Verticale di Taurasi Mastroberardino dal 1928 al 2006: Robert Parker assegna punteggi da record


Piero Mastroberarardino con le annate in degustazione

New York, 29 giugno 2010, quasi 90 gradi Farenheit, pari a circa 32 gradi dei nostri Celsius, una umidità che raggiunge picchi da record. Ma tutto è pronto al secondo piano del numero 110 di Central Park South, dove si tiene quella che è già entrata negli annali come ‘la degustazione per eccellenza’: si mettono a confronto, in sequenza, i Taurasi di Mastroberardino, ripercorrendo la storia della Campania e dell’Italia del vino, a ritroso dal 2006 fino al 1928.

Guidano la degustazione Antonio Galloni, ‘la penna italiana’ di Robert Parker, e Piero Mastroberardino.

Piero ritorna nella Grande Mela dopo che il suo bisnonno Angiolo vi era stato per la prima volta a fine Ottocento, proveniente da San Paolo del Brasile, spinto dall’impeto di promuovere i suoi vini in quella che all’epoca veniva definita “una nuova, giovane, piccola, ma dinamica città”: il suo nome era New York City. E bene fece. Mastroberardino dall’epoca, e con lo slancio del Cavaliere Antonio dopo la seconda guerra mondiale, firma tutta una serie di successi, entra nella ristorazione che conta in America, e nel mondo, e scrive la storia del vino italiano.

Mai è stata realizzata una degustazione così estesa, in unica soluzione. È stato così possibile apprezzare, attraverso il carattere e la personalità di tanti vini, la straordinaria longevità dell’Aglianico, il fil rouge tracciato dall’eccellente terroir irpino, l’evoluzione delle conoscenze e delle scelte tecniche in viticoltura e nella vinificazione.

Tutte le annate più recenti raccolgono punteggi altissimi: i 95+ punti (su una scala che arriva a 100) per la Riserva del 2004, (“Everything here is simply glorious”, è il commento del giornalista) oppure i 94 per quella del 2003. 93+ al Radici Taurasi del 2005, o ancora i 92 punti della già tanto celebrata Riserva del 1999.

Ci spingiamo poi agli anni ottanta, quelli che hanno visto l’azienda di Atripalda ri-presentare l’Irpinia al mondo dopo le angustie del terremoto: 95 punti all’annata 1988 (“… tasted from magnum, is simply fantastic.”); 94 punti all’annata 1987, 97 punti al 1982 (“… another of the utterly magical wines in this lineup. A totally transcendental, hypnotizing wine … This immortal, towering masterpiece is one of the greatest wines made in Italy over the last 50 years…”, uno dei più grandi vini mai prodotti in Italia negli ultimi cinquant’anni).

E poi punteggi da record anche per annate più antiche: il leggendario 1968, 97 punti, è definito “magnificent, incredibly youthful and vigorous”.

Giudizio decisamente impegnativo per i 97 punti tributati all’annata 1958, che Antonio Galloni definisce “one of the greatest wines ever made in Italy”, uno dei migliori vini mai prodotti in Italia. “At this stage it appears quite likely that the 1958 will reach its 100th birthday”: Galloni presagisce che questo vino raggiungerà facilmente e in grande forma i cento anni di vita.

Chiudono la batteria delle trenta annate in degustazione i due Taurasi del 1934, 92 punti, e del 1928, con ben 95 punti (“a nearly immortal wine of monumental standing. Readers lucky enough to have tasted this gem know exactly what I mean…”).
Un successo che riporta in auge i vini Irpini nel gotha  dei “migliori vini del mondo”.
C’è, come irpini, campani, italiani, da essere orgogliosi.


Qui l’articolo completo di Antonio Galloni

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Mastroberardino Spa

20 Commenti

    1. Non per fare stupidi campanilismi…..ma come mi piacerebbe che quest’articolo fosse portato bene in vista sulle pagine dei giornali nazionali. Non ci sono solo i supertuscans etc. Orgoglioso di appartenere a questa terra!!

  1. Questi sono i circoli virtuosi che dovremmo sempre augurarci. Quando una testata straniera così importante parla in questi termini di un’azienda campana porta beneficio a tutti, e viceversa: per ogni piccolo produttore che riesce ad imporsi all’attenzione, una percentuale di valore aggiunto arriva anche all’azienda grande e storica.
    Sono molto contento dei giudizi di Galloni, palato e penna che si rivelano sempre più sensibili non solo agli stereotipi parkerizzati ma anche e soprattutto ai riferimenti classici, basti pensare al suo gradimento per Giacosa e Conterno, e non solo.
    Una delle esperienze più belle della mia vita di appassionato è stata una verticale simile che facemmo 4 anni fa in azienda e anche lì c’erano il ’28 e il ’34, vini irreali per i quali le parole sarebbero insulto e inutile orpello. Non reperti enoarcheologici ma vini vivi, parlanti, da bere. Ma su quasi 30 annate, si faceva veramente fatica a trovarne qualcuna debole (forse solo alcune degli anni ’90 ci divisero di più).
    Sono in linea con le impressione di Galloni un po’ su tutto, tranne per quanto mi riguarda la 1982 che ho avuto modo di assaggiare più volte (è ancora abbastanza reperibile, per esempio De Pascale ad Avellino ne ha diverse bottiglie) e non mi ha mai fatto scattare la scintilla, nonostante sia indubbiamente un ottimo vino e ancora in forma. ’87 e ’88 sono due miei vecchi pallini, la ’58 monumentale, per la ’68 non c’è più bisogno di dire niente. Mettiamoci ’61, ’73, ’77 e ’90 e contiamo quante emozioni irpine si possono porta in giro per il mondo…

