Luretta, un castello tra le vigne e una visione controcorrente
Una storia di famiglia, paesaggio e intuizioni poetiche. Tra le colline piacentine, un castello medievale diventa laboratorio di identità e luogo di resistenza enologica.
di Tonia Credendino
Un incontro che diventa racconto
L’ho incontrato tra gli stand del PIRITALY, in Alta Tuscia. Antonio Montano parlava con quella quiete scelta tipica di chi ha molto da dire e nulla da dimostrare. Ogni frase conteneva un’origine, un percorso. Socio della Cantina Luretta, mi ha raccontato tutto come si raccontano le cose che si conoscono bene: con calma, con precisione, con affetto. In pochi minuti, mi ha fatto attraversare una valle, immaginare un castello, assaggiare un’idea. Teneva tra le mani una bottiglia dal nome epico — Achab — e sul tavolo, tra brochure e bottiglie, c’era tutta la mappa di un territorio da scoprire. Ma non è stato il vino, né il materiale promozionale a catturare la mia attenzione: è stata la sua voce, piena di storie, e quell’idea precisa di cosa significhi fare vino quando tutto intorno ti chiede altro.
Mi ha parlato del suo castello come si parla di un parente. Il Castello di Momeliano, dove ha sede Luretta, domina la Val Luretta con un’eleganza ferma, antica. È un luogo dove il tempo ha imparato a tacere e ad affinare. Le cantine si trovano sotto la pietra viva di una struttura che risale all’anno Mille, in una valle che unisce la dolcezza del paesaggio emiliano alla forza ruvida della memoria agricola. “Un vino che nasce sotto un castello medievale – mi ha detto – ha già dentro qualcosa di eterno.”
Dalla terra al vino: un gesto identitario
Ad abbracciare questo territorio non è soltanto la storia, ma anche la geografia: la Val Luretta prende il nome dall’omonimo torrente che, insieme al Tidone, solca dolcemente le colline piacentine. Questi corsi d’acqua non solo hanno modellato il paesaggio, ma influenzano direttamente il microclima, regolando l’umidità e favorendo l’escursione termica. Questo contribuisce alla complessità aromatica delle uve, donando ai vini di Luretta una struttura fine, fresca, elegante. La presenza dei fiumi, unita a un sottosuolo gessoso e argilloso, rende questa valle una culla naturale per vini longevi e vibranti. In questo paesaggio idrico e collinare, Luretta ha trovato la sua voce: un’armonia tra natura e cultura, dove ogni elemento racconta un frammento di identità.
«Non siamo partiti dal vino, ma da un’esigenza più profonda: vivere la terra. I Salamini erano allevatori di bovini, razza Limousine. Ma a un certo punto è nato un desiderio nuovo: quello di trasformare un paesaggio agricolo in un ecosistema di vigna e di pensiero. Abbiamo iniziato piantando dopo attenti studi geologici e ampelografici, selezionando i cloni più adatti, perché sapevamo che quella terra meritava rispetto. E mentre intorno si faceva quasi solo frizzante, noi abbiamo scelto un’altra via. Abbiamo scelto i fermi.»
Antonio racconta questa scelta come si racconta una separazione necessaria. «Non abbiamo mai avuto autoclavi. Le bollicine le facciamo, ma solo con il Metodo Classico, perché per noi il tempo è un ingrediente. Vogliamo che il vino abbia il tempo di diventare.»
E in questo c’è una presa di posizione netta, quasi controculturale, per un’azienda nata e cresciuta in un territorio che storicamente è legato al Lambrusco e ai vini frizzanti da consumo immediato. Invece di inseguire le tendenze o assecondare la fama del territorio, Luretta ha scelto la profondità, la lentezza, l’affinamento. Ha scelto di fermarsi — e di far fermare anche chi beve.
La scelta di produrre vini fermi e Metodo Classico in una zona dominata dalle bollicine è il simbolo stesso della filosofia di Luretta: rompere gli schemi, ma con eleganza; reinterpretare l’origine, senza rinnegarla. È una sfida identitaria che parte dalla convinzione che la terra non va solo asseconda, ma anche interrogata. «Abbiamo voluto ascoltare la nostra terra e farle dire qualcosa di diverso. E ci siamo accorti che era pronta.»
