Sassotondo dalla Maremma all’Etna: i vini di Edoardo Ventimiglia e il nuovo progetto Ritorno


Sassotondo

Sassotondo

di Raffaele Mosca

Immaginate una giornata trascorsa a degustare i Brunello appena usciti in commercio nell’oramai lontano del 1999. L’era, lo sappiamo, è quella dell’ondata esterofila: il Sangiovese si fa più scuro – e non sempre in maniera del tutto trasparente – le botti grandi lasciano a spazio alle barrique in cantina; più in là, nel Chianti, hanno appena autorizzato l’utilizzo di uve internazionali nel blend per essere più competitivi, mentre in Maremma tutti provano a replicare il modello vincente di Bolgheri.

Proprio in quell’occasione un enologo fuori dagli schemi di nome Attilio Pagli fa ad Edoardo Ventimiglia, una vita dedicata al cinema e una seconda carriera da vignaiolo appena avviata con la fondazione della cantina Sassotondo, una proposta che per quegli anni può sembrare assurda: “ Ci incontrammo li, a Benvenuto Brunello, e mi disse che aveva avuto un’idea – spiega Ventimiglia – invece di puntare tutto sui vitigni bordolesi, perché non provare a recuperare il Ciliegiolo?”

L’origine del progetto è la vigna San Lorenzo: niente più niente meno che una manciata di vecchie piante su di un colle di fronte allo splendido costone di roccia su cui staglia il borgo di Pitigliano.

Da quella parcella dimenticata, che rischiava l’espianto per fare spazio a nuove costruzioni, parte la rinascita del Ciliegiolo in Toscana: un processo avviato lentamente, ma che poi – negli ultimi dieci anni – ha messo il turbo: in parte perché il filone “Maremma che ambisce a competere con Bolgheri sul filone bordolese” non è mai decollato, e quindi si sta cercando di cambiare rotta, puntando su Vermentino, Sangiovese e su questo vitigno tradizionale a bacca rossa. In parte perché il gusto del pubblico è cambiato e l’immediatezza del Ciliegiolo è molto in linea con le tendenze.

La maggiore crescita si registra sul fronte dei Ciliegiolo freschi d’annata, da bere in scioltezza, magari affinati in acciaio o in cemento e rilasciati a meno di un anno dalla vendemmia. Ma Ventimiglia e Pagli hanno sempre ritenuto, a differenza di altri, che il Ciliegiolo si presti anche alla produzione di vini più ambiziosi, soprattutto in zone eccezionalmente vocate come quella di Pitigliano: terra di tufi e di roccia vulcanica, più legata al comprensorio della Tuscia, di Orvieto e del lago di Bolsena che al resto della Maremma, e lo s’intuisce già dal fatto che storicamente vantava una cospicua produzione di vini bianchi (oltre che di Ciliegiolo). Tutt’oggi il Bianco di Pitigliano esiste: Edoardo lo produceva fino a qualche anno addietro, salvo poi decidere di declassare il suo Isolina a Toscana IGT, probabilmente per dare uno scossone a una denominazione ancora legata a una visione del vino d’anton.

Tornando al Ciliegiolo, la cura maniacale per i dettagli, presumibilmente derivante dai trascorsi dietro la cinepresa, lo ha portato a “spaccare” i pochi ettari del solo cru San Lorenzo in due vini molto stilisticamente molto diversi. Il primo si chiama proprio San Lorenzo ed è lo storico top di gamma aziendale. “ Tra i due è quello che segue il protocollo tradizionale di vinificazione in Toscana, con una fermentazione in acciaio , macerazione lunga due o tre settimane e affinamento in botti da 10 ettolitri”. Di due annate proposte in assaggio in un pranzo al ristorante Al Ceppo di Roma, la 2016 è la più “maremmana”: ricca, materica, con un colore cupo e accenni di evoluzione terragna che incorniciano visciola, liquirizia e rosa rossa. Caldo e avvolgente, quasi a dispetto dell’andamento dell’annata – che sulla carta sarebbe tra quelle fresche – con finale ampio tra confettura di more, sottobosco e un pizzico di tostatura.

La 2019, invece, è giovanilmente austera, con la verve vegetale tipica del vitigno che sfuma sulle erbe aromatiche e si alterna a violetta, ribes, spezie di vario genere. Strutturalmente solido, ma dinamizzato da una sferzata di arancia sanguinella che ricorda certi vini “top” a base Sangiovese. Del Ciliegiolo ha il tannino leggiadro, che accompagna la progressione fino alla chiusura lunga e succosa.

