Matteo Circella premio Michelin Sommelier 2021: il sommelier moderno parla un linguaggio semplice al cliente e valorizza l’agricoltura pulita


Matteo Circella in Cantina (ph credit Lido Vannucchi)

Matteo Circella in Cantina (ph credit Lido Vannucchi)

di Chiara Giorleo

Matteo Circella de La Brinca di Ne (Genova)  (seconda per 50 Top Itay nella categoria trattoria) si aggiudica  il Premio Speciale della celebre Guida Michelin: Premio Michelin Sommelier 2021 offerto dal Consorzio Brunello di Montalcino. Quali sono stati percorso e vedute che hanno portato a questo risultato e che significato assume questo premio. Lo chiediamo direttamente al vincitore.

Matteo vive ed è nato a Chiavari, classe 1990. È laureato in Economia e Commercio ma dal 2006, quindi da quando aveva 16 anni, lavora nella Trattoria di famiglia: La Brinca di Ne, dove è cresciuto con il fratello gemello Simone. Fin da subito si dividono i compiti: Simone in cucina con mamma Pierangela, Matteo segue papà Sergio nell’organizzazione del servizio e della cantina.

Nel 2008 inizia i corsi per poi conseguire i Diplomi di Assaggiatore ONAV e di Sommelier Professionista AIS. In seguito entra a far parte della Commissione di Assaggio per i Vini D.O.C. della Provincia di Genova e nel 2016 vince il concorso come miglior Sommelier della Regione Liguria. Segue la Guida Slow Wine sin dalla nascita e nel 2018 diventa Responsabile Slow Wine per la Liguria.

Da alcuni anni gestisce la cantina de La Brinca curandone la selezione, l’impostazione e la carta dei vini con tanto di pagina e-commerce. Insieme al fratello Simone, che ora dirige la cucina, il livello qualitativo de La Brinca si è alzato ulteriormente: la grande cura della cucina tradizionale si combina con un’attenta selezione di vini legati soprattutto all’agricoltura naturale e sostenibile.

 

Qual è stato il tuo percorso, professionale e formativo, fino a questo punto? E quali sono i tuoi riferimenti: personali, stilistici e geografici?

Tutto nasce dal fatto che io e mio fratello Simone siamo figli di ristoratori quindi siamo cresciuti dentro queste mura sin da piccoli. La fortuna è stata che quando ho compiuto 18 anni partiva un corso AIS dopo parecchio tempo: al tempo non erano né numerosi né frequenti ma io ritengo che sia il primo fondamentale passo e non solo per gli operatori di settore, consiglio spesso già solo il primo livello anche agli appassionati. In quell’occasione, era il 2008, mi ritrovai con tanti che già lavorano nel settore così si posero le basi per un gruppo molto solido di ragazzi che poi hanno fatto la differenza aprendo diversi locali qui in zona. Ho terminato abbastanza rapidamente il percorso con i 3 livelli ma poi sono stato via per l’Università; seppur viaggiavo con un’attenzione particolare al bere e al mangiare, ero distante dal mio lavoro che ho ripreso nel 2015 e ho capito quanto mi piacesse veramente. Così, una volta laureato sono tornato a La Brinca e, dopo aver vinto il concorso come Miglior Sommelier della Liguria che mi ha dato maggiore sicurezza, mi ci sono dedicato definitivamente. Al di là del percorso formativo, in ogni caso, ho sempre amato viaggiare e andare a conoscere i personaggi del vino in persona per ottenere il massimo giocandomi bene le mie carte. In questo senso ho diversi riferimenti. Uno di questi è Cristiano Cini che è stato anche mio insegnante nel percorso legato al concorso per diventare Miglior Sommelier e che reputo un grande: uno che sa usare un tono comunicativo moderno oltre ad avere una grande sensibilità rispetto ai vini e tutti coloro che vi ruotano intorno a partire dai corsisti stessi. Poi qualche oste: oltre a mio padre con cui sono cresciuto e che reputo un grande professionista, c’è Diego Sorba dell’enoteca Tabarro (Parma, ndr) il quale ha una capacità unica di coinvolgere e affezionare i clienti con gesti che creano empatia e da cui ho imparato qualche trucco. Infine un testo: “L’invenzione della gioia” di Sangiorgi che sembra un testo universitario e impegnativo ma è estremamente interessante con un linguaggio tecnico ma meno formale di un testo AIS o, sicuramente, di un testo di enologia.

Matteo Circella: non sono un talebano ma guardo al futuro

In termini stilistici sono stato etichettato per molti anni come “talebano” perché qualche anno fa con un gruppo di colleghi ci siamo molto concentrati su sostenibilità e vini naturali. Ovviamente il discorso è più ampio: a me piace molto il concetto di agricoltura pulita fatta di idee e di lavoro ma non per questo sento l’esigenza di avere tutte bottiglie estreme, esclusivamente naturali. Anche se c’è un po’ più di tecnica o di tecnologia riconosco la qualità ovviamente. A me piace parlare di persone poi, certo, forse se andiamo a vedere quali sono le bottiglie che propongo e consumo più spesso si ricade facilmente nel mondo del vino artigianale. Rispetto alle zone, avendo anche iniziato un progetto produttivo qui in Liguria, non posso che essere di parte e ho una scelta mirata di vini liguri in carta: non sono tantissimi ma possiamo raccontarli ancor più nel dettaglio.

