Trattoria Nennella dal 1949
Vico Lungo Teatro Nuovo 103
Tel.081 41 43 38
Aperto: pranzo e cena
Chiuso: domenica
Ferie: 20 gg. ad agosto, 25, 26 e 31 dicembre
Siamo in pieno dopoguerra a Napoli, nei quartieri spagnoli, come nel resto della città, ci si arrangia, soprattutto si fanno “affari” con i militari americani in libera uscita per le vie del centro. Quando si vuole indicare il quartiere “Montecalvario” di Napoli, è sufficiente dire “’ncopp’e quartieri”, un’area più o meno indefinita tra il Corso Vittorio Emanuele e Via Roma ex Via Toledo. La storia della trattoria di Nennella (affettuoso vezzeggiativo dialettale che si dà alle bambine e alle donne minute) parte proprio nell’immediato dopoguerra, quando Nennella, al secolo Elisabetta Vitiello, per sbarcare il lunario, apre un piccolo ristoro, poco più sopra dell’attuale trattoria, dove dava “‘o bbere ‘e ‘mericani”, ovvero vendeva whisky, caffè e preparava anche, “ ‘e marenne pè scupature ‘a matina” ( la colazione di mezzogiorno per i netturbini). Alle bevande e alle colazioni, si aggiunsero un paio di piatti caldi storici: “’a zuppa ‘e carna cotta” (la trippa) e pasta fagioli. Dal piccolo “buco” di Vico Teatro Nuovo, si passa alla prima saletta con quattro tavoli e un bancone dove si cucinava a vista.

La famiglia cresce, nasce Pasquale che farà poi prosperare l’attività, mettendo a lavorare tutta la famiglia fino al 2005 anno della sua scomparsa. Al timone restano le donne, Nennella 2, ovvero Concetta la moglie di Pasquale e Nennella 3, Rita, la giovane moglie di uno dei figli di Pasquale, Mariano. In trattoria collaborano tutti gli altri fratelli e sorelle: Ciro, Gennaro, Salvatore e Geltrude, oltre a una squadra di calcio di nipoti e cugini. 60 anni fa circa 12 posti, oggi la trattoria ha più di 120 coperti in tre sale interne, uno spazio all’aperto nel vicolo, con tanto di permesso, e una piccola sala poco più sopra, voluta da Rita, Nennella 3, con pochi tavoli riservati, una specie di camera da pranzo di casa propria per occasioni speciali. Il menù ovviamente cambia ogni giorno, ogni componente della famiglia ha compiti precisi: spesa ai vari mercati storici di città, sala e cucina. Ci sono poi tre compiti molto particolari: recitare il menù a voce (esiste anche la versione stampata), gestire le lunghe file di attesa e far alzare dai tavoli le persone che hanno già pranzato, per lasciare il posto agli altri. Al centro della sala pende un paniere, ogni tanto si sente una voce: “uagliù acalate ‘o panaro!” (ragazzi tirate giù il paniere), alla risalita del paniere , si alza dalla sala un corale “grazie”! Ok il paniere serve per le mance al personale.

L’inquadramento socio-culturale è importante per capire la valenza di questi luoghi della memoria, per fortuna ancora esistenti e frequentati da un pubblico estremamente eterogeneo, studenti, famiglie, eleganti impiegati delle vicine banche e uffici e gruppi di ragazzi la sera. Si mangia già dalle 12,00 e si va avanti anche fino alle 16,00 per poi riprendere la sera. Il pranzo completo prevede antipasto, primo, secondo, contorno, pane, frutta, acqua e vino della casa. Il menù non è fisso, anzi prevede una vasta e fresca scelta. L’antipasto è il classico napoletano, crocchè di patate, arancini di riso, rigorosamente fatti alla vecchia maniera, olive, verdure grigliate, salame napoli.

