Valoritalia presenta l’Annual Report del vino Italiano


di Antonio Di Spirito

Il 24 giugno 2025 è stato presentato a Roma l’Annual Report 2025 di Valoritalia, azienda leader nella certificazione vitivinicola. L’azienda certifica 48 DOCG, 136 DOC e 35 IGT, per un totale di 219 denominazioni d’origine certificate pari al 56% della produzione nazionale dei vini di qualità per un valore di 9,23 miliardi di euro.

 

Valoritalia Report 2025

Durante l’introduzione, il moderatore Giorgio Dell’Orefice ha posto l’accento sulla qualità del prodotto, l’importanza della tracciabilità lungo tutta la filiera – dal vigneto alla bottiglia – e il rilancio del vino italiano attraverso le denominazioni d’origine, elemento chiave dopo il grave scandalo del metanolo del 1986.

Francesco Liantonio, Presidente di Valoritalia, afferma: ”Possiamo considerare l’anno 2024 sicuramente non come un anno memorabile da ricordare nella vitivinicoltura italiana, ma neanche come un anno terribilmente negativo, soprattutto se pensiamo al contesto in cui Valoritalia ha operato, un contesto veramente difficile sia nel micro sia nella macro economia”.

Presentazione Annual Report

Presentazione Annual Report

E soprattutto – ha continuato il presidente – negli ultimi 5 anni si sono evidenziati dei fattori imponderabili e inattesi. Nell’ultimo quinquennio abbiamo vissuto una pandemia. Oggi si parla di era pre-covid ed era post-covid, pensate un po’ quanto è stata determinante. Durante la pandemia si è creata un’economia impazzita, dove c’erano dei comparti fermi e un comparto come quello del vino, che invece lavorava anche tanto, creando, devo dire, sui dati del 2022 un’attesa che poi non si è più concretizzata.

Poi sono scoppiate due guerre, tuttora in atto, che hanno determinato un aumento spaventoso dei costi energetici, quindi impattando negativamente sui bilanci delle aziende. Io sto nel mondo del vino da 60 anni e devo dirvi che, a memoria, non ricordo di due annate consecutive così strane”.

Comunque il 2024 si conferma un anno di consolidamento, non brillante ma comunque positivo, con 2,019 miliardi di bottiglie immesse sul mercato; in lieve calo rispetto al 2023 (0,46%) ma in crescita dell’1,4% rispetto alla media degli ultimi cinque anni.

Un dato particolarmente significativo che mostra come la filiera italiana mantenga i volumi elevati del 2021, raggiunti con l’inaspettato boom dei consumi dell’era covid, con oltre 110 milioni di bottiglie in più rispetto al 2019

Infine, il già precario equilibrio commerciale è saltato quando sono stati annunciati i dazi americani: nei primi 5 mesi del 2025 si è registrato un importante calo dei consumi del -3,3% sull’imbottigliato in Italia. Questo calo è dovuto sicuramente al fattore dazi USA, ma anche ad un calo di consumi interni a causa di un minor potere d’acquisto da parte dei consumatori. In più stiamo vivendo un cambiamento dei consumi, proprio nelle abitudini del bere. Per questi aspetti bisogna essere più veloci nell’assumere decisioni. Basta vedere come i vini dealcolati rubano già oltre 4 miliardi di euro di fatturato sul mercato.

Le denominazioni con i vini bianchi tengono; anzi, alcune eccellenze registrano crescite positive.

Non si può certo ignorare un importante calo del consumo dei vini rossi (-6,8%)

Le DOCG, ahimè, per il terzo anno consecutivo, calano di 2-3 punti; mantengono invece i vini DOC con un 2,4%.

Sulle 128 denominazioni che certifica Valoritalia, 38 hanno un segno pari o leggermente positivo, ma 90 denominazioni hanno un segno negativo.

E qui c’è un punto dolente sul quale fare una forte riflessione ed adottare scelte radicali: le prime 20 denominazioni rappresentano l’85% del vino italiano; le prime 40 denominazioni rappresentano il 95% del vino imbottigliato italiano.

Le ultime 140 denominazioni rappresentano l’1,4%; questo è un dato difficile da accettare: ci sono tantissime denominazioni presenti solo sulla carta, perché alla fine non riescono ad essere presenti sul mercato.

Questi sono quei punti di debolezza del sistema su cui intervenire con urgenza e risolverli. Probabilmente il modo migliore è quello accorpare e ridurre il numero delle denominazioni, poste sotto la rappresentanza ed il controllo dei consorzi di tutela. I consorzi, però, devono crescere, hanno bisogno di strutture, hanno bisogno di dimensione, hanno bisogno di avere una finanza proporzionata alle dimensioni raggiunte.

Denis Pantini

Denis Pantini

Successivamente, dopo uno sguardo al mercato internazionale, è stata presentata un’indagine di Nomisma – Wine Monitor incentrata sul valore delle certificazioni percepito da produttori e consumatori, con un particolare focus su Italia e Canada. Lo studio è stato effettuato da un lato sul mondo produttivo italiano, con un campione di 147 imprese vitivinicole, e dall’altro su oltre 2000 consumatori, che evidenzia le differenze e le analogie tra gli intervistati italiani e canadesi.

Secondo lo studio, presentato da Denis Pantini, responsabile Agrifood e Wine Monitor di Nomisma, il 47% delle aziende italiane esportatrici negli States dichiara di aver messo già in atto strategie per diversificare i mercati extra-UE individuando, tra i Paesi più promettenti, Canada, Regno Unito e Giappone. L’export del vino italiano continua a reggere anche grazie al crescente interesse da parte di nuovi mercati come quello canadese, dove le etichette italiane sono le più consumate tra quelle straniere (secondo il 51% degli intervistati), registrando in questo Paese un volume di importazioni di 442 milioni di euro.

L’indagine ha inoltre messo a confronto i consumatori italiani e canadesi in termini di comportamenti di acquisto e aspettative legate al futuro del settore.

 

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