Gragnano: la pasta di Petrone e Sorrentino e il vino di Sicignano, due piccole eccellenze da scoprire


Penisola Sorrentina, uno scorcio

di Novella Talamo

“Non esiste il caso né la coincidenza, noi camminiamo ogni giorno verso luoghi e persone che ci aspettavano da sempre”. Queste parole della giornalista e scrittrice Giuditta Dembech ben esprimono il legame quasi ancestrale che da sempre mi unisce alla Penisola Sorrentina, uno di quelli che io definisco i miei luoghi del cuore, sempre a strapiombo sull’anima.

Ogni tanto si impadronisce di me una sottile nostalgia per i suoi panorami mozzafiato che non mi limito ad osservare e ammirare ma che faccio miei perché in essi mi riconosco, ritrovo completamente me stessa. Così in un giorno di inizio autunno decido di partire per un primo giro esplorativo alla scoperta di eccellenze enogastronomiche meno conosciute, più inedite.

Mi accompagnano e guidano in questo viaggio Giuseppe Di Ruocco e Alfonsina Longobardi che insieme gestiscono il ristorante Nonna Giulia a Lettere e si impegnano quotidianamente nella scoperta di nuove realtà artigiane e agricole proprio per promuovere e valorizzare il territorio al di fuori dei percorsi più usuali.

Da Lettere, dove sono accolta dai miei ‘tutor’ e da una meravigliosa atmosfera autunnale, mi sposto giù verso Gragnano, centro ai piedi dei Monti Lattari da secoli conosciuto in tutto il mondo per la produzione della pasta e del vino.

Penisola Sorrentina, tramonto visto dal mare

La pasta

La fama della pasta di Gragnano è dovuta al clima umido che permette la lenta essiccazione e all’acqua oligominerale della sorgente Forma e dell’Imbuto. Nella lussureggiante bellezza della Valle dei Mulini, andando verso il borgo di Castello, e in quella di Caprile, si possono ammirare ancora oggi i tanti fatiscenti mulini a palmento che vanno dall’epoca romana fino all’inizio del ‘900.

Nel 1500 si iniziarono a costruire i primi pastifici a conduzione familiare e ogni palazzo della città divenne un vero e proprio pastificio.

Molte famiglie, che tramandavano il lavoro di generazione in generazione come accade ancor oggi, assunsero i soprannomi a secondo del compito che svolgevano nel mondo della pasta e in questo modo si delinearono casati storici come, ad esempio, i ‘trafillari’ così chiamati perché producevano trafile.

Attualmente esistono ancora i maestri impastatori e le ‘fusillare’, donne che arrotolano i fusilli a mano con l’aiuto di un ferro d’ombrello.

L’epoca d’oro della pasta di Gragnano fu l’Ottocento, secolo durante il quale sorsero grandi pastifici a conduzione non familiare lungo via Roma e piazza Trivione che diventarono così il centro di Gragnano.

Tanti i formati nati dalla fantasia degli estrosi maestri pastai gragnanesi, ognuno dei quali porta con sé racconti, aneddoti, curiosità e leggende.

In passato gli scarti di pasta di diversi formati ebbero anche un ruolo importante nell’aiutare le famiglie non abbienti: questi, infatti, venivano utilizzati per sfamare le persone povere. Successivamente la pasta mista ha acquisito un’identità sua propria ed è diventata persino protagonista di piatti cult come la minestra con crostacei e piccoli pesci di scoglio di Gennaro Esposito.

Il produttore

A Gragnano incontro Vincenzo Petrone che dal 2006 con Filomena Sorrentino produce la pasta a marchio ‘Gragnano in Corsa’ (Pastificio Filomena Sorrentino www.gragnanoincorsa.it Showroom: Strada Statale per Agerola 69 – Produzione: Via Nuova San Leone 53, tel e fax. 081 8733341).

Vincenzo Petrone e Filomena Sorrentino

“I campioni non si fanno nelle palestre. I campioni si fanno con qualcosa che hanno nel loro profondo: un desiderio, un sogno, una visione e l’alimentazione”: queste le parole del leggendario pugile statunitense Muhammad Ali che Vincenzo mi mostra riportate sulle confezioni non appena arrivo nello showroom.

Dopo aver lavorato nel settore della produzione e vendita dei costumi da bagno Moda Mare Positano (Gragnano è anche città dei tessuti, qui in piccoli laboratori artigianali viene prodotto il 20% dei costumi a livello nazionale) Vincenzo Petrone fa un’esperienza che lo tocca particolarmente e che segna il corso del suo destino: la Maratona di Boston a cui segue il Pasta Party che conclude in festa una delle più antiche e prestigiose maratone del mondo.

Da qui inizia a maturare l’idea di intraprendere questa attività. Nel frattempo Filomena Sorrentino, dopo essersi laureata in Scienze e Tecnologie Alimentari alla Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli, comincia a gestire un’azienda con il marchio Oro di Gragnano.

Gragnano in Corsa, la pasta nel laboratorio di produzione

A questo si aggiunge quello Gragnano in Corsa con il quale Vincenzo inizialmente si rivolge soprattutto a un pubblico di sportivi con l’obiettivo di trasmettere il messaggio secondo il quale non è la pasta di per sé ad apportare un elevato contributo di calorie ma il suo condimento.

E’ quasi con commozione che Vincenzo Petrone mi mostra il libro su Dorando Pietri, atleta italiano “famoso per non avere vinto”. Egli infatti passò alla storia dell’atletica leggera per il drammatico epilogo della maratona ai Giochi Olimpici di Londra 1908: tagliò per primo il traguardo sorretto dai giudici di gara che l’avevano visto barcollare più volte, stremato dalla fatica. A causa di quell’aiuto fu squalificato e perse la medaglia d’oro ma le immagini e il racconto del suo arrivo fecero il giro del mondo e diventarono la chiave del suo successo.

il libro su Dorando Pietri

Gragnano in corsa, tra l’altro sponsor ufficiale della Maratona di Roma e del Campionato Europeo di Cross su strada di Olona, è una pasta di semola di grano duro ottenuta con acqua del Parco dei Monti Lattari e semola lucana e pugliese.