 

In cosa si distingue la carta di una Trattoria rispetto a quella di un ristorante stellato ad esempio?

La mia è una situazione un po’ atipica perché La Brinca ha una cantina con circa 1500 etichette, cosa anomala per una “Trattoria” che in genere si distingue per minor numero di bottiglie e minore profondità. La differenza sta nella maggiore percentuale di bottiglie assolutamente accessibili, quotidiane. A me piace stappare per far provare ai clienti quante più cose possibile. Una parte importante del mio lavoro è proprio cercare bottiglie per le quali non paghi così tanto il nome o il marchio ma vai a premiare chi ha una qualità a prezzi abbordabili. La differenza è nella clientela, il prezzo assume un ruolo centrale. Noi abbiamo circa 60 coperti quindi ho la possibilità di far girare tante etichette, abbiamo una bella scelta di rossi avendo una cucina tradizionale con tanta carne e verdure ma, al contempo, ottima scelta di bianchi, bollicine e così via. Con un bacino più ampio è importante avere una scelta più vasta.

 

Ti aspettavi un premio come questo? E cosa significa per te e per La Brinca?

Non me lo aspettavo affatto anche perché dopo il concorso AIS mi sono concentrato sulla mia attività e non sempre gli orari sono compatibili con altre iniziative, concorsi o degustazioni. Non solo, penso che sia stata una scelta coraggiosa quella di scegliere un sommelier così “talebano”: quando ho sentito “Miglior Sommelier” ho pensato che avessero esagerato (ride). Io sono felicissimo che una guida così importante ponga tanta attenzione su quello che possiamo definire “vino verde”. Potrebbe essere l’occasione per parlare a volume più alto del vero vino italiano: tutto sommato il vino italiano con le sue differenze, con i suoi diversi territori e i suoi diversi vitigni autoctoni spesso e volentieri è artigianale.

E per La Brinca è una “botta” (ride): siamo già al completo ancora prima di riaprire (dopo le restrizioni e le chiusure imposte a causa del Covid, ndr). Dovrò fare attenzione: essere ancora più preciso ed efficiente ma siamo carichi. Un’opportunità e una gioia importante in un momento difficile per tutti.

 

Cosa ha consentito alla tua carta e al tuo approccio di conseguire questo riconoscimento?

Oltre alla trasversalità perchè c’è un po’ di tutto, la mia cantina ha 25/30 anni quindi offre la possibilità di capire com’è cambiato il mondo del vino italiano. Ci sono bottiglie più vecchie, più nuove, più o meno costose ma la cosa che voglio sottolineare è che ci sono tante storie da comunicare. Ogni singola etichetta che abbiamo in carta ha una storia: siamo stati in cantina, abbiamo incontrato chi c’è dietro e siamo andati a fondo. Il racconto è tutto.

 

Quali sono le maggiori soddisfazioni e, al contempo, le difficoltà che incontri nel tuo lavoro?

Col passare degli anni osservo una crescente attenzione sia al cibo sia alla scelta del vino: c’è più curiosità da parte del cliente. La cosa difficile, il segreto è arrivare alle persone: come fare a convincere i clienti dell’età di mio padre a bere qualcosa di nuovo rispetto a ciò cui sono abituati da sempre? Come fare a convincere i giovani ad approfondire certe produzioni? Non siamo ancora arrivati a questo. Ruota tutto intorno al linguaggio: non spaventare con termini tecnici ma usare un linguaggio comune, magari può dirlo il cliente se ci sente un frutto piuttosto che un fiore. Quello che serve è innescare la conversazione e suscitare interesse, a quel punto puoi parlare di quello che vuoi. Io ho clienti che oggi mi chiedono di provare proprio quello che non conoscono. Con gli anni la situazione sta cambiando e ci sono tanti che, come me, stanno lavorando in questa direzione.

 

In che direzione sta andando la sommellerie in Italia, secondo te?

Osservando le carte di tanti locali in Italia ho notato che c’è sempre maggiore attenzione a determinati produttori che non serve definire come “naturali/ bio/ biodinamici”, sono semplicemente grandissimi produttori e spesso praticano proprio un tipo di agricoltura molto sano.

Non serve avere migliaia di etichette, il sommelier moderno è capace di informarsi, viaggiare, conoscere i produttori e, così, scovare le migliori produzioni per proporre, anche al cliente milionario, qualcosa di nuovo.

Altro aspetto importante è l’approccio del sommelier al tavolo: una figura che fa quasi paura, che usa termini sconosciuti mentre, come dicevo, serve un linguaggio moderno che non è più tecnico ma più comprensibile. Un linguaggio che dovrebbe essere adottato da tutti i sommelier, non solo in trattoria.

Bisognerebbe partire da questo per far acquisire al vino maggiore popolarità. Oggi il vino è considerato prevalentemente come bene di lusso mentre, secondo me, dovrebbe essere, proprio in Italia, su tutte le tavole: un prodotto quotidiano. Ci dovrebbe essere sempre una bottiglia aperta perché è una cosa che fa stare bene come poche cose nella vita.

Non siamo ancora pronti, serve una grande novità, un grande passo ma ci stiamo lavorando.

Matteo Circella Premio Sommelier Michelin alla Brinca