Report di Rai Tre e il caffè, la sintesi migliore sul servizio di Bernardo Iovene è di Antonia Trucillo


Antonia Trucillo

di Antonia Trucillo]*

L’Italia ha ancora tanta strada da fare.

I baristi hanno molto da imparare.

I torrefattori hanno molto da migliorare.

Ma, soprattutto, devono ancora imparare a conoscere davvero ciò che comprano.

Non abbiamo papille gustative geneticamente modificate: ci siamo solo abituati a bere caffè difettati.

Ci siamo abituati al gusto del caffè bruciato.

Ci siamo abituati ad aprire un bar chiedendo i soldi al torrefattore.

Ci siamo abituati a scegliere un bar solo se ha la macchina a leva, altrimenti “non è buono”.

Ma non è tutto così.

Report ci tiene particolarmente a mostrare una realtà parziale, una sola versione.

Mi dispiace che non abbiano bussato alla nostra porta, a Salerno.

Nel 1992 abbiamo chiuso la finanziaria e abbiamo creduto fortemente che il barista è un professionista che deve chiedere al torrefattore informazioni sul prodotto, sulla sua origine, sulla sua lavorazione e non soldi per ristrutturare i bagni.

Dal 1998, con la nascita della nostra Accademia, da ben 27 anni, parliamo proprio di questo. Di cosa significa qualità nel caffè. E fino ad oggi abbiamo formato più di 20.000 professionisti del settore. Non sono extraterrestri ma persone normali che hanno solo scelto di voler capire di più.

Il barista è l’anello di congiunzione tra il nostro lavoro di torrefattori e il consumatore. Ha un ruolo fondamentale nel trasferire la conoscenza della filiera.

Una filiera lunga migliaia di km di distanza, dalle piantagioni tropicali arriva dentro ogni bar del mondo. E diventa 25ml di liquido magico, di cui la gente non sa stare senza, nonostante non ne conosce la maggior parte degli aspetti.

I primi a non conoscere il caffè sono i torrefattori, poi i titolari del bar e quindi poi i baristi. Non si conosce la provenienza e la tipologia del caffè che viene servito. In realtà non la si chiede neanche.

L’importante è ricevere le attrezzature in comodato d’uso. Gli ombrelloni per gli esterni, la lavastoviglie, il produttore di ghiaccio e un finanziamento magari a fondo perduto.

Ma al caffè chi ci pensa davvero?

Come torrefattori abbiamo il dovere di formare i nostri clienti e di far trasferire la qualità ai consumatori finali.

Ognuno di noi, dal torrefattore al barista fino al consumatore, deve iniziare a informarsi per avere un caffè di qualità e un mondo migliore.

*Antonia Trucillo è una delle persone più conosciute nel mondo del caffè italiano. Lavora nell’azienda di famiglia, gira il mondo ed è in continua formazione. Stamane ci è capitato il suo intervento, fra i millemila che abbia letto sulla puntata di Report e abbiamo deciso che meglio non avremmo potuto esprimere il nostro pensiero.
Il servizio di Bernardo Iovene, efficace e ficcante come sempre, a mio modesto parere trascura però proprio quello che è il male oscuro del caffè italiano. Ossia la stretta correlazione fra scelta del caffè e finanziamento dei bar da parte della torrefazione. Questo intervento mette il dito in questa prassi, sicuramente legittima, ma che però, a nostro avviso, crea un circuito chiuso ed impermeabile alle novità. Persino la Coca Cola è più attenta ai temi della gastronomia!

Sul rapporto fra gusto e difetto ci sarebbero da scrivere saggi, sono discussioni in corso anche nel mondo del vino e della cucina da sempre. Magari, in vecchiaia, scriveremo un  libro sul gusto ai tempi della globalizzazione, anche se nessuno lo leggerà.

 

 

Un commento

  1. Abbiamo il diritto di amare il nostro caffè ” bruciato” e ristrettissimo frutto del lavoro del macchinista ” abbattente”,la tazzina bollente e quant’altro,o dobbiamo ancora una volata,come tante pecorelle,assogettarci ai gusti degli altri,noi unici in Italia a prostrarci sempre umilmente come se avessimo non so quale peccato universale da farci perdonare…..Provate a fare un bel servizio ad esempio sul Prosciutto di Parma o sul Prosecco. . .

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