Il mondo del vino al femminile: le figure italiane coinvolte nel settore 5 | Omaggio a Marisa Leo


Marisa Leo

Marisa Leo

di Chiara Giorleo

La serie sulle donne coinvolte nei vari rami del mondo del vino, parallela a quella sulle produttrici, pubblicate mensilmente su questo blog ormai da tempo, dedica un’uscita a una collega recentemente e tragicamente scomparsa: Marisa Leo. Abbiamo deciso di raccontarla qui con il supporto di alcune delle persone che hanno collaborato con lei in questi ultimi anni.

Lo chiediamo al Presidente dell’azienda Colombia Bianca dove lavorava; a Roberta Urso, delegata dell’Associazione Le Donne del Vino Sicilia di cui Marisa era socia attiva e all’amica e collega contro la violenza di genere, Antonella Lusseri.

 

Dino Taschetta – Presidente Colomba Bianca

Da quanto Marisa lavorava con voi e come è nata questa collaborazione?

Marisa ha iniziato a lavorare con noi otto anni fa per il customer service, da subito si è distinta con incarichi sempre più importanti. Si è occupata anche di export e subito dopo la nascita della bambina abbiamo deciso, di comune accordo, che si sarebbe occupata del marketing e della comunicazione aziendale. In questo ruolo si è distinta e ha espresso in modo esemplare le sue doti umane e professionali.

Qual era il valore aggiunto di Marisa per la vostra realtà?

Marisa aveva la capacità di incantare le persone con il suo modo di fare gentile, era davvero affabile e capace di grande empatia.

 

Roberta Urso – delegata DDV Sicilia

Da quanto Marisa era iscritta alla delegazione Sicilia e quale il suo apporto?

Marisa, che conoscevo da circa un anno, mi chiese di entrare a far parte della delegazione Sicilia dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino immediatamente dopo la mia elezione a delegata regionale, nel gennaio 2019. È sempre stata una delle socie più attive: tante le idee, i progetti, le attività da lei concepite, tanto il supporto dato nello svolgimento degli eventi; il suo contributo alle campagne nazionali non è mai mancato. Sempre tra le prime a rispondere a questionari, richieste di scatti e video, sempre presente alle call e alle riunioni, compatibilmente con il suo impegno professionale e soprattutto senza trascurare mai la piccola Alice, nata a Gennaio 2020, che ha cresciuto da sola.

 

Credi che l’approccio professionale in un’azienda del vino possa cambiare tra uomo e donna?

Assolutamente sì. A parità di livello, sia esso apicale o manageriale, di background e formazione, esperienza e tipo di azienda più o meno strutturata, noi donne – a parer mio – abbiamo certamente una marcia in più a livello empatico, di problem solving, estro, capacità comunicativa.

 

Come pensi che la nostra associazione, la più grande al mondo, possa incidere – direttamente o indirettamente – su tali dinamiche?

Come da statuto, il nostro obiettivo è di diffondere la cultura e la conoscenza del vino attraverso la formazione e la promozione della centralità del ruolo della donna nel nostro comparto. Una vera e propria missione che sta centrando sempre più l’obiettivo. Faccio l’esempio del Progetto D-Vino dedicato agli studenti del quarto e quinto anno degli Istituti alberghieri e per il turismo. Moltissime ragazze si sono appassionate dopo il racconto del vino basato sull’esperienza pratica del nostro quotidiano: alcune hanno avviato dei percorsi di stage nelle nostre cantine, altre stanno seguendo dei corsi di sommelier, altre hanno deciso di professionalizzarsi e cimentarsi nello studio di materie enologiche o marketing e comunicazione del vino. Questa esperienza ci fa felici, perché il nostro esempio fa e farà sì che sempre più donne trovino spazio professionale nel mondo del vino.

 

Antonella Lusseri – amica e collega per iniziative contro la violenza di genere

Qual era il vostro rapporto e come nasce il vostro impegno contro la violenza di genere?

Con Marisa avevamo uno stretto rapporto di amicizia, di intimità, di confidenza, come avviene nella normalità delle chiacchiere fra amiche, anche in virtù del mio lavoro di giornalista che mi portava a raccontarle i fatti del territorio.
Mi trovai casualmente coinvolta in una brutta vicenda di stalking che denunciai. Lì toccai realmente con mano il problema e tutte le persone care furono vicine a me. Da allora, con lei parlavamo spesso delle attività a tutela delle donne o delle vittime di violenza. Avevamo un senso di responsabilità nei loro confronti perchè sapevamo che molte di loro non avevano i nostri stessi strumenti per affrontare certi problemi. I nostri ruoli professionali ci portavano a stare in mezzo a tantissime persone e ci fecero capire che la stessa possibilità di parlare con qualcuno, di confidarsi, non è così scontata. Molte persone sono davvero sole.
Nacque un gruppo che poi divenne associazione: #stessasquadra. Un gruppo di persone impegnate nell’attività di sensibilizzazione del territorio attraverso l’aggregazione. Portammo avanti una catena umana nelle piazze delle città, dove tutti si tenevano la mano, l’uno vicino all’atro. Un semplice messaggio per far capire che non si è soli.

 

Grazie a tutti!

 

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