Per i primi l’offerta è varia e appetitosa e cambia con la stagione: pasta e patate con la provola, pasta e fagioli, pasta e ceci, pasta e lenticchie, pasta e piselli, spaghetti olive e capperi, la cd”puttanesca”, al filetto di pomodoro e profumato basilico, minestra di scarole e fagioli, vermicelli con i “lupini”, (vongole comuni, diverse da quelle veraci, ma, altrettanto saporite) e ancora la pasta al forno, il gattò di patate, la lasagna, e gli immancabili ragù e genovese. Quest’ultima è prerogativa di Nennella 2, da sola sbuccia 40 kg di cipolle bionde, spandendo il profumo per tutto il vicolo, sceglie la carne giusta, nessuno deve intromettersi.



Altrettanto ricca la lista dei secondi, fragranti “alicelle” di Pozzuoli indorate e fritte, baccalà, pollo arrosto, “tracchie” (spuntature di maiale) arrostite, polpette fritte o al sugo, polpette di ricotta, mozzarella di bufala freschissima, mozzarella “in carrozza” o alla caprese. I contorni ci riportano all’incredibile fantasia dei napoletani di cucinare le verdure in ogni modo: i classici “friarielli” saltati in padella con peperoncino, peperoni in padella o al “grattè”, parmigiana di melanzane, funghi trifolati, peperoncini verdi fritti al pomodoro, fagiolini, patate e carote lesse, patate fritte o al forno, spinaci e broccoli. Il pane è cotto a legna in uno dei forni storici della zona collinare della città, viene ritirato in due infornate per averlo sempre fresco, al mattino e nel primo pomeriggio.


Per il caffè pochi passi e avrete solo l’imbarazzo della scelta su Via Roma. Per il dolce nello stesso vicolo si trova la storica pasticceria Ranaldi, paradiso dei golosi.
Il servizio è essenziale e più veloce di Mcdonald, in compenso per 10 euro (dico dieci) mangerete, serviti a tavola, dall’antipasto alla frutta, un decoroso aglianico e piedi rosso sfuso di Monte di Procida. Qui, come nella migliore tradizione napoletana, “il cucinato” è anche da asporto, per circa 8 euro porterete a casa un pasto completo bevande escluse.Un vero affare, non solo per la cucina e il valore incalcolabile di una tradizione che continua, ma anche, per la straordinaria atmosfera di verace e ironica napoletanità, per niente folkloristica, che si respira a casa di Nennella, dove si fa anche la raccolta differenziata…
Giulia Cannada Bartoli


