Al via la raccolta del pomodorino del piennolo. Terraviva di Giannina Manfellotto è in pole position


Giannina Manfellotto di Terraviva

Giannina Manfellotto di Terraviva

di Tommaso Esposito

Il Vesuvio è all’orizzonte e qualche nube si infila a mo’ di pennacchio sul cono.

Terraviva I campi e il Vesuvio

Terraviva I campi e il Vesuvio

La raccolta del Pomodorino del Piennolo del Vesuvio Dop è in pieno svolgimento.
I frutti del lavoro della terra danno soddisfazione quest’anno.

Terraviva  I campi  e  il  Vesuvio

Terraviva I campi e il Vesuvio Antonio Manfellotto

Giannina Manfellotto è una dei tanti giovani vesuviani che ha rinunciato a cose più belle  pur di portare avanti nell’azienda Terraviva la testimonianza del papà Antonio che ancora coltiva la terra.

Terraviva il lavoro nei campi

Terraviva il lavoro nei campi

Quest’anno, stando ai dati certificati da Agroqualità,  Terraviva è al primo posto per il numero dei metri quadrati di superficie destinata a coltivazione.

Terraviva I campi  e il Vesuvio

Terraviva I campi e il Vesuvio

Ne sono 36.890 distribuiti al di qua del vulcano, lungo le pendici del Monte Somma a Sant’Anstasia in piena area Dop.
La seconda azienda è quella dei fratelli Angrisani con 22.641 mq sempre a Sant’Anastasia.
La terza è quella della Masseria dello Sbirro di Lorenzo Cozzolino a Ercolano con 16.620 mq.
Quella di Giannina Manfellotto  è una gran bella soddisfazione.
Essere primi è un grande risultato che impegna al massimo per garantire la qualità del prodotto.

TerraViva Le mani sporche di terra e ricche di pomodoro

TerraViva Le mani sporche di terra e ricche di pomodoro

Il lavoro sodo della terra in prima persona di tutta la famiglia e del papà Antonio in particolare, di suo fratello Raffaele , nonché la sua personale capacità di distribuire e contattare direttamente i clienti, soprattutto pizzaioli e ristoranti sono veramente da ammirare.
Ecco un altro guinnes forgiato nel Vesuvio.

4 Commenti

  1. Caro Tommaso,
    ci ho pensato un po’ prima di commentare questo tuo articolo, ma alla fine mi sono deciso a farlo, perché credo sia giusto fornire a te e in primo luogo ai lettori delle informazioni corrette. Vengo subito al punto: parlare di pole position per l’azienda Terra Viva e per le altre che citi, sulla base dei metri quadri coltivati, è fuorviante: produrre molto non sempre si coniuga con il produrre bene. Non è impossibile farlo, ma ti assicuro che nel caso del pomodorino del piennolo la cosa è molto difficile. Immagino che a te e ai tuoi lettori debba interessare maggiormente questo aspetto piuttosto che il mero dato quantitativo. La qualità della produzione, nel caso del pomodorino del piennolo, dipende da molti fattori. Vediamone alcuni. Diciasette sono i Comuni che fanno parte dell’area dop, ma negare che alcuni di essi siano più “vocati” di altri alla produzione del pomodorino del piennolo, sarebbe menzognero. Oltre alla ubicazione dei terreni, e quindi alla loro struttura fisica e composizione chimica, fondamentale è anche l’altitudine.
    I terreni dove si fa il prodotto migliore sono generalmente ubicati più in alto, anche se sono i meno produttivi. Poi c’è da considerare l’ecotipo di pomodorino che si sceglie. Ce ne sono di più adatti alla conservazione al piennolo; di più adatti alla preparazione delle conserve; ce ne sono a “doppia attitudine”; ce ne sono di più produttivi e di meno produttivi: la scelta dell’ecotipo si fa in base alla destinazione del prodotto (per conserve o per piennolo) e in base al tipo di terreno di cui si dispone. Insomma non tutti gli ecotipi sono uguali e non tutte le aziende possiedono lo stesso know how sugli ecotipi cioè sui semi. Infine c’è la tecnica di produzione, cioè il lavoro dell’uomo. Come ti i dicevo prima, produrre molto e bene è complicato, per una serie di motivi: non tanto per la disponibilità di suoli (anche quella naturalmente), ma anche e sopratutto per la enorme quantità di manodopera necessaria. A meno che non si utilizzino delle scorciatoie… Per esempio non si effettui il diserbo manuale o meccanico, ma si ricorra al diserbo chimico (il disciplinare della dop non vieta il diserbo chimico ma è ovvio che fare ricorso al diserbo manuale e/o meccanico giova non solo alla salute del terreno ma anche alla qualità del prodotto), oppure non si faccia ricorso ad una meccanizzazione spinta del processo produttivo, per esempio effettuando la rincalzatura con l’ausilio di trattori, anziché a zappa, pratica che produce un progressivo compattamento del suolo e che d’altra parte è applicabile solo nei terreni pianeggianti a valle, non certo in montagna.
    Quindi caro Tommaso, il mio sommesso consiglio è questo: non diamo enfasi ad una interpretazione meramente quantitativa della agricoltura tradizionale, non rincorriamo un disegno produttivistico che è proprio della agricoltura industriale. I numeri contano, ma sopratutto conta il come si produce. E siccome i numeri contano, volevo anche informarti che la classifica che riporti è sbagliata: infatti se leggi bene i dati di Agroqualità http://www.agroqualita.it/_files/other/elenco_produttori_pomodorino.pdf, vedrai che terza per superficie coltivata non è Masseria dello Sbirro (non me ne voglia l’amica Cristina), ma una delle mie due aziende, Masseria Rendita, con i suoi 21898 mq coltivati su due appezzamenti. Nell’elenco di quest’anno manca casa Barone i cui terreni sono a riposo (come quota parte di quelli di Masseria Rendita). Una buona pratica agronomica è infatti quella di non coltivare per più di due anni consecutivi solanacee sullo stesso terreno e a questa regola noi cerchiamo di attenerci. Infine se proprio vogliamo giocare a chi produce di più (e magari riesce anche a vendere a prezzi non svalutati il proprio prodotto), ti dò un ultima informazione, sulla quale avremo sicuramente modo di tornare anche in altre sedi, in quanto si tratta di una notizia, di “un fatto”, a mio modo di vedere importante per le sue implicazioni socio economiche di carattere generale: dal luglio dell’anno anno scorso (ma non abbiamo pubblicizzato la cosa per mancanza di tempo) su iniziativa di casa Barone è nato un Consorzio per la produzione, trasformazione e commercializzazione del pomodorino del piennolo del Vesuvio che annovera tra i suoi soci 6 (sei) aziende agricole, tutte iscritte alla dop e una azienda di trasformazione. Il Consorzio si chiama Nuova agricoltura, il suo presidente è l’agronomo Francesco Manzo che è anche il supervisore tecnico del Consorzio. La superficie coltivata da queste sei aziende è complessivamente superiore ai 6,5 ha (65000 mq). Il prodotto sia in conserve che “al piennolo” viene commercializzato con il marchio casa Barone.
    Un caro saluto
    Giovanni Marino

