La Gedi, Vizzari e i Vespri Siciliani. Aiello scrive: sei ristoranti al top con ricevute non corrispondenti tra cui quelle di Ciccio Sultano e Pino Cuttaia


Vizzari e Giancarlo Panseri in arte Maffi a Capri

Donald Trump usa Twitter per cacciare i collaboratori. Enzo Vizzari preferisce Facebook. Così fece con Albert Sapere che ebbe il torto di scrivere che la Michelin è la migliore guida, così con Paolo Pellegrini per una opinione su un ristorante toscano. Così a ottobre con Nino Aiello, coordinatore per 25 anni della Guida Ristoranti Espresso per la Sicilia il ben servito.
Fu cacciato perché si era fatto passare un ricevuta da Roberta Corradin per poter scrivere e passare la scheda del suo ristorante, il Consiglio di Sicilia. La Corradin, ex collaboratrice della Guida stessa, aveva a sua volta usato Facebook per lamentarsi della mancata assegnazione del cappello al suo locale attribuendone de facto la responsabilità ad Aiello e raccontando il fatto nudo e crudo.
Segue copione: indignazione di amici, parenti e facebookiani (ossia coloro che vivono solo nei social), Aiello messo alla gogna con il tiro al cannolo e trascinato per i piedi da un paio di maialini neri delle Ebridi con la conclusione del responsabile della Guida (non delle Guide perché Guida Alberghi e Guida Vini hanno chiuso) Espresso che consegna il suo braccio destro alla crocefissione mediatica.
Un Toscano può farci una battuta, un Campano una risata, ma con un Siciliano la cosa non poteva finire lì. Ed infatti Nino Aiello, dopo tre mesi di silenzio senza replicare  chiede ospitalità al sito Cronache di Gusto diretto da Fabrizio Carrera e racconta la sua verità. Un articolo lunghissimo di cui noi abbiamo dato conto sintetizzando le ragioni di Aiello contro la decisione di Vizzari. Se avete tempo, fatevi un caffè e leggete i due link.

La cosa sembrava finita qui. Invece è appena cominciata: in due successivi aggiornamenti Aiello ribalta l’accusa e denuncia che Vizzari in sei ristoranti siciliani non ha messo le ricevute giuste. E non ristoranti qualunque, ma alcuni al top italiano.
Ecco Aiello:

Nino Aiello

Nino Aiello

“Una – del Duomo di Ragusa Ibla – è stata “impiantata” il 13/2/2019 (da Vizzari), la ricevuta (del ristorante Trussardi alla Scala di Milano?) l’ha inserita sempre lui in pari data e poi – dopo di me, “validatore” necessario – ancora lui l’ha velocemente pubblicata. Un’altra – La Madia di Licata – è stata “impiantata” il 19/6/2019 (dal Capo), la ricevuta (identica a quella di cui sopra, Trussardi alla Scala di Milano?) l’ha inserita in pari data – ma è sempre una lapalissiana “tecnicalità”, ne sono certo – e poi ha fatto l’usuale trafila. La terza – Malvasia Capofaro di Salina – è stata a sua volta “impiantata” il 2/6/19, la ricevuta (ristorante Due Colombe, Corte Franca (BS)?) venne inserita in pari data”
E ieri le altre tre, stavolta però sulla pagina Facebook perchè nel frattempo Aiello si è aperto apposta un profilo e ha inagurato la rubrica Filosofia&Polpette
1) Accursio di Modica, la cui scheda è stata “impiantata” da Vizzari l’11/2/19, la ricevuta (Trattoria Pautassi di Govone (CN)?) è stata da lui inserita il 3/3/19 e poi – validata da me necessariamente – in seguito pubblicata.
2) Hotel Signum di Salina, la cui scheda è stata “impiantata” dal Direttore il 28/5/19, la ricevuta (Le Giare di Bari ?) dal medesimo inserita in pari data e idem con patate.
3) Ristorante Il Cappero dell’Hotel Therasia Resort di Vulcano, scheda “impiantata” il 31/5/19, inserimento ricevuta del 2/6/19 (Due Colombe – Corte Franca (BS) ?, LA STESSA INSERITA PER IL CAPOFARO DI SALINA) e successiva pubblicazione, tutto fatto da Vizzari”.

