Kevin Zraly’s Windows on the World Complete Wine Course: un insulto al vino italiano


Tom Hyland

Il mio amico Tom stavolta si è incazzato davvero. Ha preso il testo di Kevin Zraly e gli ha fatto fare una lunga macerazione su bucce ottenendo una spremuta di inesattezze, falsità, luoghi comuni, vuoti e dimostrando di non conoscere affatto l’argomento.
Ci uniamo al consiglio di Tom: Kevin, se ti piacciono solo i francesi, occupati di loro. Non hai bisogno di sminuire i grandi bianchi italiani e ignorare il Sud.

Ecco la traduzione della recensione di Tom

di Tom Hyland

Lasciatemi dire all’inizio che lo scopo di scrivere post per questo blog e per il mio blog Learn Italian Wines consiste nel condividere delle informazioni e allo stesso tempo istruire i lettori sull’argomento vino. Sono stato in questo settore per 31 anni e scrivo di vino a livello professionale da più di 13 anni. Sono specializzato nei vini italiani: ho fatto più di 30 viaggi in quel Paese e ho visitato le regioni vinicole da nord a sud. Ho scritto dozzine di articoli per le più importanti pubblicazioni specializzate e recentemente ho scritto il mio primo libro sui vini italiani che presto verrà messo in commercio.

Chiaramente amo i vini italiani e credo che questi siano tra i migliori al mondo. Così quando una voce referenziata del settore scrive cose false ed errate sui vini italiani non sono proprio contento.

L’antitaliano: Kevin Zraky. Dell’Italia ignora tutto e sinora ha vissuto senza bere neanche un Fiano. Poveretto

Alcuni mesi fa un editore mi chiese se mi faceva piacere avere una copia dell’ultima edizione di Kevin Zraly’s Windows on the World Complete Wine Course a scopo di recensione. Io risposi che mi faceva piacere e avendo letto un bel po’ del libro ero pronto a dare un giudizio positivo. Contiene un buon numero di informazioni utili, specialmente verso la fine dove c’è un capitolo su come fare una degustazione. Questa è una cosa che tutti dovrebbero pensare più spesso, non importa se si è agli inizi o se si ha un decennio di esperienza di degustazione alle spalle.

Ma tutto quello che c’è di buono in questo libro è oscurato dalla sezione sui vini italiani. Qui non spiegherò nel dettaglio tutto ciò che c’è di sbagliato dal momento che non ho lo spazio sufficiente ma lasciatemelo dire – è un disastro!

Voglio che i miei lettori sappiano che questa mia riflessione non è il frutto di una reazione impulsiva. Ho letto il testo di Zraly più di un mese fa e dopo ho deciso di scriverne in merito. Ma ho pensato di parlare prima con le persone del mondo del vino. Ho parlato di questa cosa con parecchi produttori e altre persone in Italia che lavorano nel settore dei vini italiani. Volevo scoprire quali erano i loro pensieri in merito e vedere se le mie opinioni erano condivise da loro.

Alcune persone che conoscono Kevin mi hanno detto che è un francofilo. Non c’è nulla di sbagliato in questo. Amo anche io i vini francesi e li bevo ogni qualvolta ho l’opportunità. Ma il punto qui è che Zraly ha scritto un libro sui vini del mondo.

In realtà, la sua predilezione per i vini francesi appare chiaramente nel suo libro. E’ sottotitolato Corso competo al vino ma un titolo migliore sarebbe stato Corso al vino francese con sezioni su altri vini del mondo.

C’è un capitolo a parte sui vini bianchi francesi ma non c’è un capitolo a parte sui vini italiani; l’Italia piuttosto in questo libro condivide un capitolo con la Spagna. Inoltre la sezione sull’Italia tratta quasi esclusivamente di pochi vini rossi e i vini bianchi sono in gran parte ignorati (scriverò più a lungo su questa cosa dopo). Guardate, non ho nessun problema con l’autore per il fatto che ha dedicato un capitolo a parte ai vini bianchi francesi ma perché non un capitolo sull’Italia? Ha deciso di scrivere così poco sui vini italiani (soprattutto in confronto ai vini francesi) che questo argomento è diventato soltanto parte di un capitolo. Ancora, se Zraly preferisce i vini francesi va bene, ma è chiaro che in questo libro non sta dando ai vini italiani il dovuto.

