Minestra maritata napoletana


minestra maritata

Da buoni mangiafoglie i napoletani si sono inventati questa minestra nella quale le verdure si maritano felicemente con la carne ed il suo brodo, di origini molto antiche e popolari, poi mano a mano nel tempo evoluta ed adattata a palati più esigenti e delicati.

Mai un matrimonio si è rivelato così ben riuscito e duraturo nel tempo tanto da emozionare e coinvolgere generazioni e generazioni di persone che adorano questo piatto cult della cucina partenopea, tipicamente invernale, ricco, grasso e succulento, richiede molto impegno e tempo nella preparazione, per cui sempre meno presente sulle tavole delle case napoletane dove le donne ormai sono impegnate nel lavoro e, viva Dio, a fare carriera, tanto ci sono comunque ottimi ristoranti dove andare a mangiarla, irrinunciabile però nel giorno di Natale, molto difficile e strano non trovarla nel menù di questa ricorrenza vissuta ancora in maniere molto tradizionale da queste parti.

Ogni famiglia si tramanda la ricetta da generazioni nella versione personalizzata secondo i gusti propri, vi propongo la mia, passata dalla nonna paterna di origini nolane a mia madre romana, figlia di una bagnarota e oggi preparata da me, porticese e maritata ad un valdostano.

Nella minestra maritata tradizionale ci vuole anche dell’osso di prosciutto ed altre parti grasse del maiale, ma io non le adopero.

Scriveva il Marchese del Tufo di questa minestra: Deh, se provaste mai, donne mie care, certo altro buon mangiare che noi con studio assai lo solem fare d’un dolce pignate, d’un pezzo riposata da poi che è cucinata detta a Napoli tra noi la maritata, fatti di torzi, d’ossa mastre e carne, lascereste faggian, pernici e starne, dove entra un pezzo di presciutto vecchio per far meglio apparecchio, salcizon, sopressata e boccolaro, col suo finocchio e buon formaggio dentro, che il sapor vada a penetrar nel centro…

Come tutti i grandi piatti regionali italiani la minestra maritata non ha regola. Si, c’è una codificazione classica che è data da Ippolito Cavalcanti che prevede sei tipi di verdure (broccoli di rape, broccoli di foglie, cicorielle, torzelle, cappucce e scarolelle) e tre tipi di carne (manzo, pollo e maiale, del quale ultimo però bisogna selezionare addirittura sette “luoghi”: uoss’, ‘e prosciutto, cotiche, mascariello, vuccularo, lardo, nnoglie e verrinia).
In realtà ognuno ha il suo segreto perché le origini di questo piatto risalgono alla notte dei tempi, fa parte delle zuppe contadine comuni a tutte le civiltà rurali con lunghe cotture vicine al fuoco. Nel “De Re Conquinaria” di Apicio, compare una minestra con verdure e maiale. Per secoli se ne perdono le tracce, a Napoli è stata portata sicuramente dagli Aragonesi nel XIV secolo: l’Olla Podrida, una zuppa spagnola di erba e carne di maiale. Oggi si accompagna al pane, in passato si usavano anche gli scagliozzi, pezzetti di polenta fritta che stanno tornando di moda in città.
Si come sia la minestra maritata resiste nelle tavole napoletane, cambiano le generazioni ma i suoi cultori non diminuiscono affatto, anzi. Per quale motivo? È presto detto, questo piatto è la sintesi della nostra cultura gastronomica tradizionale, perfetto dal punto di vista nutrizionale anche secondo i canoni moderni per il contenuti di fibra, antiossidanti, quasi assente il colesterolo.
È un piatto antico ma moderno, perché l’elemento vegetale non è comprimario alla carne, ma recitano un ruolo inverso. Naturalmente non è virtuosismo alimentare, ma perché essendo un piatto povero si doveva riempire lo stomaco con verdure e ortaggi mentre nel brodo era il sapore dell’eterno desiderio della cucina napoletana, la carne, appunto. Perché quello che differenzia la nostra gastronomia da tutte le altre sono due cose: l’essere una cultura alimentare di città, dunque abituata alla varietà dei prodotti e delle abitudini sociali, e avere sostanzialmente origini povere, poverissimi.
Erano mangiafoglie i napoletani sino al ‘600, poi grazie ai maccheroni iniziarono a moltiplicarsi e a saziarsi.
Ma la cultura del prodotto è proprio nella selezione delle erbe e degli ortaggi, scarola, torzella, friarielli, cicoria, verza, cavolo nero, sopra tutti, ma anche tante altre, poi canonizzate in numero di sette. Mentre cinque dovrebbero essere le varietà di carne. Ma questa precisione è già segnale di opulenza, di arroganza palatale rispetto a delle abitudini ben più semplici: si faceva con quello che si trovava, negli avanzi di fine mercato, oppure girando nelle campagne dei Camaldoli, dei Campi Flegrei e sul Vesuvio. Verdure e ortaggi dal sapore assolutamente superiore grazie al suolo vulcanico.
Eccola dunque la nostra cultura, riassunta in modo magistrale nell’alta cucina nella minestra maritata di Gennaro Esposito, il cuoco che più di ogni altro ha imparato a giocare di rimbalzo con la tradizione affinando con la tecnica e la presentazione piatti che di per se stessi sono assolutamente già insuperabili. Oppure nella idea di Francesco Sposito.<QJ>
Si tratta di un piatto stagionale, perché esiste quella di Natale, con la quale si apre il pranzo il 25 dicembre, e quella di Pasqua eil sapore cambia a seconda delle erbe e delle verdure usate.
Per noi il valore del cibo è simbolico, scaramantico, naturalmente religioso. Certe cose vanno mangiate al momento giusto.

Ricetta di Marina Alaimo

  • Tempo di preparazione 20 minuti
  • Tempo di cottura 3 ore
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Ingredienti per 4 persone

  • Mezza gallina
  • 500 gr. di muscolo di manzo
  • 20 gr. di gallinella di maiale
  • 1 salsiccia fresca
  • 50 gr. di salame napoletano in un pezzo unico
  • 3 kg. di verdura mista:
  • bietoline e scarulelle (scarole piccole)
  • torzelle
  • borragine
  • cicorietta
  • 1 carota
  • 1 cipolla
  • 1 costa di sedano
  • qualche grano di pepe.
  • Formaggio grattugiato q.b.

Preparazione

Preparare un brodo di carne con tutte le carni elencate tra gli ingredienti, aggiungendo anche la carota, la costa di sedano, la cipolla e grani di pepe nero.
Nel primo bollore cercare di eliminare il più possibile la schiuma scura che sale a galla.
Una volta ben cotta la carne salare q.b.
Dopo un’ora toglierla dal brodo e filtrare quest’ultimo molto bene.
Lasciare freddare bene il brodo in modo che il grasso si solidifichi ed eliminarlo.
Lavare bene le verdure e farle cuocere per un paio di minuti in acqua bollente, scolarle bene ed immergerle nel brodo bollente per un paio di minuti, spegnere il fuoco e lasciare riposare la minestra almeno un’ora.
Al momento di servirla disporre un po’ di verdura in una fondina, versarvi del brodo bollente ed adagiarvi sopra un misto di carni lesse sfilacciate, grattugiarvi del formaggio a vostra scelta

Vini abbinati: Piedirosso di Contrada Salandra