Ora la domanda di Aiello è: perché io sono stato cacciato per aver inserito una ricevuta quando non sono l’unico ad averlo fatto?

La mia sarebbe: ma perchè un direttore di Guida (non di Guide perchè alberghi e vini hanno chiuso) ha bisogno di inserire ricevute di altri ristoranti quando potrebbe mettere delle dichiarazioni di responsabilità propria manu?

E questa prassi è circoscritta solo alla Sicilia?

Dopo una prima replica Vizzari ha deciso di tacere.
Noi ovviamente siamo pronti a rilanciare la sua versione se non decide di affidarla ad Andrea Radic, l’ex portavoce di Formigoni responsabile del sito della Guida Ristoranti Espresso.

3 Commenti

  1. “Filosofia & Polpette”

    APPENDICE A:

    “ENZO VIZZARI, L’ULTIMO DISCEPOLO DI LUDWIG WITTGENSTEIN”

    Ogni giorno che passa mi stupisco sempre di più di come certe vicende di poco conto, marginali – come la mia con Enzo Vizzari – possano appassionare, per una qualche ragione che non comprendo bene, le persone, tante, pure da me non conosciute né mai incontrate, neppure nel settore “food & wine”. Ma così è.
    Ho ricevuto, con mia notevole sorpresa, alcune centinaia di telefonate private (parecchi si erano procurati il mio cellulare in giro). Frammisti a stima e solidarietà, ho colto forte curiosità, desiderio di conoscere dettagli della vicenda in sé ma anche di un mondo (enogastronomico) apparentemente vicino ma in realtà distante e separato. Una monade che viaggia in una sua orbita, lontano dalla gente. Ho provato a rispondere a tutti verbalmente (grazie di cuore) e finirla lì, ma una cosa – che ha assai colpito l’immaginario – la debbo precisare, su richiesta pressante ripetuta, mettendo i dettagli nero su bianco.
    Si tratta delle ormai note sei (6) schede fatte personalmente da Vizzari in Sicilia, tutte (proprio tutte e sei) accompagnate da ricevute sorprendentemente relative a ristoranti del nord. I quali non dovrebbero, ad onor del vero, entrarci per niente.
    Di tre locali ho già parlato e scritto abbondantemente.
    Gli altri, a completamento dell’informazione, sono:
    1) Accursio di Modica, la cui scheda è stata “impiantata” da Vizzari l’11/2/19, la ricevuta (Trattoria Pautassi di Govone (CN)?) è stata da lui inserita il 3/3/19 e poi – validata da me necessariamente – in seguito pubblicata.
    2) Hotel Signum di Salina, la cui scheda è stata “impiantata” dal Direttore il 28/5/19, la ricevuta (Le Giare di Bari ?) dal medesimo inserita in pari data e idem con patate.
    3) Ristorante Il Cappero dell’Hotel Therasia Resort di Vulcano, scheda “impiantata” il 31/5/19, inserimento ricevuta del 2/6/19 (Due Colombe – Corte Franca (BS) ?, LA STESSA INSERITA PER IL CAPOFARO DI SALINA) e successiva pubblicazione, tutto fatto da Vizzari.
    Adesso però desisto dicendo che, siccome sono un mite giuggiolone che ama divorare polpette e non mi appartiene l’acribia al vetriolo dei legulei di mestiere, ho lasciato perdere – almeno per il momento – l’analisi delle date di tutte queste ricevute/”tecnicalità”.
    Alle millanta altre curiosità/domande non compete a me dare una risposta e neanche immaginarla. (Perché sono questioni interne, faccende squisitamente aziendali del Gruppo Gedi, a cui va tutta la mia incondizionata stima).
    In particolare in relazione alle seguenti questioni:
    a) Vizzari ha fatto per la Guida Ristoranti de L’Espresso queste “tecnicalità” solo in Sicilia oppure queste opinabili bizzarre (“extravagantes”!) “revisioni redazionali” hanno riguardato altre regioni italiane?
    b) Negli anni passati – l’esimio enogastronomo è al timone dal 2001 – ci sono stati fenomeni analoghi, vale a dire è sempre stato in vigore il regime medievale per cui “qualcuno più eguale degli altri” era totalmente “legibus solutus”?
    c) E se per avventura la risposta fosse sì, questi poteri assoluti (di un “dipendente”, in fondo), sono (stati) autorizzati da qualcuno ovvero messi per iscritto?