Poggio Pinzo è il B-side della vigna San Lorenzo, frutto di tante sperimentazioni e di un collaborazione con l’agronomo-superstar Pedro Parra. Proviene da una micro-zona all’interno del vigneto, sta per un anno in anfora di terracotta e ha un profilo decisamente diverso: un po’ “funky” nell’annata 2017, che sfodera profumi bizzarri di peperone crusco, pasta d’acciughe e chiodo di garofano. Appena scomposto, ma di grande carattere: sapido al limite del marino in apertura e poi più morbido, chiude lungo tra terriccio ed erbe aromatiche.

Il 2020 è un po’ più sobrio: ha qualche punto in comune con il San Lorenzo ‘19, rispetto al quale, però, sembra più immediato e riccamente fruttato. “ Parra di mi disse che da questa parte della vigna sarebbe venuto un vino diverso: molto sinuoso, come Monica Bellucci. E aveva ragione! ”. Il sorso è succoso, carnoso, notevole per equilibrio tra acidità e frutto, immediatamente soddisfacente.

Oltre a questi due Cru, c’è anche il Monte Calvo: altro vino da Ciliegiolo in purezza. con un appeal più contemporaneo dato da una quota di vinificazione a grappolo intero, seguita da 12 mesi di botte grande. Non è esattamente un vin de soif – per quella categoria c’è il Ciliegiolo base – ma ha finezza e slancio:se Poggio Pinzo è un 1er e il San Lorenzo il grand cru, questo è un village con gli attributi: golosissimo nell’annata 2020 che trasuda ancora freschezza vegetale e di drupe appena raccolte.

Ciliegiolo a parte, Ventimiglia produce tre bianchi molto interessanti, di cui due macerati. Di recente si è anche barcamenato in un progetto completamente nuovo: Ritorno è il frutto dell’impressa che ha voluto tentare sull’Etna; suo nonno era siciliano e lui ha provato a riallacciare i legami con la terra d’origine della famiglia in questo modo. “ Sono stato in Sicilia per la prima volta a 25 anni e da quel momento, ogni volta che ci ritorno, ci lascio un pezzo di cuore. Ma ci sono voluti dieci anni per arrivare al primo vino”.

Non si tratta, però, del solito progetto Etneo circoscritto alla commercializzazione – in certi casi prettamente speculativa – di poche bottiglie di vino molto costose: le 250 bottiglie prodotte, distribuite in esclusiva da Proposta vini, hanno come scopo la raccolta di fondi per il progetto G.R.A.S.P.O. “ Il ricavato della vendita andrà a finanziare una ricerca realizzata da questa associazione con l’università di Catania, che ha come obiettivo il recupero di antichi vitigni quasi estinti”. Il vino in sé per sé ha tutti gli attribuiti per diventare un grande fine wine etneo: da vigne a 800 metri nel comune di Milo: mostra tensione canonica, da Riesling in salsa meridionale, ma anche un che di ossidativo sul fondo che ne accresce lo spessore e lo rende molto caratterizzante. È la riprova del grande “manico” di Ventimiglia, anche in una cantina che non è la sua e in un territorio che non è quello che ha contribuito a far crescere.

 

Scheda del 4 agosto 2018

di Monica Bianciardi

Il tufo è quella roccia caratterizzata da un’abbondante matrice fine, tipica dei suoli di origine vulcanica, che al cadere della pioggia si plasma e si modifica. Questa particolare conformazione color ocra é la protagonista di quella terra di confine fra Toscana e Lazio. Una campagna per buona parte ancora selvaggia alternata a piccoli borghi dai quali storia e tradizioni antichissime aleggiano ovunque in un mix avvincente tra realtà e suggestivi panorami che sembrano uscire da un avvincente romanzo fantasy .

Sassotondo la cantina scavata nel tufo - Pitignano

Sassotondo la cantina scavata nel tufo – Pitignano

La città di Pitigliano appare improvvisamente dietro una curva in un tratto stradale in discesa, sospesa tra cielo e terra sembra voler sfidare convenzionali architetture e leggi fisiche. La vegetazione è rigogliosa e dalle pareti s’intravedono tratti di roccia viva giallastra. Poco più avanti, sorpassato il paese di Sovana  la strada si addentra nell’entroterra in aperta campagna costeggiando campi coltivati e altri  erbosi, interi tratti sono ricoperti da fiori spontanei che con i loro colore esaltano il verde del panorama come in quadro di Monet. La strada in salita si stringe e dal selciato le strisce lasciate dalle poche auto indicano il percorso da seguire. In fondo ai prati ed ai vigneti che costeggiano la stradina un casolare si staglia sullo sfondo.

Sassotondo la cantina scavata nel tufo

Sassotondo la cantina scavata nel tufo

“Cadendo, la goccia scava la pietra non per la sua forza, ma per la sua costanza.”