Gragnano in Corsa, al lavoro nel laboratorio di produzione e la forma per una delle trafile

Ventisei le trafile, tutte tipiche della tradizione napoletana. Da 6 a 10 i quintali di pasta prodotta al giorno. Disponibile anche la confezione da 100 grammi e la monoporzione per single e ristoranti.

Gragnano in corsa, la pasta confezionata

La trafilazione al bronzo, come da tradizione gragnanese, conferisce alla pasta quella rugosità caratteristica che garantisce la perfetta tenuta di cottura e permette di trattenere meglio il condimento.

L’essiccamento a basse temperature (mai superiori ai 45°C) e in celle statiche per tutto il tempo necessario (non meno di 48 ore) favorisce i fenomeni di fermentazione superficiale che determinano l’aroma e il sapore particolari.

Questa pasta viene distribuita anche nel canale HORECA e in più di 300 negozi in Italia. All’estero è presente in molti Paesi tra cui Stati Uniti e Australia.

Il vino

Altro fiore all’occhiello della zona è il Gragnano doc che da sempre accompagna la storia di questi luoghi e delle popolazioni che vi abitano.

“Finalmente il Gragnano…un piccolo vino ma,…insuperabile”, scriveva Mario Soldati.

Citato da Plinio, Galeno e Columella qui la vite veniva coltivata già intorno al I secolo, cioè poco dopo l’eruzione del Vesuvio del 75 come testimoniato dai numerosi vasi vinari ritrovati ancora intatti nelle ville.

Con l’avvento al trono di Napoli di Gioacchino Murat il Gragnano ebbe una vera e propria ascesa, infatti il re fece giungere dalla Francia enologi esperti e geologi per impiantare colture viticole simili a quelle francesi.

Nel 1988 la svolta con il riconoscimento della sottozona della DOC Penisola Sorrentina.

“Si vis vivere sanum bibe Gragnanum”, se vuoi vivere bene bevi Gragnano, recita un detto del ‘600.

Rosso frizzante a fermentazione naturale, di buona struttura, nel bicchiere si presenta con un colore rosso rubino più o meno intenso dagli evidenti riflessi violacei arricchito dalla sua tipica spuma color porpora, al naso si evidenziano intense note floreali di viola, rosa e fiori di campo ben amalgamate con gradevoli e freschi sentori fruttati di fragola e ciliegia, di medio corpo, al gusto è morbido e sapido.

Nella sua produzione gli uvaggi utilizzati interessano i vitigni maggiormente vocati di questa zona: Piedirosso (minimo 40%) e/o Sciascinoso (localmente detto Olivella) e/o Aglianico (minimo 60%).

Particolarmente adatto all’antipasto con formaggi e insaccati (sgrassa il palato grazie alla sua effervescenza), si abbina bene anche a tutto pasto e alla pizza margherita e napoletana, al sartù di riso, a salsicce e friarielli.

Ottimo il rapporto qualità/prezzo.

Il produttore

Completo il mio giro con una tappa alla cantina più antica di Gragnano risalente al 1700 (Azienda Agricola Gennaro Sicignano Via S.S. per Agerola 125, tel. 081 8011321 cell. 328 3687696).

Francesco Sicignano

In un bel vigneto che arrossisce al sole del primo pomeriggio di novembre regalando colori e prospettive incantevoli incontro Francesco Sicignano, l’ultima generazione a lavoro in vigna con la supervisione rigorosa ma affettuosa della ‘quercia’ di famiglia, papà Gennaro.

Occhi azzurro mare schivi e schietti, mani grandi e ruvide, solcate dal lavoro della terra, Francesco mi accoglie con una certa timidezza caratteristica delle persone autentiche e con orgoglio mi mostra il suo mondo che gravita tutto attorno a questa proprietà di 14.000 mq, 1 ettaro e mezzo di vigneto coltivato a Piedirosso, Aglianico, Castagnara, Olivella e Suppezza.

scorci della vigna

Qui, a 350 metri sul livello del mare, su un terreno di medio impasto argilloso con materiali piroclastici di origine vulcanica, si produce esclusivamente Gragnano doc da uve Piedirosso, Olivella (Sciascinoso), Suppezza e Aglianico allevate a tendone.

il Gragnano di Francesco Sicignano

La raccolta, a cui collabora tutta la famiglia, è manuale. La vendemmia viene un po’ anticipata alla prima decade di ottobre per conservare maggiore acidità.

la vigna con i bei colori autunnali

Dopo la fermentazione in vasche di acciaio per 7/10 giorni (16°-18°), il mosto viene posto in autoclave a temperatura controllata dove rifermenta. Intorno all’11 novembre, giorno di San Martino, viene trasferito in un altro autoclave per separarlo dalle fecce. Qui vi resta fino a marzo-aprile, quando le temperature, aumentando, facilitano la fermentazione.

il vecchio torchio

 

Gennaro Sicignano e il figlio Francesco

Prima di andare via Francesco mi fa conoscere i suoi quattro figli, Gennaro, Michele, Anna e Gina, ragazzini intelligenti e vispi a cui Francesco si augura di poter tramandare non semplicemente un lavoro ma un immenso patrimonio umano fatto di amore e dedizione per la terra, nonché della storia del territorio e delle storie degli uomini che vi lavorano.

 

Foto di Novella Talamo

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