Fase 2. Cinque cose concrete da fare per ristoranti, bar, pizzerie e…parrucchieri!


di Marco Contursi

Razionalizzare le riaperture dei locali? Razionalizzare… parola complessa che  vuol dire tutto e niente.

Ma si potrà davvero razionalizzare e allo stesso tempo salvare le migliaia di attività commerciali nel settore del food?

Partiamo da un assunto: Centinaia di milioni di euro sono andati già in fumo per colpa di questo virus e ne hanno fatto le spese migliaia di attività del settore food e turismo. Basti pensare all’annullamento delle gite scolastiche e pellegrinaggi religiosi che di solito si fanno tra marzo e maggio: tour operator, noleggiatori di bus turistici, titolari di alberghi e ristoranti hanno perso milioni che mai più recupereranno. E non possiamo dimenticare l’indotto delle cerimonie (matrimoni, cresime, comunioni), un comparto che tra marzo e luglio dà lavoro a centinaia di migliaia di lavoratori, sia fissi che stagionali, spesso ragazzi che con i soldi guadagnati si pagano gli studi.

Ora si cerca di salvare il settore ristorativo (bar, pizzerie, ristoranti, pub) e quello balneare. Ma si salverà con le restrizioni di cui si paventa l’adozione?

E soprattutto siamo sicuri che queste restrizioni evitino eventuali nuovi contagi?

Io parto da un assunto, e cioè che per quanto ci dicano di distanziarci, per quanto possano imporre barriere di plexiglass a tavola e tra tavoli o nei lidi, le persone a casa loro possono fare come vogliono, e le persone vogliono stare insieme. Non si possono approntare soluzioni, senza tenere conto di questo, dell’aspetto emotivo-emozionale delle persone, sennò i provvedimenti si rivelano inutili perché non rispettati. Una cosa è la teoria, ipotetica in cui tutti devono stare distanti da tutti, un’altra l’applicazione pratica. Se non si comprende questo è tutto maledettamente inutile.

Se si pensa che le coppie che sono state lontane non corrano ad abbracciarsi (tranne quelle a cui la lontananza ha fatto riflettere sul loro stare insieme), che gli amici non si vedano per una spaghettata, che chi è stato solo non cerchi compagnia fisica, bè allora non avete capito niente.

Certo, si starà con la mascherina al supermercato, si scaglioneranno gli ingressi negli uffici pubblici, congestionando ancora di più il lavoro (quanto durerà una fila alla posta?), ma se si pensa che le persone rimarranno distanti da tutto e tutti in modo assoluto, allora siete davvero fuori strada.

Certo, c’è chi leggendo invocherà il rigore assoluto, chi dirà che bisogna stare a casa finchè non si scopre il vaccino, chi dirà che siamo una massa di irresponsabili, ma la storia non cambia.

L’uomo è un animale sociale, e puoi tenerlo lontano dai suoi simili solo per brevi periodi, dopodichè inizia a sclerare. E già negli ultimi giorni, si sono visti episodi in cui l’intimo sentire ha prevalso sulle norme, vedi ad esempio il funerale del Sindaco di Saviano.

La salute mentale, vale quanto quella fisica. Questo è un dato di fatto.

Succederà quindi che le persone, se destabilizzate da troppe regole imposte nei locali, inizieranno a vedersi nelle case, sfuggendo quindi ad ogni controllo e allo stesso tempo facendo fallire ristoranti e simili.

Pensate ad esempio se passa la norma che al bar non si può servire il caffè al banco ma solo seduti. Ora, innanzitutto chiuderanno quei bar, anche storici, che hanno solo il bancone e me ne vengono in mente almeno un paio che stanno lì da quando ho memoria, seconda cosa, chi prenderà più il caffè al bar se deve aspettare, magari da solo, che si liberi un tavolino quando il caffè è per sua natura, una bevanda che nella gran parte dei casi si consuma a volo a volo? Pochissimi.  E i bar come faranno a sopravvivere?

Capitolo ristoranti? Quanti potranno sopravvivere se dovranno dimezzare i tavoli, visto che le spese, soprattutto le tasse statali saranno le stesse? Dicono che bisogna ridurre gli affitti? Giusto, ma allora riduciamo in primis le tasse che un ristoratore deve pagare, non solo rimandarle.

Eppoi, si parla della consegna a domicilio ma quanti locali potranno beneficiarne? Non certo quelli di cucina gourmet, dove l’impiattamento è parte stessa del piatto, né quelli in località turistiche tipo Positano o Praiano, visto che fanno un lavoro squisitamente turistico ( chi scende giù alla Playa per prendere d’asporto la pasta coi totani di Armandino?????????).

E la pizza? Siete davvero sicuri che la pizza napoletana si presti alla consegna a casa, quando se diventa fredda, a differenza di quella sorrentina, diviene immangiabile e non si può neanche riscaldare? Non parliamo quindi   della pizza che uno ritira personalmente in pizzeria e mangia semmai fuori su una panchina, ma di una pizza che impiegherà almeno 10 minuti per arrivare a casa, in contenitori sigillati che comporteranno un inevitabile effetto serra, con conseguente formazione di vapore. La pizza napoletana classica, non si presta al delivery, tanto e vero che alcuni pizzaioli salernitani che la propongono nei loro locali, per l’asporto usano un impasto differente. Certo, il delivery va consentito subito, ma non pensando che sia la panacea e quindi serve approntare altre misure importanti a sostegno della categoria.