  2. “Filosofia & Polpette”

    ENZO VIZZARI, L’ULTIMO DISCEPOLO DI LUDWIG WITTGENSTEIN

    Nel 1921 venne dato alle stampe un volumetto che diventerà una pietra miliare della speculazione filosofica: il Tractatus logico-philosophicus. E’ il testo più difficile, astruso e oscuro della storia del pensiero. Ma, come scrisse il Nobel Bertrand Russel, che ne curò la prefazione, “è un libro che nessun filosofo serio può impunemente ignorare”. Il suo autore, l’austriaco Ludwig Wittgenstein, prodigioso logico-matematico, per questo saggio di poche pregnanti pagine si contenderà proprio con il suo mentore Russel la palma di maggior filosofo del Novecento.

    Il testo, diviso in 7 proposizioni, ha nell’ultima quella più apparentemente semplice e comunque la più conosciuta.
    Vale la pena di riportarla: “Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere”(per pedanti e germanisti: “Wovon man nicht sprechen kann, darüber muss man schweigen”).
    La sua rilettura mi ha illuminato – fra una polpetta e l’altra – nella decifrazione concettuale delle coordinate logiche delle mia risibile vicenda gastronomica. Ho poi finalmente scoperto che Enzo Vizzari, oltre a essere un eminente enogastronomo, è anche un pensatore di valore, un seguace accanito del mio amato Ludwig Wittgenstein.

    E infatti:

    1) Tace pervicacemente sul perché non ha voluto conoscere i fatti prima di decidere, rifiutandosi di ascoltare la mia versione (anzi rifiutando di ascoltarmi tout court). Eppure sarebbe pagato anche per questo.
    2) Si rifiuta di spiegare come mai non ha considerato che la vicenda, se fosse andata come la racconta la Corradin (e non è andata in quel modo) avrebbe avuto (ha avuto) la stessa ristoratrice come complice-corresponsabile (i giuristi parlano di “concorso”, “correità”: significa parimenti responsabile). Per giunta la tipa aveva financo esibito spavalda i suoi rilevanti precedenti, che avrebbero insospettito chiunque: la candida confessione urbi et orbi di 80 rumorose schede false (false senza virgolette) di sua mano quando faceva lo stesso nostro lavoro!

