I cinque piatti di Massimo Bottura da provare almeno una volta nella vita


 

Massimo Bottura

Massimo Bottura – Paestum

di Albert Sapere

I migliori piatti di Massimo Bottura? Solo cinque? Difficile forse, facile se si va di istinto. Lui è stato il quinto Beatles.
Sì, perchè, al di là dei singoli artisti, perché i Beatles sono considerati il più importante gruppo pop-rock di sempre? Il motivo è da attribuire all’idea di essere stati figli dei propri tempi. Mi spiego meglio. Si parte da Love Me Do, registrato del mitico studio di Abbey Road a Londra. Una canzone tutto sommato acerba e arrangiata in modo non impeccabile (come confermato dallo stesso McCartney), costruita su due semplici accordi, ma caratterizzata da una freschezza e da un sound che nessun brano pop del 1962 poteva vantare. Per poi arrivare ad altro nel corso degli anni, come Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, inizialmente pensato come un album a tema che avrebbe dovuto rievocare gli anni della loro infanzia e adolescenza a Liverpool, considerato da molti il più importante album della storia del rock. O a pezzi come la lennoniana All You Need Is Love, che sarebbe diventata l’inno dei figli dei fiori. Per terminare con Let it Be, il ritorno dei Beatles ad una visione semplice del rock&roll dopo le architetture complesse e i fuochi d’artificio stilistici dei dischi precedenti, perché forse avevano già intravisto la fine di quello che era stato il movimento culturale degli anni 60’ e l’inizio di un periodo ancora diverso con l’avvento dei ’70.

Figli del proprio tempo, anzi un passo avanti al proprio tempo.  Questa lunga premessa sui Fab Four, secondo me è indispensabile per spiegare quello è stato il “fenomeno” Massimo Bottura/Osteria Francescana, che ha caratterizzato e rivoluzionato l’ultimo ventennio della cucina italiana. Massimo e il suo staff creativo, Davide, “Taka” e tutti gli altri hanno lasciato un segno nella cucina italiana d’autore.

L’Osteria Francescana non è solo il miglior ristorante del mondo per 50Best Restaurant, ma un luogo di cultura, dove la cucina è usata per lanciare dei messaggi, tenendo però sempre ben presente che è un ristorante dove si fa da mangiare per le persone.

La 5 stagionature del Parmigiano in temperature e consistenza diverse

Le 5 stagionature di parmigiano in temperature e consistenze diverse
La cucina italiana, o meglio l’insieme di tante cucine regionali che unite fanno quella che è una delle 4 cucine più importanti al mondo, insieme alla francese, giapponese e cinese. La grande particolarità di una cucina come quella italiana, nei suoi fondamenti, è la grande esaltazione della materia prima. Quindi un cuoco italiano moderno, o chiunque faccia cucina italiana nel mondo, quando pensa ad un piatto, secondo me, dovrebbe partire sempre da questa domanda: “Come posso valorizzare al massimo il lavoro dei contadini, dei casari, dei pescatori e di tutti gli artigiani che lavorano per arrivare a questo prodotto? Ultimamente nella ristorazione italiana d’autore vedo sempre più spesso la tecnica come fine e non come mezzo, l’ostentazione di tecnicismi a scapito della materia prima. Forse il piatto che rappresenta meglio quello che voglio dire solo le “5 stagionature del parmigiano in temperature e consistenze diverse” di Massimo Bottura, che è anche il mio piatto preferito a tutte le latitudini e longitudini. La tecnica c’è e passiamo da quella classica francese, fino all’avanguardia più spinta, ma senza mai perdere di vista l’obbiettivo finale che deve avere un cuoco italiano, la valorizzazione della materia.

La compressione di pasta e fagioli

La Compressione di fasta e Fagioli
“Ho messo mia nonna tra Joël Robuchon e Ferran Adrià”. L’umile pasta e fagioli, il paracadute di tutte le nonne, incastonata tra due “monumenti” dell’alta cucina, la Creme Royale, ricca grassa opulenta, quella crema che fa inorgoglire i francesi quando la nominano e quello che era l’avanguardismo spagnolo di Adrià. Un gesto culturale che ha liberato tanti cuochi, che potevano servire la tradizione, adattandola all’alta cucina, ai tempi moderni, alla propria sensibilità. Uno spartiacque.

 

Il bollito non bollito

Il Bollito non bollito

Oggi potrebbe sembrare un piatto anche preistorico per certi versi. Geniale nella presentazione che ricordava uno Sky line di New York, visto da Central Park, ricco di pensieri il contenuto gastronomico. Oggi la cottura a bassa temperatura è di uso comune, si usa in tantissimi ristoranti, ma l’epoca in cui nasce questo piatto era il nuovo che arrivava. In Spagna i fratelli Roca, uscivano con un libro sulla cottura a bassa temperatura e in Italia la Francescana serviva questo piatto. C’è sempre un principio, qualcuno che percepisce quello che arriva, come in questo caso e con la stessa onestà intellettuale non lo ripropone oggi come “avanguardia”, ma per cristallizzare e contestualizzare un periodo molto importante per la cucina d’autore moderna. Piatto antesignano. Sicuramente rientra tra i migliori piatti di Massimo Bottura.

 

ops… mi è caduta la crostatina

Ops… mi è caduta la crostatina

Il cuoco è un artista? No, il cuoco è un artigiano che fa gli stessi gesti tutti i giorni. Ma allora un cuoco può prendere spunto dall’arte? Si, assolutamente! Perché un buon piatto, senza cultura ed un pizzico di ironia, resterà “solo” un buon piatto, niente di più. Il cuoco ha libertà di prendere spunto dall’arte, questo lo aveva fatto anche Gualtiero Marchesi, però in un modo molto “serioso” invece il messaggio della crostatina è che con un pizzico di ironia tutto è più buono. Invece il tema gastronomico è che un fine pasto deve essere leggero, fresco, senza perdere di golosità ed usare degli elementi salati, può essere la soluzione al troppo zucchero.

 

ricciola grigliata in astratto

Ricciola grigliata in astratto

Questo è il primo piatto con la mozzarella di bufala campana che mi fece capire che l’Italia della cucina d’autore era in rivoluzione. Una rivoluzione meravigliosa che staccava con tutto e prendeva nuove forme e nuovi sapori. Un piatto che mi lasciò senza parole, l’ho riprovato almeno un centinaio di volte nella mia testa. Era una ricciola, cruda, però profumava di grigliato grazie a degli oli essenziali al basilico. La bottarga, una gelatina di pomodoro e poi la mozzarella ghiacciata sopra. Un cazzotto in pieno mento di un peso massimo mi avrebbe sconvolto meno. Tutto profumava e sapeva di mare, di mediterraneo, con questa bufala sopra che rilasciava l’acidità poco alla volta, in un crescendo della bufala e degli altri ingredienti come avviene in un’opera lirica. Massimo l’ha riproposto ieri alla cena per i 50 anni del Convento a Cetara, aggiornando quella versione, perché il cibo non è un qualcosa di statico e le tradizioni per essere preservate vanno aggiornate continuamente.

Questi dunque i migliori piatti di Massimo Bottura da provare almeno una volta nella vita.