E le cerimonie? Tutte cancellate? Certo, perché è impossibile fare una cerimonia distanziati. E come si sostiene un indotto fatto di ristoratori, albergatori, pasticcieri, fiorai, fotografi, camerieri, noleggiatori di auto, musicisti, wedding planner, produttori di cibo e bevande e altre figure che ora mi sfuggono che campavano grazie a questo comparto?

C-A-M-P-A-V-A-N-O. OSSIA VIVEVANO GRAZIE AD ESSO. TUTTI SUL LASTRICO?

Nel momento in cui si adottano certi provvedimenti, si deve pensare pure alle conseguenze sulla vita delle persone perché costoro se esasperate, infrangono i provvedimenti, rendendo nulla la loro emissione. E non c’è multa che tenga.

Ad esempio mi diceva ieri un barbiere “ Se a maggio non  mi fanno aprire, io vado, casa casa, a fare i capelli,  sennò come sfamo i  miei figli?”

Già, lasciamo un attimo la gastronomia e parliamo dei parrucchieri. Come faranno quelli che avevano un salone con più sedie e piu operatori che lavoravano contemporaneamente? Se deve entrare un cliente alla volta, vuol dire che potranno lavorare solo i parrucchieri che erano soli, mentre i saloni con più parrucchieri dovranno chiudere, con la conseguente perdita di posti di lavoro che andranno a ingolfare le classi dei disoccupati che chiedono un sussidio. E lo Stato dove li prende i soldi?

La cura non può essere peggio della malattia. Si deve scegliere in una situazione di difficoltà, come può essere appunto, un virus nuovo, il male minore. Che non è certamente chiudere tutto in attesa di un vaccino o mettere norme che di fatto fanno saltare l’economia dell’intero Stato, affamando migliaia di persone che non si sa come potranno reagire.

Ma allora tu che proponi, mi possono chiedere?

1) Innanzitutto di evitare di prospettare catastrofi.

Quello che è successo in termini di morti è stata la sfortunata concausa di più fattori: virus sconosciuto-sanità impreparata-contagi simultanei facilitati da alcuni eventi (partite, gare di ballo, ecc..).

Il virus ha una mortalità bassa, e molte decine di morti si sarebbero evitate conoscendo prima i meccanismi di azione del virus che invece si sono scoperti solo dopo le autopsie. Cambiando l’approccio terapeutico (somministrazione di anticoagulanti e antinfiammatori nella fase iniziale), moltissime persone che prima si aggravavano, oggi vengono gestite a casa. Quindi serve ASSOLUTAMENTE potenziare la risposta del servizio sanitario ai primi sintomi della malattia. Non più malati lasciati soli a casa per giorni, con la sola tachipirina ma subito tamponi ai primi sintomi e i farmaci (eparina, clorochina ecc..) che servono.

2) Valutare attentamente la risposta del virus all’alzarsi delle temperature, perché come sostengono autorevoli studi e studiosi, trattandosi di virus influenzale potrebbe ridursi di parecchio con l’estate e quindi essere pronti ad allentare le misure contenitive se questo avverrà come tutti ci auguriamo.

3) Riduzione e non solo traslazione temporale del pagamento di tasse e imposte. Se come è ovvio tutti lavorano di meno, devono pagare di meno, e quindi anche quelli che sono costi fissi tipo imu o tassa di occupazione di suolo pubblico devono scendere necessariamente.

4) Aiuti immediati a tutti quelli che campavano di sussistenza, ossia si arrangiavano, senza requisiti assurdi, tipo, se possiedi una casa non ti spetta nulla, poiché uno non può mangiarsi le mura. Qui ci sono migliaia di persone che si arrabbattavano e che comunque esclusi dal reddito di cittadinanza oggi sono alla fame. Idem, non pubblicizzare aiuti, aventi criteri cosi restrittivi, vedi limite 100mila euro di fatturazione anno precedente, che di fatto escludono migliaia di aventi bisogno. Non ci sono i soldi per tutti? Ok allora fatemi aprire, anche ipotizzando qualche contagio in più che se ben gestito dall’inizio non comporterà un aumento cospicuo dei decessi.

5) Potenziamento immediato dei percorsi di diagnosi e cura per altre malattie, soprattutto oncologiche e cardiovascolari, trascurate in questi due mesi a causa dell’emergenza virus, altrimenti fra poco vedremo un aumento sensibile dei decessi per tumori, ictus, infarti ecc.

Bisogna capire che, se si pensa solo a difendersi dal virus attuale con misure che distruggono l’economia e annientano prevenzione sanitaria (oggi ambulatori chiusi e quindi niente indagini endoscopiche, ecc..), fra qualche mese ci saranno molti piu morti di quelli che avverrebbero oggi per coronavirus, mettendo paletti di prevenzione meno stretti. Si deve scegliere il male minore, non pensare solo a quello attuale, se questo pensare comporterà tra 6-12 mesi molti più morti tra suicidi, malattie non diagnosticate, e altre cause riconducibili a norme di contenimento troppo strette.

Quindi innanzitutto potenziare la risposta del servizio sanitario quando la malattia dà i primi sintomi, e poi capire che per quanto possa sembrare terribile, meglio mille morti ancora oggi per coronavirus  che diecimila fra sei mesi per fame e disperazione, oltre che rischiare il fallimento della Nazione. Che, credetemi, non è ipotesi cosi remota se si continua cosi.

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