L’azienda di Sassotondo nasce con Edoardo Ventimiglia il quale lascia una solida carriera come cameraman nel cinema romano per dedicarsi insieme alla moglie Carla Benini agronoma Trentina alla coltivazione della vite e dell’olio in quell’angolo di campagna. Scelte condivise dettate da una vera vocazione per il ritorno ad una vita all’aria aperta dettata dai ritmi naturali e dalla convinzione che si possa fare un tipo di agricoltura non invadente,  in sinergia con il territorio e dai  minimi interventi in cantina. Ben presto scelgono un tipo di coltivazione biologica che nell’arco di pochi anni si trasforma in biodinamica che pur senza trascendere dalle filosofie di Steiner abbia come obiettivo la  sostenibilità.

Sassotondo la cantina scavata nel tufo

Sassotondo la cantina scavata nel tufo

Tutto ha avuto inizio con una casa di campagna, un solo ettaro di vigneto in stato di abbandono,  i restanti 72 ettari di campi e boschi. La cantina è stata completamente scavata nel tufo, botti ed anfore sostano ad una temperatura costante estate e inverno. La sensazione è quella di trovarsi in una sorta di grotta in cui le pareti trasudano umidità apparendo lucide in alcuni punti. I vitigni sono quelli autoctoni recuperati con la convinzione che siano proprio i più adatti per essere coltivati in quel posto. IL Ciliegiolo antico vitigno dal quale si produce il vino di punta aziendale il Sanlorenzo, qui ha i numeri per essere un grande vino da invecchiamento. Il Trebbiano dà vita ad un bianco intenso dal carattere definito. I vigneti sono adiacenti il casolare in cui fiori ed erbe spontanee spuntano tra i filari in un gioco di equilibri nel pieno e vitale risveglio di un territorio in perfetta sincronia la medesima con cui i due coniugi hanno recuperato i terreni incolti e portato dei vitigni ormai quasi dimenticati a rinascere dentro dei vini complessi e caratteriali.

Tasting Notes

Sassotondo la cantina scavata nel tufo

Sassotondo la cantina scavata nel tufo

Bianco di Pitigliano DOC “ISOLINA”

Trebbiano 70%, Sauvignon 20%, Greco 10%.

Le uve provengono dai vigneti di Sovana con  terreni fortemente tufacei. Una mini verticale di tre annate il 2016 2015 e 2014 apre la la degustazione.

2016 Apre con un bouquet fresco, denotato da un intenso  insieme di erbe aromatiche  fiori bianchi, agrumi  e pesca bianca. In bocca fresco e sapido con parte glicerica ad equilibrarne il gusto, lungamente persistente con chiusura articolata elegante e pulita.

2015 Caratteristiche olfattive che mostrano una nota di idrocarburo iniziale, spariscono dopo pochi istanti per cedere il posto ad un frutto giallo maturo e un sottofondo erbaceo di menta e fiori gialli. Il palato volumico ispessito da parte glicerica contrastata da notevole spalla sapida, freschezza conservata, ed una lunga persistenza.

Colore oro il 2014 è frutto di un’annata fresca che emerge dalle note erbose e intensamente aromatiche, fiori bianchi e agrumi gialli. Corpo affusolato e acidità spingono un sorso snello ma dotato di carattere ben delineato da freschezza e sapidità.

Il Rosato Maremma Toscana DOC  Ciliegio 100%  2017

Il Ciliegio in versione rosato esprime un’impronta piccante di pepe rosa seguito da lavanda, rosa canina, erbe aromatiche. Al palato morbidezza e struttura date da parte alcolica sono ben contenute da una grande freschezza,  un vino che mantiene le promesse con un sorso appagante e coerente con l’olfatto.

Poggio Pinzo Ciliegiolo Maremma Toscana Doc 2016

Rosso vivace e trasparente, l’olfatto è immediatamente sostenuto da frutto rosso croccante dal quale trapela un fondo speziato e piccante di pepe e peperoncino, contornato da note aromatiche mentolate e leggermente terrose.  Vivace ed incalzante ha sapore e freschezza, tannini scorrevoli, allunga con scie piccanti e finale sapido.

Il Ciliegiolo,  qui riesce ad acquisire caratteristiche e complessità adatti all’invecchiamento, si mostra nella sua interezza nel San Lorenzo 2013 L’attacco olfattivo è potente ed intenso su sensazioni di sottobosco e frutto nero, spezie nere, rimandi mentolati e piccanti. In bocca rotondo, materico ha un ritmo sostenuto, tannini soffici, manteniene una beva elegante con le caratteristiche salienti date dal vitigno senza perdere di naturalezza.

Sassotondo la cantina scavata nel tufo

Sassotondo la cantina scavata nel tufo

C.s. Pian Di Conati 52. Sovana, 58010 Sorano.
www.sassotondo.it