  2. Perfetto.
    Gli interventi di Giovanni Marino, anche in questo caso, sono sempre interessanti e stimolanti.
    Dunque sono benvenuti e graditi.
    Sì, Masseria Rendita, se si sommano gli appezzamenti singoli di Pollena Trocchia e Massa di Somma, raggiunge i 21898 mq di superficie coltivata e si piazza in terza posizione al posto di Masseria dello Sbirro. E anche in questo caso si tratterebbe di una mera collocazione agrimensoriale e quantitativa.
    La qualità è un’altra cosa.
    Molti temi sottolineati da Giovanni sono già presenti, seppure estremamente condensati, nel mio breve post e cercano di darne il senso.
    Sottolineo soprattutto il lavoro sodo della terra che non segue gli incanti e i disincanti del produttivismo intensivo.
    In questo caso il lavoro di gomito e di mani, la zappatura, il sovescio di Antonio Manfellotto, piuttosto che altre diavolerie meccaniche (oramai anch’esse da considerare pre moderne) mi pare sia esaltato in modo significativo seppure soltanto iconograficamente (Instagram ha cambiato un po’ gli stili comunicativi, no?).
    Spesso le classifiche, le top five o le top ten, servono semplicemente a dare la misura.
    Come i voti nelle pagelle.
    Hanno un lato pop la cui dimensione comunicativa lascio approfondire ad altri.
    Certo se al palato e al gusto un pomodorino del piennolo del Vesuvio Dop riesce migliore di un altro, sicuramente è perché a monte ci sono tutte le condizioni determinanti la qualità di cui Giovanni Marino parla.
    Non a caso nella mia Top Five, stilata l’anno passato e che è linkata nell’articolo, ci sta casa Barone insieme a Terraviva, Giolì, Olivella e Sapori Vesuviani.
    Intanto per ora ho assaggiato quelli di Terraviva e di altri non appena sono stati raccolti, ‘a primma schiocca.
    Ho la vaga sensazione che la gara, dal punto di vista gastronomico, quest’anno sarà ancora più interessante.
    Grazie Giovanni del tuo intervento.

  3. Buon giorno Tommaso e grazie per le parole di stima. Sarei felice di poter approfondire la questione “sul campo” e di farti assaggiare i pomodorini di casa Barone e degli altri soci del Consorzio Nuova agricoltura alla raccolta, direttamente sulla pianta! Ti aspettiamo. Un saluto.

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