Luretta nasce nel 1988 per iniziativa di Felice Salamini e Carla Asti, coppia visionaria che ha deciso di fare della propria terra non una copia della Francia, ma un laboratorio identitario. Erano affascinati dai grandi Bordeaux, ma non volevano imitarli. Volevano, piuttosto, comprenderli, farne seme di un gesto nuovo. Carla, in particolare, ha dato forma a molte delle intuizioni poetiche dell’azienda: è suo il nome Pantera, nato da una lettura serale. L’etichetta del vino Pantera riporta infatti la frase: “come la PANTERA e i lupi nella sera”, suggerendo un’immagine evocativa che si allinea con l’idea di una scena crepuscolare, immaginifica, poetica. Questo dettaglio conferma l’approccio poetico e immaginifico che caratterizza le scelte di naming e design dell’azienda.
Vini come opere: etichette che raccontano
Pas Dosé è uno spumante senza tempo. Metodo Classico da Pinot Nero e Chardonnay, affinato sui lieviti per 36 mesi, si presenta puro, superbo, essenziale. È un vino pensato per le occasioni che non si ripetono. Il nome stesso — Pas Dosé — è una dichiarazione di sincerità: nessuna aggiunta, nessun trucco. L’etichetta, pulita e diretta, lascia spazio al contenuto, come una tela bianca su cui ognuno può leggere la propria celebrazione.
Pantera è il primo vino dell’azienda. Un blend di Barbera, Croatina e un tocco di Cabernet Sauvignon. Misterioso, profondo, vibrante. La bottiglia è nera opaca, elegante, silenziosa come l’animale che evoca. Achab è il Pinot Nero in purezza, che incarna l’ambizione di reinterpretare questo vitigno in un contesto territoriale unico. Dopo una fermentazione in tini tronco-conici di legno, il vino matura per 9 mesi in piccole botti di rovere e ciliegio, sviluppando un profilo elegante e complesso. L’etichetta, ispirata al capitano Achab di Moby Dick, simboleggia la determinazione e la sfida nel creare un vino fuori dagli schemi.
Bocca di Rosa è un inno al desiderio e alla sensualità. Il nome rimanda alla celebre canzone di De André, e l’etichetta mostra un profilo femminile che sembra invitare al racconto, alla lentezza, al rosso profondo del bicchiere. I Nani e le Ballerine, un Sauvignon Blanc fresco e minerale, prende il nome da un’antica credenza contadina, la “credenza” di cucina dove si conservavano le cose buone. Principessa è una bollicina da Chardonnay fine e luminosa, pensata per quei giorni che non aspettano occasioni per essere celebrati.
Ogni etichetta ha un nome che sembra una favola, ogni vino nasce da una vigna con una personalità distinta. Gli appezzamenti si chiamano Sella di Cavallo, Credenza. Le parole non sono scelte per caso: raccontano la geografia interiore di chi li coltiva.
«Abbiamo sempre pensato al vino come a una forma d’arte», mi confida Antonio. «Non deve solo piacere. Deve evocare, restare, farti porre domande. Anche una bottiglia può essere un gesto culturale.»
E l’arte, non a caso, è ovunque: nei riferimenti letterari, nei richiami visivi, nei nomi che portano con sé la poesia della parola. Ogni bottiglia di Luretta nasce con uno sguardo rivolto all’immaginazione, alla bellezza, alla cultura visiva. È così che il vino diventa racconto, dialogo, immagine. Quando Antonio parla della sua azienda, non dice mai “produciamo bottiglie”, ma “raccontiamo luoghi”. Luretta è un progetto che ha scelto di andare controcorrente, senza arroganza, ma con radicata convinzione. Non segue le mode. Studia, sperimenta, aspetta.
In quell’incontro ho assaggiato tutto. Ogni calice era un racconto, ogni sorso una conferma. Sono tornata a casa con la sensazione di aver bevuto qualcosa di raro: la coerenza. Luretta non è un’eresia enologica. È una voce distinta in una terra dove, da sempre, il vino frizzante domina la scena. Invece di seguire il corso tracciato, ha scelto di risalire il fiume, dimostrando che anche in queste colline può nascere una bellezza diversa: più lenta, più profonda, più silenziosa. È un viaggio. Un sentiero fatto di scelte radicali e passi lenti. Un cammino tra vigne che parlano e bottiglie che custodiscono memoria. Dove il vino non rincorre, ma rivela. Dove si va, e si ritorna, con qualcosa in più.
Cantina Luretta
Castello di Momeliano, Loc. Momeliano, 29010 Gazzola (PC)
+39 0523 976211
[email protected] www.luretta.com
Prenotazioni per visite e degustazioni disponibili su appuntamento.