Per quanto riguarda la sezione sui vini rossi italiani ci sono molti errori. Scrive che il Chianti deve essere composto da un minimo di 80% di Sangiovese. Al momento è 75% per la maggior parte delle versioni del Chianti come il Chianti normale o un Chianti di una delle sette aree come il Chianti Rufina, Chianti Colli Senesi eccetera. L’80% di Sangiovese è solo per il Chianti Classico. Questa cosa è stata in vigore per parecchi anni; tutto ciò che Zraly doveva fare era dare un’occhiata su Internet.

Poi scrive di un cambio di regolamentazione per l’invecchiamento del Barolo in legno. Scrive che ora il Barolo deve essere sottoposto a un invecchiamento in legno solo per un anno. Questa cosa non è corretta. Ho mandato una e-mail a un produttore nella zona del Barolo e ho anche controllato il disciplinare per avere l’informazione corretta; l’invecchiamento minimo in legno previsto per il Barolo è di diciotto mesi, non un anno. Ora mi rendo conto che le leggi relative ai vini italiani cambiano abbastanza spesso ma rimane il fatto che l’invecchiamento minimo non è un anno ora e non lo è mai stato. Era di 24 mesi ed è stato cambiato in 18. Zraly cita il fatto che era 24 mesi parecchi anni fa cosicché, se questo è quello che ha indicato nel libro, si potrebbe perdonarlo dal momento che uno potrebbe dire che non ha aggiornato questo dato. Ma dire che l’invecchiamento è di un anno, quando non è ora e non lo è mai stato, bene, è semplicemente sbagliato ed è la prova di non aver fatto il lavoro giusto. Per un libro che si suppone che sia uno dei migliori disponibili per l’insegnamento del vino (lo si legge sia sulla parte interna che sul retro di copertina), è un errore sconsiderato.

Poi scrive alcune cose davvero stupide o strane. Sotto al titolo “produttori veneti di facile reperibilità” indica Quintarelli. Aspetta un attimo! Quintarelli, facile da trovare? Dove compra il vino questo tizio?

Persino peggiore è la sua nota sull’Amarone che scrive deriva dalle parole italiane amar che significa, appunto, amaro e one che significa grande. Hu? L’ho detto ad alcuni produttori italiani e la loro reazione è andata dal riso alla completa incredulità. Questo tizio è un illustre insegnante di vino?

Ho accennato al fatto che la sezione italiana è dedicata soprattutto ai vini rossi; Zraly si concentra sull’Amarone, i grandi rossi del Piemonte (Barolo e Barbaresco) e quattro vini toscani: Chianti, Vino Nobile di Montepulciano, Brunello di Montalcino e Carmignano. Comunque, non c’è una parola – non una parola! – sul Bolgheri. Come mai Zraly ha deciso di lasciarlo fuori? Di certo non lo ha fatto perché questi vini sono troppo costosi dal momento che scrive tanto sui Bordeaux che vengono venduti a centinaia di dollari a bottiglia. Scrive anche molto dei premier e grand cru di Borgogna. Capisco che in un libro del genere non c’è spazio per tutto così alcuni vini sono tralasciati. Ma qui non stiamo parlando di un vino rosso poco noto della Basilicata o della Calabria, stiamo parlando del Bolgheri.

Anche se conosci solo due vini di queste parti – chiamati Sassicaia e Ornellaia – conosci il Bolgheri. Considerato che ci sono due pagine intere sui vini della Valle della Loira in Francia, Zraly non avrebbe potuto scrivere almeno un paragrafo sul Bolgheri? Specialmente se si considera la fama di questi vini? Ancora una volta la sua inclinazione per i vini francesi e l’ignorare molti illustri vini italiani è sorprendente (non è menzionato nemmeno il Morellino di Scansano, uno dei vini rossi toscani di maggior successo dello scorso decennio).

Non è evidente che i vini leader in termini di vendite da qualsiasi luogo – Italia, Francia, Cile, Australia, Spagna, eccetera – vengono venduti a 15-20 dollari? Tuttavia dedica un capitolo intero ai vini bianchi francesi, la maggior parte dei quali sono molto più costosi di 15 dollari. E’ un ragionamento abbastanza illogico. Sembra chiaro che non assaggia molti tipi di bianchi italiani.

Kevin, hai provato questo?

 

O questo? Questi sono due eccezionali bianchi italiani.

