Fondi Europei, il caso Caputo-Eataly: Farinetti non può decidere come spendere i soldi della Campania


Oscar Farinetti

Fondi Europei il caso Caputo-Eataly Farinetti. Ieri il Mattino ha pubblicato una intera pagina su un caso incredibile: l’esclusione della prima azienda da un progetto finanziato con soldi pubblici gestito da UnionCamere Campania. Ecco l’intervista rilasciata da Antimo Caputo.

Ha l’amaro in bocca, Antimo Caputo: gira e rigira la lettera con la quale gli è stato appena comunicato da UnionCamere Campania che, a insindacabile giudizio di un privato a cui è stata consegnata arma e bagagli la promozione della ricchiezza agroalimentare campana, non può partecipare.

“Voglio subito precisare che il nostro Molino lavora da tre generazioni e non ha mai ricevuto una soldo pubblico per la promozione in Italia e all’estero. Fatturiamo 50 milioni di euro l’anno e facciamo da noi. Alla luce di quanto è accaduto almeno non ci arrabbiamo”.

Antimo Caputo del Molino Caputo

Come è possibile escludere la farina più diffusa tra i pizzaioli napoletani quando i soldi pubblici sono gestiti da campani?
“Non voglio fare polemica personale. Dico solo che siamo in una logica perversa burocratica. Negli enti pubblici tutti sono sotto stress perché in un modo o nell’altro i soldi europei  devono essere spesi. Giocano fattori totalmente estranei alle vere esigenze del mondo produttivo”.

Quali?
“La Regione prima aveva un ente, l’Ersac, che faceva promozione. A torto o a ragione, dopo 20 anni in cui si era formato un bel know how fu sciolto ma i risultati di questi anni non mi sembrano brillanti. Quello che manca, infatti, è una cabina di regia che analizzi davvero quel che serve e quello che è utile fare. Manca cioè una direzione politica nel senso nobile del termine, una capacità di lettura e di intervento. Invece si va avanti a tentativi. L’importante è che le carte poi stiano a posto”.

Cioè?
“Si orecchia qualche nome famoso in tv o nei siti, lo si aggancia, gli si danno un sacco di soldi e tutto finisce lì. Ogni tanto mi chiama qualche buyer invitato in queste occasioni: per loro non sono occasioni di lavoro, ma una vacanza perché vengono messi in contatto con aziende talmente piccole che a volte non possono coprire neanche il mercato di Napoli”.

Il discorso dei grandi contro i piccoli?
“Per carità: i piccoli artigiani sono la luce dei miei occhi. Devo a loro se la pizza sta crescendo tanto. Ma se si devono investire soldi sui mercati mondiali oltre che la qualità ci vogliono i numeri”.

Eataly non è un luogo di prestigio?
“Sicuramente sì, Farinetti è un bravo imprenditore che fa gli interessi suoi e del Piemonte parlando dell’Italia. Obbedisce a interessi legittimi che spesso non sono quelli della Campania, perché vende gli spazi ed è in compartecipazione o produttore di aziende che producono vino, acqua, farina e tanto altro ancora. Che lo faccia un privato va benissimo e gli auguro ogni successo. Ma se io devo spendere soldi pubblici destinati alla nostra regione è giusto ragionare con chi obbedisce a logiche di territorio e non private!”.

Lei ha una esperienza enorme di promozione all’estero. Secondo lei cosa davvero serve all’agroalimentare campano?

“Bisogna fare analisi di mercato e capire dove siamo forti. Lì insistere. Per esempio, negli Usa sarebbe stato molto più sensato fare un corner nella catena All Food dove tanti prodotti italiani sono presenti. Cito All Food, ma ci sono decine di altri esempi. Certo l’ultima cosa da fare è andare in posizioni di obbedienza in uno spazio dove i nostri concorrenti diventano altri prodotti italiani”.

 

Il Mattino del 10 agosto 2014

5 Commenti

  1. Mi ricordo di quando Amendolara, attuale responsabile Expo per la regione Campania, alcune settimane fa a Caiazzo disse che hanno un problema, decidere tra i tanti prodotti di cui la Campania è ricca, cosa portare all’Expo. “Una questione di quantità”. Si volessero presentare con l’asparago selvatico di Polla o il tartufo bianchetto di Capaccio? LaCampania ha il distretto gastronomico più evocato al mondo: Pasta, Pizza, Pomodoro San Marzano, Mozzarella di Bufala e vari altri prodotti DOP e IGP. Ecco io partirei da questi, e forse mi ci fermerei pure.

  2. Ma stiamo parlando di Amendolara? Quello che non voleva portare i presidi al Salone del Gusto ma aveva soldi per la Coldiretti? L’ex Presidente della Coldiretti Campania?…allora non parliamo di nessuno che meriti di essere menzionato.

  3. Sperando che un giorno la Regione Campania, si “sappia” organizzare nell’investire fondi preziosi nella giusta ( ma auspico più una regolamentazione in questo senso) direzione , non posso non essere d’accordo col Sig.Antimo Caputo sull’idea di fare leva sui Nostri prodotti “forti”,e anche se la Campania felix ne offre un ventaglio foltissimo, se potessi scegliere oltre alla superba Mozzarella di Bufala,al mitico San Marzano e alla pasta di grano duro, includerei il fantastico Carmasciano ,l’olio Ravece e ,ops in effetti ci sono ancora tanti prodotti da poter promuovere…

  4. Io mi chiedo quanto tempo dovrà passare prima che quelli di Slow Food si rendano conto che la loro leason son Eataly e Farinetti sarà per loro un vero abbraccio mortale…. a meno che invece,,,non ne siano consapevoli…. ma non voglio pensar male. Antonio

  5. aggiungo una riflessione all’articolo inziale… ci saranno degli interessi “piemontesi” ?!

    ho constatato che all’eataly di a new york si “pubblicizza” una mozzarella insegnata da maestri pugliesi …..e con aggiunta di kit mozzarella fai da te …… sarà forse perchè “hanno purtroppo giustamente” ragione a nascondere il fatto che la mozzarella “nasce” nella terra dei fuochi …e quindi questa faccenda farebbe diminuire i clienti a new york come in altri luoghi?

    una amara constatazione….. penso sia l’unica spiegazione ….altre di questi famosi mastri pugliesi non la trovo….. saranno pure bravissimi ed anche loro di antiche tradizioni …..ma………. per me la mozzarellla ha una “prima origine” su tutte le altre

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