Perdersi e ritrovarsi 2006 Beneventano igt | voto 79/100


Raffaele Annichiarico

PODERI VENERI VECCHIO

Uva: aglianico (70%), piedirosso (30%)
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno

Vista: 5/5. Naso: 22/30. Palato: 24/30. Non omolgazione 28/35

La giornata settimanale che Raffaello dedica esclusivamente ai lavori della piccola cantina è generalmente quella del giovedì. Chi vuole incontrarlo deve approfittare in questa occasione, facendo visita nella caratteristica casa di campagna che ospita la piccola ma sempre più interessante cantina che questo partenopeo verace ha realizzato nell’ameno scenario vitato di contrada Foresta, in quel di Castelvenere.  Ne vale la pena, perché in questo regno recintato dal tufo si coglie tutto l’amore di Raffaello per il mondo del vino. Amore che nasce da una passione immensa.

Noi ci siamo stati qualche mese addietro, abbiamo discusso a lungo, mentre lui era alle prese con le ultime operazioni di cantina della vendemmia 2010. La sua filosofia è semplice ma profonda. Grande attenzione in vigna, con il minimo impatto per quel che concerne gli interventi nei campi, dove ci si affida soprattutto alla tempestività nei momenti topici del processo produttivo, approfittando per questo della collaborazione  dell’amico Giuseppe Di Cerbo, suo vicino di casa in quel di Castelvenere. Lo stesso succede in cantina, niente forzature, ma capacità di farsi guidare fino in fondo dalle proprie idee. Prima di lasciarci, dopo una lunga chiacchierata, ci ha fatto dono di una bottiglia di ‘Perdersi e Ritrovarsi’, uvaggio di aglianico (70%) e piedirosso (30%): uno dei classici “accoppiamenti” dei decenni scorsi, soprattutto nell’areale torrecusano.  Un’etichetta che seguiamo fin dal primo anno di produzione, la vendemmia 2004. Quella di cui parliamo è relativa all’annata 2006: vino che ha conquistato anche la medaglia d’oro all’edizione 2010 della Selezione del sindaco, il concorso enologico internazionale organizzato dall’Associazione nazionale delle Città del vino. Da protocollo questo nettare affina prima in acciaio, a contatto con  le fecce con battonage settimanali, poi il passaggio di circa un anno e mezzo in legno. Alla vista ecco un bel rosso vivace, anche se non particolarmente marcato in intensità. Rispetto alle versioni precedenti riconosciamo da subito un naso più pulito, piacevolmente fruttato, con ciliegia in evidenza, marasca ed invasioni di piacevoli spezie. In bocca colpisce soprattutto la freschezza della beva, con la frutta sempre in evidenza. Particolarmente armonico e come nelle versioni precedenti si comprende bene che l’intento non è quello di volere un rosso tutto muscoli. La nota più piacevole è senza dubbio costituita dalla lunghezza del vino, con un finale che rispetto alle versioni precedenti si mostra, come il naso all’inizio, con una bella pulizia.  Da provare sulla carni oppure sui carrati con sugo di pecora preparati da Dino Masella.

Questa scheda è di Pasquale Carlo

Sede a Castelvenere, Via Veneri Vecchio. Tel. 081.5569968 – 340.5869048 [email protected] enologo Raffaele Annicchiarico. Ettari 1 di proprietà e 2 in affitto. Bottiglie prodotte 18.000. Vitigni: aglianico, sangiovese, barbera del Sannio, piedirosso, cerreto, grieco di Castelvenere

4 Commenti

  1. APPELLO A LUCIANO PIGNATARO

    Sono un lettore assiduo del tuo blog, tuo coetaneo.
    Sono contrario ai voti sui vini, non ho mai scritto una polemica prima.
    Stamattina come al solito ero pronto alla lettura e mi ritrovo un vino degustato di recente, l’articolo non l’ho neppure letto perchè il voto mi deprime, alla non omologazione solo 28. Mi arriva subito in mente il ricordo di aver letto Terra degli Angeli di Terredora con voto di non omologazione 31. A me sembra assurdo che i vini realizzati in maniera prettamente industriali, la cui produzione è basata sull’utilizzo spinto di tecnologie e biotecnologie (osmosi inversa: di cui sono certo che Terredora possieda più di un apparecchio e lo invito a rispondere su questo se ha il coraggio) prendano dei voti più alti di un Poderi Veneri Vecchio dove non si effettuano filtrazioni, chiarifiche… insomma non giudico naso e bocca o voto toale ma almeno quello o lo togliete o si perde tutto il senso e i lettori del blog, quelli attenti e non polemici smettono di leggere come ho fatto oggi con questo articolo!
    Slow Food toglie i voti e Pignataro Blog li mette.
    Per me i produttori che fanno vini “non omologati” sono Cantina Giardino (su tutti i loro prodotti), Il Tufiello, Podere Veneri Vecchio… non mi sembra che gli altri siano a questi livelli di “non omologazione”.

    1. devi pure tenere presente che questo è un blog mainstream quindi non può schierarsi contro i mastroberardino.

  2. Elio guarda che 79/100 è un ottimo voto. Poi quando si comparano i vin idi categorie diverse è sempre sbagliato: il Greco di Terredora è un ottimo prodotto base e molto corrispondente al territorio.
    D’accordo sulle aziende che citi, ma evitiamo un errore di fondo: non è la naturalità di un vino l’unico elemento per valutare se un vino è omologato o meno. Come dice Moio, i vini del contadino si somigliavano tutti perché puzzavano tutti.
    Un altro errore: piccolo è naturale mentre grade è omologato. L’esperienza mi dice che questa distinzione è priva di senso, in Campania i vini di decine di aziende piccole sono molto più omologati delle grandi.

  3. Vorrei tralasciare la comparazione tra diversi vitigni, che non ha senso in quanto implica un differente grado di conoscenza e soprattutto si parla di un diverso palato impegnato nella degustazione, ma cerco di spiegare il mio 28 che resta, per me, un voto di fascia alta. Basti confrontare altri due vini che ho recensito con punteggio su questo sito a dicembre, sempre aglianico, dove alla non omologazione è assegnato un 25 ed un 26, per due prodotti che pure si distinguono in tipicità. Questa è un parametro particolarmente soggettivo, che diventa ancora più severo nel momento in cui l’esperienza personale è costruita anche con la degustazione di produzioni ancora più estreme, come ad esempio i vini dei contadini. Concludo invitando tutti i lettori a non fermarsi al giudizio sintetico dei numeri. Del resto, che Raffaello segua percorsi non omologati nei campi come in cantina, è ben evidente tra le righe di questa mia e di recensioni di altri amici di questo blog.

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