Inoltre scrivendo questo sui vini a 15 dollari tende a scartarli come se non fossero degni di nota né per lui né per gli altri. Tuttavia mi domando se ha assaggiato il Soave Classico di Pieropan o altri campioni di Soave Classico come quello di Cantina del Castello, Ca’ Rugate, Gini e Pra. Tutti questi sono venduti al dettaglio tra i 14 e i 16 dollari e sono eccellenti. Se Zraly concepisce questo libro come un testo per neofiti o degustatori a un livello intermedio, sta facendo loro un disservizio con il non mettere in luce questi vini.

Naturalmente ci sono Soave in una fascia compresa tra 18 e 25 dollari (non molti soldi e certamente al pari di bianchi della Loira e Bordeaux che elogia nel libro) che sono vini meravigliosi. Il Soave è diventato di nuovo attuale e questi cru sono vini di prima qualità, tuttavia non c’è niente in merito in questo libro.

Zraly riporta brevi liste di varietà e vini di parecchie regioni italiane; sostiene di non avere lo spazio per coprire tutte le venti regioni vinicole. Va bene ma date un’occhiata alla sua lista di uve del Friuli Venezia Giulia: Pinot Grigio, Pinot Bianco Chardonnay, Sauvignon Blanc. Eccola! Ha mai sentito il Friulano, l’uva che è un vero e proprio segno distintivo della regione? Come è possibile lasciarla fuori? Non pensate che sarebbe facile ricordare il Friulano quando si scrive del Friuli?

Ma tutto questo non è niente se raffrontato all’affermazione più oltraggiosa contenuta nel libro che riguarda i vini bianchi italiani. Continuando il suo ragionamento sul perché non tiene lezioni sui vini bianchi italiani, scrive:

“Gli italiani tradizionalmente non mettono nella produzione dei vini bianchi lo stesso impegno come invece fanno in quella dei rossi – in termini di stile e di complessità e sono i primi ad ammetterlo.” (pagina 187).
Potete credere che ha davvero scritto questo? Ho dovuto leggere la frase parecchie volte per accertarmi che gli occhi non mi avessero tirato un brutto scherzo. Sì, sono abbastanza certo che grandi produttori come Leonildo Pieropan, Roberto Anselmi, Silvio Jermann, Sabino Loffredo e Ciro Picariello ammetterebbero che non mettono molto impegno nel produrre i loro vini bianchi. Che affermazione oltraggiosa!

Ancora, Zraly beve i vini bianchi italiani? Ho riferito questa affermazione a un produttore in Alto Adige e gli ho detto che sembrava come se l’autore avesse scritto ciò quaranta anni fa. Mi ha risposto che, sì, quattro decenni fa qualcuno avrebbe potuto dire questo dei vini bianchi italiani ma certamente non oggi. Per chiunque ha prestato un po’ di attenzione l’incredibile livello di qualità dei migliori vini bianchi italiani è stato uno dei maggiori fattori di sviluppo dell’industria del vino negli ultimi quindici venti anni. Zraly se ne è accorto?

Zraly, a proposito, scrive anche che i recenti impianti di Sauvignon Blanc e Chardonnay in Italia hanno “elevato” la qualità dei vini bianchi italiani. Come può dire questo? I migliori bianchi in Italia, quelli che sono stati davvero i migliori dei passati vent’anni, sono per la maggior parte non prodotti da queste due varietà ma piuttosto da Verdicchio, Friulano, Vermentino, Garganega, Cortese, Greco, Fiano, Falanghina e parecchie altre dozzine. Sono queste varietà autoctone la radice profonda della grandezza dei vini italiani.

Mentre sono arrabbiato e terribilmente deluso da quanto scrive Zraly sui vini italiani, c’è un problema ancora più grande. E’ il semplice fatto che ha potuto scrivere tutto questo e farla franca. Vi immaginate la reazione che avrebbe suscitato se avesse scritto falsità e cose non corrette sui francesi o californiani? Si sarebbero rivoltati contro di lui e lo avrebbero cacciato via dal Paese. Invece non ho letto nessuna altra critica a questo testo sui vini italiani. Dov’è la protesta? Dove sono i produttori e gli importatori italiani su questa cosa? Secondo me la situazione complessiva mostra mancanza di rispetto per i vini italiani in questo Paese.

