Guida alle dieci lasagne di Carnevale da non perdere fuori casa


Pulcinella di Salzano Museo di Pulcinella, Acerra

 

di Tommaso Esposito

Per dirla con Facebook la lasagna sta a Carnevale in una relazione complicata. E sì, mica è tanto facile stabilire quale sia la versione più tradizionale che più tradizionale non sì può. Ci sarà sempre un purista che giurerà sul possesso della ricetta più autentica e più antica: quella con la pasta di semola o quella con la sfoglia; quella con il ragù e le polpettine; quella con il salame e le cervelatine; quella del Corrado o quella del Duca di Buonvicino.

E allora abbiamo pensato di redigere una piccola guida per trovare in città, e nel resto della regione, la tavola imbandita, tra giovedì e martedì grasso, con la lasagna, se non proprio la più tradizionale, almeno la più buona.

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Cominciamo con lo storico ristorante Umberto, in via Alabardieri, cuore pulsante della città. Qui la famiglia Di Porzio da sempre sceglie ‘o Rraù, la provola, la ricotta, le polpettine di maiale fritte e la salsiccia per farcire la riccia trafilata in Bronzo.
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Pure Francesco Parrella alla Taverna do’ Re, che sta di fianco al Teatro Mercadante, preferisce la riccia e la farcisce sia con salame che con salsiccia. Le polpette, poi, sono quelle con pinoli e uva passa, come piacevano, egli dice,proprio a Re Ferdinando.

La lasagna imbottita

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A via Nicotera la signora Antonietta nella sua La Mattonella sono già due settimane che propone la classica lasagna dove sono racchiusi i profumi e i sapori della cucina dei Munzù, i cuochi al servizio delle famiglie napoletane più ricche.

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Lungo la Riviera di Chiaia a Napoli Mia Antonella Rossi opta per la sfoglia all’uovo tirata a mano che raccoglie gli stessi ingredienti. Niente besciamella, ma ricotta di bufala e un pizzico di pepe profumato e stimolante.

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Anche all’Osteria La Chitarra sulle Rampe di San Giovanni Maggiore, dove qualche volta, mentre si mangia, si suona e si canta ancora come ai bei tempi, tutto è racchiuso nella sfoglia, ma il cuoco patron Peppe Maiorano dice che la differenza sta nel ragù lasciato pippiàre da Annarita fin quasi all’infinito.

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Alla Taverna Santa Chiara, che sta all’ombra del campanile dell’omonima basilica, si celebra il lasagna-day. Due giorni pieni interamente dedicati a questo piatto. Insomma ci saranno il trionfo della tradizione e, per dolce, l’elogio del migliaccio. Da non perdere.

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Fuori porta basta spostarsi a Giugliano dove Gena Iodice e il marito Tommaso a La Marchesella garantiscono una delle più golose farciture; c’è ogni ben di dio “senza sparagno”,come si dice da queste parti, mentre le complici tracchiulelle arricchiscono la salsa.

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A Palma Campania si può andare da Alberolungo, simpatica trattoria moderna. La lasagna è quella gragnanese di semola riccia. Uova sode e polpettine in abbondanza, ma soprattutto cottura nel forno a legna, cosicché, sostiene Camillo Di Palma, gli aromi e i sentori fumè sono più che garantiti.

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Montesarchio sta poco lontano dalle Forche Caudine e qui Daniele Roviezzo nel suo bel ristorantino Rovy propone la vera ricetta di mammà. La sfoglia è fatta soltanto di semola e acqua. E dalla lagana fresca sul laganaturo si ricavano le lasagne. Si fa così nel Sannio; le trafile stanno nelle mani delle donne e il risultato, in quanto a morbidezza, è più che scontato.
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A Valva, dalle parti di Contursi Terme, nell’Osteria Arbustico si potrà fare, infine, un tuffo nella cucina d’ autore, fra le specialità del territorio: tutti ingredienti da filiera corta, a cominciare dalle carni di vitella e di maiale, dai salumi e dai latticini usati per farcire la sfoglia tirata con acqua, semola, uova intere. Un’insolita sosta in stile tradizionale che mette in stand-by la ricerca e la creatività di Cristian Torsiello. Sarà, perciò, una bella sorpresa, ma è Carnevale e come dicevano i latini: semel in anno licet, almeno una volta all’anno è consentito.

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