cabernet franc a completare il quadro. Ben presto i loro vini si affermarono sul mercato e neanche la prematura scomparsa di Eugenio, avvenuta nel 2002, ha fermato l’ascesa verso la consacrazione totale.
Cinzia Merli ha portato avanti il progetto con il fratello Massimo ad occuparsi dei vigneti, l’enologo Luca D’Attoma ed il giovanissimo Luca Rettondini, cresciuto in azienda fino a raccogliere interamente l’eredità di enologo aziendale.
Oggi l’azienda conduce circa 30 ettari per una produzione media di circa 180 mila bottiglie l’anno esportate in circa 40 paesi nel mondo, produce anche un vino bianco e Cinzia è stata affiancata dai figli Elia e Mattia Campolmi, ormai pronti all’avvicendamento.
PALEO Bianco 2022 – Toscana IGT
Il bianco di casa, uno dei rari bianchi del bolgherese. Prodotto con uve chardonnay al 70% e sauvignon blanc al 30%; dopo la pigia-diraspatura osserva una leggera macerazione, circa 3 ore; dopo la svinatura, matura sei mesi in legno in barrique e, dopo l’assemblaggio, staziona 1 mese in acciaio. Ha un bel colore paglierino intenso e brillante; al offre profumi di fiori gialli, frutta gialla esotica, refoli di salvia e note di tostatura. Il sorso è piacevolmente fruttato e fresco, ricco, sapido, speziato ed asciutto. Beva fresca e vibrante. 92
Bolgheri rosso 2022 – Bolgheri Rosso DOC
Ben 4 vitigni entrano nella composizione di questo vino, tutti bordolesi: 50% merlot, 10% syrah, cabernet sauvignon e cabernet franc in pari misura a completare il blend. Scuro di colore, i profumi portano ai piccoli frutti di bosco neri e rossi, un refolo erbaceo e leggermente mentolato, di tabacco ed una nota vegetale secca anticipano una nota fumé e l’effetto tizzone ardente. L’impatto tannico è potente, ma sopraggiunge subito la freschezza a mitigare l’effetto legante; pur restando asciutto, si apprezzano i sapori fruttati e saporiti; è sapido e scorrevole. 92
Scrio 2021 – Toscana IGT
Il Syrah! Il vino matura in modo differenziato: una parte (circa il 20%) in tonneaux, una parte in tronco conici di legno molto vecchi da 12 hl, una quota in ceramica e gres. Profumi fiori appassiti, di ribes, mirtilli, pepe, leggere note di tabacco verde e note minerali di cipria; al palato è succoso, denso e vellutato, offre note di frutta dolce, è asciutto, ma fresco, ai sapori di frutta matura si aggiungono sapori di carruba, un po’ giovane e piacevolmente amaricante. Chiude con una decisa speziatura. Molto equilibrato. 93
Paleo 2021 – Toscana IGT
Primo anno di produzione: 1989. Fino al 1998 il sangiovese al 10% era il saldo per il cabernet sauvignon (90%) nella composizione di questo vino; rare volte scendeva al 5%, per far posto ad un 5% di sua maestà cabernet franc, quando questi si concedeva con una quantità vendemmiabile. dal 2001 il vino è prodotto esclusivamente con uve cabernet franc. Rubino cupo, si concede con profumi di rose e piccoli frutti neri e carrube; un refolo di erbe aromatiche, una nota iodata e la suggestione di braci ardenti completano il quadro olfattivo. Sorso asciutto, saporito, fresco, caldo nel cavo orale, quasi cioccolatoso, ma fresco, sapido e speziato. 94
Messorio 2021 – Toscana IGT
Nato nel 1994, questo vino è una sfida personale con una delle varietà più diffuse nel bolgherese, sulla costa toscana e nel mondo: il Merlot.
Il vino matura per 16 mesi in barrique nuove, in tronco conici da 12 hl ed un 10% in ceramica e gres. Ruino intenso, ha profumi molto variegati che vanno dalla rosa al giaggiolo, poi piccoli frutti neri (mirtilli, more e ribes); c’è anche una componente mentolata ed una nota di pietra rocca. Il sorso è saporito, asciutto, denso, con tannini soffici e vellutati; poi, un importante ritorno di freschezza, ci fa apprezzare la parte più golosa e speziata ed una nota di china e iodio. Equilibrio e pulizia. E’ sontuoso, ma scorrevole ed elegante. 95
Paleo 1997 – Bolgheri Rosso Superiore DOC
In questa annata il cabernet sauvignon era completato da un 5% di cabernet franc e dal 10% di sangiovese. Il vino ha fatto una sosta lunga 18 mesi in barrique nuove prima di essere imbottigliato.
Da un vino di oltre 27 anni non si può certo pretendere la perfezione! Eppure, sembrava molto più giovane. Se il tappo non mi avesse fatto tribolare così tanto, avrei pensato a qualche scherzosa sostituzione. Il colore è rubino scuro e compatto; conserva ancora i suoi profumi floreali e di frutti di bosco, arancia sanguinella, rabarbaro, note balsamiche, qualche sentore di erbe aromatiche, tenui note di tizzone ardente, ma intense le note iodate e chinate. Al palato l’equilibrio tra frutta, acidità e tannini setosi è disarmante, con l’alcool ben incorporato. Il resto è sapidità, spezie, piacevolezza ed eleganza.
Paleo e Messorio di vecchie annate non ne ho più ma credo che bisogna cominciare a “investigare”quelle del primo ventennio del nuovo secolo.Le farò sapere.Sempre competente e gradito ospite quando il gioco vira sul rosso acceso. FRANCESCO