Approvo il fatto che Zraly è una fonte positiva per il vino in questo Paese e anche per aver scritto questo libro. Ma una volta che decidi di incamminarti in questa avventura c’è una responsabilità professionale che deve emergere. Non si possono scrivere falsità come ha fatto lui sui vini bianchi italiani e presentarsi come un autorevole insegnante nel campo del vino. Se non gli piacciono i vini bianchi italiani o non ha pratica con questi vini, lo ammettesse. In questo non c’è nulla di sbagliato –  significa essere onesti. Ma non scrivere cose che sono uno schiaffo in faccia a centinaia di eccellenti produttori di vini bianchi in Italia.

Se i vini italiani – bianchi, rossi e spumanti – devono essere presi sul serio in America, poi coloro che scrivono e insegnano di vino devono trattarli col dovuto rispetto. Possono piacerti di più altri vini ma dai ai vini italiani il dovuto.

A proposito, Kevin, ti invito a visitare il sito di Melissa Sutherland Amado, una buyer di vini bianchi del 67 Wine and Spirits di New York City. Adora i bianchi italiani e ti potrà istruire molto su questo argomento. Ti farà conoscere molti grandi vini che sono la prova del lavoro eccellente fatto dai produttori di vini bianchi in Italia oggi.

Traduzione di Novella Talamo

23 Commenti

  1. scandalose le sue parole ,io vivo in campania ,e affermo con tutte le mie forze che il fiano e il greco sono dei vini che non hanno nulla da invidiare ai bianchi francesi ,anzi a mio modesto parere sono molto più buoni

  2. E’ gia’ cosi’ difficile dare ai grandi vini italiani la giusta e meritata visibilita’ sui mercati internazionali, se poi ci si mette pure Kevin siamo fregati. Grazie Tom per questa tua precisazione nonché difesa dei vini Italiani . Sono una produttrice irpina, nonche’ presidente di un piccolo e orgoglioso Consorzio di vini irpini di qualita’,e ho molto apprezzato il tuo intervento.

    1. Maura: TI ringrazio!

      Penso che gli i vini bianchi di Irpinia sono ottimi ed a volte anche eccezionali. Ma ciò che è davvero speciale di sono il rapporto di qualità/prezzo. Per questa ragione sola, Kevin (e realmente nessuno che ama dei vini bianchi) dovrebbe dare visibilità più grande a questi prodotti questi.

  3. I had to use Google translate to read your post. I took Kevin Zraly’s Windows of the World Wine school classes about 8 years ago. It was a great experience, and I can tell you, as the whole program consists of only 8 sessions, so it is difficult to give the same attention to all the wines in the world.
    Having said that, after I read your post, I pull out the book I have, which is 2004 edition – and that book talks about Tignanello, Solaia and other SuperTuscan and Bolgheri wines in general. And then I pulled out the book from 2006 – and unfortunately, looks like something happened to the italian wines section – it is much shorter, and yes, practically all the notion of Bolgheri, Super-Tuscan etc. is gone from there – very sad and not very clear to me why that happened… So I do understand your frustration and I hope Kevin will get your feedback and will adjust both his course content and his book.

    1. It is not the first time that someone affirm stupid things about the italian wines (I also think, the only reason it’s because the french wine got more reputation on the market)
      But fortunally exist people like Tom and other people like you, who try to learn and to know more, not just readind a book, but finding more and more informations . Merry Christmas.

  4. Ma chi se ne frega di questo za… kra… zac…. , problemi suoi se non conosce i vini buoni

  5. in fascia alta, in italia, bianchi internazionali non è che non ne facciamo, è piuttosto che non sono conosciuti. non sono apprezzati. meglio ancora: pur essendo di qualità (dal friuli alla campania, di bianchi straordinari ce ne sono eccome!), non c’è confronto con i grandi bianchi francesi.
    è il mercato, ed il prezzo, che cantano.
    ;-)

    1. Secondo me la grande differenza tra i grandi bianch idi Borgogna e il Fiano dell’Irpina è che ques’ultmimo viene venduto e consumato troppo presto e non c’è la stessa disponibilità di vecchie annate. Tutto qui, ma non è poco.

      1. Bisognerebbe creare “una banca del Fiano”…;-)) Al di là degli scherzi, manca in Italia, in Irpinia particolarmente, una figura imprenditoriale che dopo aver acquistato i vini appena prodotti dalle migliori aziende, si occupi di farli affinare per poi rivenderli al raggiungimento della loro migliore condizione qualitativa.