22 commenti
Monica Piscitelli
1 ottobre 2010 - 13:44Un posto dove mangiare è divertente, innanzitutto. Lo frequentano persone di tutti i tipi. Nei periodi di crisi è il rifugio degli artisti squattrinati. Non solo per i prezzi ma perchè restituisce il buonumore. I camerieri giocano con i clienti per cui i tipi “ingessati” o la amano o la odiano. Grazie Giulia per questo racconto.
ALBA
1 ottobre 2010 - 13:53Ca nisciun c rumb’ ò…..bbdun
Giulia mi sto piegando dalle risate.
marco contursi
1 ottobre 2010 - 13:58è il posto più casinaro che conosca…….mangiare è una esperienza a tutto tondo…….però solo se hai la “capa fresca” sennò è un morire…proporrei di fare la rubrica bisettimanale e di allargarla a tutta la campania……sono più quelli che hanno pochi soldini da spendere che i milioneros…….brava Giulia comunque :-)
Romualdo Scotto di Carlo
1 ottobre 2010 - 14:14ancora complimenti, Giulia, era un must del genere e ne hai reso perfettamente atmosfera e caratteristiche… questa rubrica si preannuncia un piacere…
giulia
1 ottobre 2010 - 14:15:)
claudio nannini
1 ottobre 2010 - 14:28Che dire! Era ora, finalmente si legge di posti divertenti, dove si mangia “sul serio” con un investimento davvero irrisorio in una atmosfera casinara e divertente. Bella rubrica,ottimo racconto,belle foto. Davvero tanti complimenti Giulia..a prescindere! Quanto dovremo aspettare per leggere la prossima?
ALLA VIA COSI’.
giulia
1 ottobre 2010 - 14:30……a prescindere:) grazie. tra una settimana il prossimo
Mario Stingone
1 ottobre 2010 - 15:13E che aggiungere più . Brava Giulia complimenti !
beppe
1 ottobre 2010 - 15:17Bellissimo spaccato storico e socio culturale, e grazie per le traduzioni! ;-)
giancarlo maffi
1 ottobre 2010 - 15:38veramente brava giulia . cosi’ si fa . la classe non è acqua e neanche prosecco :-))
giulia
1 ottobre 2010 - 15:41detto da te Maffi , mi vine il tremolio:)))Merci:)
Tommaso
1 ottobre 2010 - 15:53ci andremo tutta la famiglia, e credo che ci sentiremo a casa
gaspare pellecchia
1 ottobre 2010 - 18:34che combinazione, mezz’ora fa ne parlavamo in treno (dove sono tutt’ora) proprio di questo locale.. Il mio vicino di posto diceva che già alle otto di mattina qui ha visto sfornare fritti..
napoli tra pignasecca e quartieri, e centro storico, stazione, carmine, forcella, e zona universitaria è piena zeppa di posti dove solo un napoletano SA portarti..
;-)
gaspare pellecchia
1 ottobre 2010 - 18:37che bella, napoli!
così maltrattata, eppure resta probabilmente la più bella città del mondo
mamma
1 ottobre 2010 - 19:58vengo anche io
brava!
links for 2010-10-01
2 ottobre 2010 - 07:03[…] Napoli, Trattoria Nennella. 60 anni di cucina di casa nei Quartieri Spagnoli « Luciano Pignataro Wi… […]
Marina
2 ottobre 2010 - 13:01Troppo divertente. Io passeggio spesso da quelle parti per sentire ancora pulsare l’anima di Napoli.
emanuela capuano
2 ottobre 2010 - 18:00Ho dei bellissimi ricordi della trattoria da Nennella, e l’articolo è molto esaudiente, anche se non tocca l’argomento sulla bellissima atmosfera e goliardia creata da Ciro & Co. nelle piccole salette, dove dei grandi poster del San Carlo e di Capri, rappresenterebbero x Ciro stesso le “affacciate dei suoi balconi”, quelli fantasiosi di una Napoli che sa ridere dei suoi difetti! Ne delle “acrobazie” in sala con i piatti della “pasta e patate con la provola azzeccate”…
Voglio anche sottolineare un altro aspetto molto bello della trattoria Nennella, che nell’articolo nn viene citato: la sera, dopo il lavoro, tutto il cibo rimasto, non viene conservato per il giorno successivo, ma viene donato ai poveri ed ai senza tetto. Anche questo è un bel simbolo di una Napoli “vera”, che nonostante tutto non si dimentica da dove viene!….. Un saluto a tutta la famiglia di Nonna Nennella!
Massimiliano ceccarelli
3 ottobre 2010 - 15:14Questa e’ storia..e’ passione…amore, e’ uno status e un vero punto di riferimento…
Per quanto mi riguarda dovrebbe essere “PROTETTO ” dall’ UNESCO come patrimonio dell’umnaita !!!!!!!
MASSIMO RISPETTO PER QUESTA TRATTORIA E PER QUESTA SPLENDIDA GENTE !!!!
emanuela capuano
3 ottobre 2010 - 17:21complimenti per il tuo lavoro Giulia, ti seguirò leggendoti nel tuo viaggio alla riscoperta di Napoli “vera”.
In bocca al lupo
Emanuela
pasquale t
8 ottobre 2010 - 21:49grazie ,grazie , Giulia mercoledì sono sato da nennella che mi ha fatto ritornare” nennillo ”
non mi divertivo al ristorante in questo modo da diversi anni , lo stagista giapponese e mia moglie stanno ancora ridendo , che spettacolo pagare alla porta , mangiare divertendosi con i sapori di casa , e nessuno che si fosse incazzato per ile mancanze che a noi vengono apostrofate come disservizi , lo consiglierei a tanti miei colleghi per ritornare con i piedi sulla terra , sarà il posto in cui porterò i miei stagisti per spiegare la cucina napoletana e la napoletanità
shekkinah
10 ottobre 2010 - 03:53Ogni volta che andiamo ci divertiamo a pazzi (tipo la parolaccia)…….. e si mangia benissimo garantito….
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