    3) Tace – il Direttore – il fatto che mi ha esposto senza ragione alla gogna mediatica senza che ce ne fosse stato bisogno (“come Salvini”, ha scritto crudamente qualcuno). Eppure io ero il suo fiduciario in Sicilia (prima pure di Raspelli), avevo garantito lui e il Gruppo per oltre un quarto di secolo senza scandali, “voci”, “mormorii”, forte del fattore che non ho interessi nel settore, ho sempre fatto altri mestieri, vivo piuttosto bene di mio e vado a testa alta, anche per la riconosciuta competenza e un certo distacco naturale dalle cose prosaiche (gli scandali nel comparto sono frequenti, e lui lo sa). Trascurabile il fatto che – in privato – ho ricevuto dalla ristorazione siciliana tutta un plebiscito di stima; e che lui – che non è il padrone della Guida (paga Gedi, diciamolo pure) – ha (aveva) il dovere/responsabilità di approfondire, conoscere, soppesare, valutare. Insomma di fare il suo mestiere, il Capo, il manager. Funzione per la quale è pagato bene, molto bene (contrariamente agli ispettori e capi area, autentici “morti di fame”e forse masochisti, che se sono bravi, al meglio non ci perdono!). E, dopo un’accurata analisi, decidere poi con buon senso, equilibrio, tatto. Sul solco dei valori fondanti di un Gruppo che ha al suo interno il prestigio degli Agnelli, gli Elkann, i De Benedetti, esempio di imprenditoria di alto profilo, laica, corretta, razionale, pure elegante e di gran gusto. Signorile, direi (da abbonato/lettore di una vita).
    4) Si rifiuta di capire (per un manager è grave, a Gedi non saranno felici) una cosa evidente anche per me che sino a 10 giorni fa non ero su Facebook: il popolo cyber – a prescindere dal merito della faccenda, verità/non verità – si è indignato per la brutalità e l’orribile deliberato cinismo con cui sono stato “licenziato”, per il modo. Per la totale mancanza di stile e di rispetto riguardo a una persona perbene quale io sono (fatelo dire a me che l’ho scoperto da poco, dalle centinaia di attestazioni di stima, tantissime in privato!), un collaboratore con oltre 25 anni di adamantina militanza Espresso e apprezzata competenza, di cui Vizzari si era fidato ciecamente sino a qualche ora prima del 19 ottobre e dopo alcune ore incredibilmente aveva messo alla porta, in modo avventato, senza gestire (aver saputo) la questione in modo civile. Dando inutilmente “scandalo”, fattore che in un Gruppo autorevole come Gedi dovrebbe essere la prima preoccupazione. E, in fondo, “giocando” con i quattrini/reputazione e la faccia di tutti gli altri.
    Epperò esentandone assurdamente solo se stesso (in concreto “soltanto” un “dipendente”). Si poteva licenziare/rimuovere (legittimamente, volendo) senza fare nomi e chiudendo il caso con eleganza, discrezione e stile.
    Un passaggio fondamentale per comprendere meglio il pensiero (filosofico) del severo enogastronomo- fustigatore di costumi degli altri-moralista-pensatore lo si può ritrovare nella querelle – pura eterea dialettica filosofica – concernente le fatture/ricevute a corredo necessario di ogni scheda dei ristoranti della Guida.

    I fatti:
    a) Io asserisco che per un capo area, ma anche per un ispettore, il derogare potrebbe intendersi legittimamente – in certi limitati casi – come “tecnicalità”, ovvero mera modalità pratico/tecnica. E faccio presente che nella Guida 2020 – lui, Vizzari, sì proprio lui – di queste “tecnicalità” solo in Sicilia ne ha posto in essere 6 (sei). E non mi è lecito, da filosofo al bar, se non commettendo una scorrettezza logico-matematica, inferire niente per il resto d’Italia.
    b) Il sapiente-enogastronomo piemontese si produce, a un certo punto del ragionamento, in una sottile interessante distinzione concettuale (gnoseologica? Boh.).
    Eccola:
    1) La mia unica ricevuta sub judice è certamente “falsa”, ontologicamente non può essere annoverata – giammai – fra le “tecnicalità”. E’ una acquisizione forte, indubitabile, assoluta (“ipse dixit”).
    2) Le sue 6 (sei) ricevute (solo per la Sicilia) sono invece – al contrario (“ipse dixit” bis) – mere “tecnicalità” A maggior ragione – argomenta rigoroso e inflessibile l’acuto maître à penser – perché sono state inserite “in sede di “revisione redazionale”. E qui la dialettica filosofica, come nell’immenso Hegel, fa un balzo in avanti e ha costretto un mangiapolpette come me a fare ricorso alla Treccani e al Devoto-Oli. La cui lettura mi ha lasciato perplesso, perché significa – più o meno – controllare-rivedere-vagliare meglio quanto già fatto (da altri) in un tempo precedente all’esame/verifica.
    3) Per chiarezza argomentativa e svelare l’arcano adesso è d’uopo andare alle schede fatte da Vizzari. In Sicilia sono 6 (sei), e ne analizzo (per ragioni di economia filosofica) solo 3, tenendo presente che nessuna ha comunque una ricevuta di ristoranti siciliani (ma è una “tecnicalità”, senza dubbio).
    – Una – del Duomo di Ragusa Ibla – è stata “impiantata” il 13/2/2019 (da Vizzari), la ricevuta (del ristorante Trussardi alla Scala di Milano?) l’ha inserita sempre lui in pari data e poi – dopo di me, “validatore” necessario – ancora lui l’ha velocemente pubblicata.
    – Un’altra – La Madia di Licata – è stata “impiantata” il 19/6/2019 (dal Capo), la ricevuta (identica a quella di cui sopra, Trussardi alla Scala di Milano?) l’ha inserita in pari data – ma è sempre una lapalissiana “tecnicalità”, ne sono certo – e poi ha fatto l’usuale trafila.
    – La terza – Malvasia Capofaro di Salina – è stata a sua volta “impiantata” il 2/6/19, la ricevuta (ristorante Due Colombe, Corte Franca (BS)?) venne inserita in pari data, etc. etc.
    Un gagliardo scaricatore del mercato ortofrutticolo di Palermo si lascerebbe sfuggire – valutando superficialmente l’insieme, è ovvio, in relazione all’oscuro concetto di “revisione redazionale” – “Na sustanza mi pari ca iddu sa sunò e iddu sa cantò” ( Mi pare, in concreto che lui se la sia cantata e pure suonata)! E potrebbe pure chiedersi – da ingenuo e sempliciotto quale è – come è possibile che, in una Guida dei Ristoranti prestigiosa, per dei ristoranti siciliani – in sei casi (6) – ci siano solo ricevute del nord? Di fuori, del Continente. Una provocazione dei “polentoni”? Mah. “Arcani inestricabili della filosofia” (Platone, Franco Franchi?).