      2. è anche una questione di mancanza di marketing,programmazione,creare sistema.non solo della filiera agro alimentare ma complessiva !!!possibile che cha capodimonte faccia un millesimo di presenze degli uffizi???o che il nostro museo archeologico un milionesimo del british museum avendo una collezione molto maggiore di reperti???.o che la zona flegrea sia dimenticata o che in questo momento di grandissima espansione di turismo del benessere le terme di agnano o quelle di telese o quelle di castellamare non intercettino tutto il turismo che potrebbero???il cilento ha avuto un boom grazie ad un film mica grazie a pianificazioni regionali ecc ecc abbiamo un petrolio sotto il culo e lo sprechiamo

        1. Alcuni anni fa regalai a un cuoco partenopeo conosciuto a livello cittadino l’idea di fare un libro di ricette su Napoli e lo misi in contatto con il mio editore.
          Siccome lui vantava un credito con un altro piccolo editore, lo fece con quello facendomelo trovare in libreria senza dirmi nulla prima, anzi, dopo avermi chiesto una prefazione. Il suo prodotto fa schifo, ma lui lo vendicchia nel suo locale e recupera qualche centinaio di euro, questo il suo prezzo umano.
          Questa parabola per dire che il problema vero è il provincialismo, la mancanza di fiducia sul futuro, la visione miope, da mastrillo, della realtà.
          Alla fine il libro l’ho fatto io e, siccome ognuno deve fare il proprio lavoro, con ben altri risultati di contenuti, grafica e risonanza. Per dire, insomma, che non bisogna aspettare che gli altri facciano, noi siamo fabbri del nostro destino.

          1. vero che tutti siamo artefici del nostro destino ma ci dovrebbe essere qualcuno,sempre,che dovrebbe fare una regia unica che è pagato per fare ciò!!!faccio un esempio semplicissimo:ho lavorato al british museum per un’estate e quando i visitatori si trovavano nelle sale dedicate alla campania e al sud italia erano le guide stesse che consigliavano i luoghi da visitare in italia,in pratica ci facevano loro un po’ di pubblicità.oltre di aprire le sedi a new york o a bruxelles della regione che cxxxx si è fatto negli ultimi 20 anni???

        2. Bella domanda, da girare alla procura presso la Corte dei Conti: mi piacerebbe sapere come sono stati spesi i soldi della fantomatica Enoteca Regionale, per esempio. Con quali criteri di competenza sono stati affidati gli incarichi, eccetera, eccetera.

  6. La verita’ che i nostri prodotti non li sappiamo vendere pubblicizzare proporli. Aspettiamo sempre sul ” cerasiello “” che qualcuno si accorga di noi , manca proprio la cultura della promozione , siamo troppo concentrati a fare bene e a compiacerci dimenticando poi che ce la cantiamo e ce la suoniamo da soli. Non e’ giusto aspettare che lo faccia qualcuno per noi , ( il famoso panariello che cade dal cielo) , bisogna rimboccarsi le maniche e fare promozione , pedalando. Sono da pochi anni produttrice , ma ho capito che chi fa per se fa x tre! Fare sistema e’ importantissimo ma sempre in maniera attiva , non aspettando che qualcuno tiri il carro per te. Insomma le parole chiave: cultura del vino irpino di qualita’, promozione e sistema. In questo modo con la qualita’ e i prodotti unici autoctoni che ci sono in irpinia ,si vola. Buon anno a tutti Maura Sarno

  7. P.S. Dopo i commenti internazionali che mi hanno preceduto mi e’ sembrato carino qualche parolina in lingua autoctona….viva l’Irpinia!

  8. Sto sempre più capendo il feeling con Lello…a proposito quando posso venire da te ?

  9. lì in francia le botti di vino le vendono dopo pochi mesi dalla vendemmia.
    uno le assaggia, le PAGA, e loro te le curano, te le imbottigliano e spediscono in tutto il mondo.
    queste aste, questa massa critica di migliaia di tonnellate di chardonnay (per fa’ un esempio) da 100 euro circa la bottiglia, è in se’ e per se’ non un “gioco” locale portato avanti da pionieri, ma un volano di un motore finanziario privato potentissimo.
    come dire? le banche finanziano somme impensabili, credo roba tipo miliardi di euro per il vino d’alta fascia, in francia.
    qui da noi, piuttosto, questi discorsi non si fanno proprio. non c’è gioco, almeno per ora.

I commenti sono chiusi.