Sannio Doc Sciascinoso ‘Maliziuto’ – Vinicola del Sannio


di Pasquale Carlo

L’etimologia ci ricorda che la parola “crisi” deriva dal latino “crisis” e dal greco “krisis”, ossia “scelta”, “decisione”. Nel mondo del vino il termine crisi, che genera preoccupazione e indica qualcosa di “peggio” che deve succedere, in realtà fa tutt’uno con il termine “innovazione”. E soprattutto con il termine “coraggio”. Quel coraggio da cui nasce ‘Maliziuto’, etichetta prodotta dalla Vinicola del Sannio in quel di Castelvenere. Un colosso nell’ambito dello senario produttivo campano (siamo intorno alle 6 milioni di bottiglie prodotte), che negli ultimi tempi ha iniziato a percorrere percorsi interessanti puntando, anche su varietà minori e, per questo, praticamente sconosciute a gran parte dei consumatori, in particolare quelli del circuito della Gdo.

Uva sciascinoso

‘Maliziuto’ nasce da uve sciascinoso, quelle che nella seconda metà dell’Ottocento nell’areale alifano (in cui rientrava il Sannio telesino prima dell’Unità d’Italia) venivano indicate da Giuseppe Frojo con il nome di fosco peloso, rimarcando la sua “identità” con l’olivella coltivata in altri angoli della Campania. Identità – tra sciascinoso e olivella – confermata recentemente dagli studi sul DNA.

                         Grappolo di sciascinoso                                Litografia (1906) del pittore francese Alexis Kreyder in ‘Ampélographie – Traité général de viticulture’ di Pierre Viala e Victor Vermorel

Oltre tre lustri fa, Raffaele Pengue – che oggi guida l’azienda fondata oltre mezzo secolo fa da papà Pasquale – decise di coinvolgere quattro conferitori in un progetto il cui intento era quello di mantenere in vita queste uve e valutare le loro attitudini ad una vinificazione in grado di assecondare le richieste dei consumatori, sempre più indirizzati verso vini più esili, leggeri, freschi. Vini contemporanei. Sorsero così vigneti dislocati tra le realtà di Castelvenere (8.900 mq), Guardia Sanframondi (5.030 mq) e San Lorenzo Maggiore (3.000 mq). Vigne situate su terreni collinari (tra i 250 e i 350 metri di altitudine), con differenze di suoli che vanno da quelli ricchi di ignimbrite campana a quelli rimarcati dalla presenza di argilla.

Gestione agronomica attenta. Raccolta a maturazione ottimale. In cantina una mano leggerissima: fermentazione a temperatura controllata con contatto con le bucce di 7 giorni. Affinamento in acciaio. Attenzione e semplicità che ritroviamo integralmente nel calice nella sua versione 2023. Alla vista si presenta rosso brillante, con un’accattivante unghia intensamente violacea. L’olfatto dona tanto frutto e una piacevolissima sensazione di spezie dolci. Tannino lieve, di grande piacevolezza e una vibrante nota sapida che dona ancora più piacere al sorso.

Un vino dei tempi di crisi, che con la sua leggiadria indica la necessità a chi comunica di dover abbandonare un racconto enoico carico di dimensione elitaria. Per dirlo con le parole di Massimo Montanari, grande storico del cibo, si avverte la necessità di uscire dalla convinzione che il vino sia una bevanda universale, raccontandolo invece come elemento caratterizzante di una cultura (italiana, ma più in generale mediterranea) che ha visto sempre nel vino una bevanda inclusa nell’uso quotidiano del mangiare insieme. Questa ricetta ci invita a “recuperare” lo spazio perduto, evitando di rincorrere continuamente quella celebrazione dell’effimero che quasi sempre connota le nuove tendenze, le mode. Proporre il vino come una cosa buona, in compagnia di altre cose buone, all’interno di uno spazio: il pasto.

Proprio come abbiamo consumato ‘Maliziuto’ nel corso di un ricco pranzo tra amici (l’immancabile Luciano, Nicola Matarazzo ed Errico Formichella) nella bella cornice dell’agriturismo Villa Luisa a Calvi. Un vino che ha mostrato tutta la sua ecletticità e, soprattutto, la sua modernità.

Lo Sciascinoso della Vinicola del Sannio

Sorseggiando ‘Maliziuto’ un pensiero caro mi ha riportato a Gianni Mottola, fotografo e grafico che collaborava con l’azienda di Raffaele. Squisito animo battipagliese trasferitosi in terra toscana, ho avuto la fortuna di scambiare con lui lunghe telefonate (non è capitato mai d’incontrarci): mi chiedeva lumi sulla cultura sannita e le sue storie enologiche al fine di architettare graficamente le etichette della linea innovativa della Vinicola del Sannio. E, ancora più assiduamente, in occasione della breve ma profonda esperienza di ‘Essenze Sannite’, il collarino a cadenza bimestrale con le ‘Storie di un territorio magico’, in cui si raccontava ai consumatori dei vini dell’azienda l’affascinante unicum che pregna la terra sannita.

Gianni Mottola

Voce gentile, profonda conoscenza e straordinaria capacità di lavorare in sinergia. Un grande professionista che il 2024 ha portato via nel suo ultimo giorno. Non ho avuto il tempo di chiederglielo, ma mi piace pensare che quel richiamo agli occhi maliziosi riportati in etichetta fosse ispirato al malocchio e al rito dell’olio praticato dalle anziane donne sannite, eredi delle janare e depositarie di formule magiche con il potere di scogliere il malanno. Un rito che richiama la mitologia egizia, in particolare Iside, dea della magia, della fertilità e della maternità, al cui culto sono legate preziose opere archeologiche di epoca romana custodite a Benevento, terza città al mondo (dopo Il Cairo e Torino) per testimonianze egizie.

 

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