    Qui mi confondo, non ho le basi culturali “giuste” per andare dietro e in profondità a queste rarefatte filosofiche disquisizioni. Oppure non ho capito che al ben pagato Enzo Vizzari – come a un sovrano medievale – tutto è concesso, agli altri mortali collaboratori della Guida, retribuiti con pochi stentati spiccioli, no. (“Rex in regno suo est imperator”) Ovviamente è un mio limite e me ne scuso, ritraendomi sommessamente.

    P. S. Il mettermi finalmente di lato, il tornare nell’ombra che amo, mi consente , inspirato dal bel volume del professore di Estetica Nicola Perullo, “Del giudicar veloce e vacuo. Metacritica della critica gastronomica”, di dare almeno un consiglio riguardo a fatture e ricevute. Utile per l’avvenire. Una sorta di “Modesta proposta per prevenire”.
    Oggi vige la fatturazione elettronica e sarebbe bene che gli autori/collaboratori che fanno schede, tutti-tutti-tutti, producessero materiali fiscali idonei: fatture elettroniche quelli dotati di partita Iva, lo scontrino-parlante-intestato coloro che ne fossero eventualmente sprovvisti.
    Con l’avvertenza però (non si sa mai!) di far risultare sempre, senza eccezioni, l’elenco dei piatti (un primo, un secondo e via dicendo). Per evitare quanto può accadere, cioè che magari uno va a recensire uno “stellato” e ti porta la ricevuta di tre calici di Nero d’Avola, oppure di una fetta di torta o di un antipastino striminzito e basta, oppure di un trancio di pizza. Senza una pietanza! (è solo un esempio scolastico, suvvia). E i capi area, finalmente “normati” e felici, risponderebbero pure del merito e della “substantia” delle pezze d’appoggio.

  3. Volevo ricordare a Luciano Pignataro che io ho sostituito (sono subentrato a), da capo area, una collega che prima si era avanzata con entusiasmo per scrivere la scheda del locale “Consiglio di Sicilia” di Scicli e poi si era (curiosamente, invero) tirata indietro stizzita quando io le avevo spiegato che con una cucina “basica” (in sintesi buona e saporita ma come mille altre) non era umanamente possibile attribuire il sospirato “Cappello”. A meno di non volere squalificare/svilire la Guida. Quindi la visita era stata fatta, la ricevuta (una mera “tecnicalità”) era stata fornita dalla ristoratrice (comunque correa/complice senza se e senza ma). E basta. Nessun falso, nessun gioco delle tre carte.Una banale avocazione, una delle tante che si fanno in una Redazione dove esiste una gerarchia che non può tollerare le bizze, talvolta interessate, dei collaboratori.

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