    1. @ Paolo
      Se proprio devo andare sul fino dei giudizi non sono daccordo sul dare lo stesso punteggio alla ’61 ed alla ’03. La prima, nettamente migliore della seconda, sia ora che in prospettiva. Poi per me se si parla della ’61 mi si tocca l’anima. Io addirittuta la considero più emozionante della ’68.

      1. sì Lello, l’avevo notato e sono d’accordo. Però è il solito discorso: quando apri bottiglia così vecchie c’è sempre la possibilità che a te capiti una grande bottiglia e a un altro no. Ricordo sempre il primo ’73 aperto, molto deludente, eppure la volta successiva era strepitoso. Quindi sui punteggi delle vecchie annate non mi sento di dire niente, piuttosto mi dispiace di trovare un po’ sottostimato il mio amato ’99..

        1. @ Paolo: “c’erano il ‘28 e il ‘34, vini irreali per i quali le parole sarebbero insulto e inutile orpello”. Siccome anche io ero presente a quella verticale in qualità di infiltrato, a proposito sempre un grazie a Piero per l’incredibile esperienza regalatami, ricordo il mio vicino di posto, di cui non faccio il nome, che solo sulla ’34 ne scrisse una pagina e mezza di A4 scritto strettostretto….

    2. ” Per ogni piccolo produttore che riesce ad imporsi all’attenzione, una percentuale di valore aggiunto arriva anche all’azienda grande e storica “. Per quel che può valere il mio punto di vista, sono perfettamente d’accordo con te, caro Paolo. Un’unico dubbio : ma ” l’azienda grande e storica ” ed il Consorzio di Tutela lo sanno questo?

    3. Una delle cose che più colpisce e mi tiene fortemente incazzato è stata la dabbenaggine dei produttori, anche i più quotati, che hano iniziato a produrre Taurasi a partire dal 1993 e che non dispongono di verticali.
      Lo trovo pazzesco, come se l’Aglianico avesse la sua ragione d’essere di venir consumato anno dopo anno come le buatte di pummarole
      Se Caggiano, Molettieri, gli stessi Feudi e tanti altri avessero conservato le annate oggi potrebbero fare una ventennale.
      Questa assenza di culto della memoria per ciò che si fa mi lascia basito e credo sia una delle ragioni della malattia del Taurasi. Se oggi ci fossero, non dico assai, dieci produttori in grado di esibire quindici anni la musica sarebbe ben diversa.
      Non si possono chiedere oltre dieci euro per bottiglie che non possono raccontare dieci anni. Per fare cassa hanno deprezzato anno dopo anno il valore del vino mettendolo in competizione con quelli di annata e subendo così le oscillazioni del mercato
      Per capirci: vale molto di più un piedirosso 2009 e 2008 dei corrispettivi aglianici. Ma un piedirosso 2000 non potrà mai valere quanto un aglianico.
      Speriamo che, a partire dalla 2004…

      1. condivido parola per parola.
        Lucià, purtroppo mi sa che non riusciremo a vederle verticali ventennali di dieci produttori insieme: i tannini poi si attaccano alla dentiera… :-))

  2. ciao a tutti.
    mi fa piacere che Paolo abbia ricordato la verticale analoga che facemmo in cantina un paio d’anni fa.
    ho il privilegio di essere presente a tutte le degustazioni di annate più vecchie, visto che la disponibilità di esemplari così antichi, in particolare anteguerra, è purtroppo esigua e dunque quelle occasioni vanno purtroppo centellinate.
    ringrazio tutti per le considerazioni espresse; quello che posso aggiungere è che, pur nella solennità e nel rispetto dovuti a bottiglie che simboleggiano la nostra storia familiare, l’impegno dei miei avi, di mio nonno, e – concedetemelo – di mio padre, è stata anche questa volta un’esperienza divertente e densa di piacevoli sensazioni.
    sono lieto di poterla condividere con amici, appassionati e con tutti gli esponenti di famiglia Mastroberardino.
    un caro saluto
    Piero

    1. finalmente un produttore di vino che viene a rispondere sul blog. mi fa simpatia insieme alla sua faccia, che parla da sola :-)

      suvvia produttori, non limitatevi a leggere: non prenderete la scabbia a battere due righe su una tastiera.

  3. Giustissimo, un grande onore per tutta la vitienologia nazionale. Non ci sono paragoni.

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