Lo sfogo di Benedetta Rossi è populismo gastronomico


Il video di denuncia di Benedetta Rossi

Benedetta durante il video

Nella rivoluzione industriale i ricchi diventavano più ricchi affamando i poveri, nell’era digitale della globalizzazione i ricchi fanno affari prima con la fame dei poveri, li nutrono a basso costo per avere mano d’opera a basso costo e poi fanno altri affari con le loro malattie generate dalla pessima alimentazione fatta di eccessi di sale, zuccheri, grassi idrogenati, coloranti e conservanti.
La incredibile parabola alimentare del genere umano negli ultimi tre decenni è la prima cosa che mi viene da pensare seguendo la polemica che ha coinvolto Benedetta Rossi, la superpopolare foodblogger  da 4,5 milioni di seguaci che ha avuto successo, e presumiamo buon per lei facendo molti soldi, raccontando la cucina dei poveri, delle “persone normali” delle famiglie per cui è importante anche risparmiare 20 centesimi su un pacco di pasta per arrivare a fine mese.
Ci sono due aspetti che meritano questo post oltre quanto già stato scritto in rete. Il tema del rapporto fra povertà e alimentazione e quello del nuovo modo di usare il proprio potere acquisito sui social.

L’articolo di Dissapore e la reazione di Benedetta Rossi

Tutto nasce da un simpatico articolo di Dissapore sulle dieci ricette peggiori di Benedetta Rossi. Scritto con garbo, con grande efficacia, in punta di fioretto da Chiara Cajelli. Un articolo in cui si sottolineano errori tecnici (lievito nel pan di Spagna), esagerazioni zuccherine e di grassi.
Questa volta la reazione è stata dura, ben costruita: la tesi sostanzialmente è che lei non pretende di insegnare nulla, ma di dare consigli alla gente normale, quella che deve fare i conti di fine mese e non ai gastrofighetti che ricercano prodotti costosi e rari. Per questo lei usa prodotti alla portata di tutti, dal tonno in scatola alla margarina, eccetera eccetera.
In realtà la contrapposizione gastrofighetti e “gente normale” è una finzione del web perchè sono due facce della stessa medaglia: lo straniamento dal giusto rapporto con il cibo e la cucina. In realtà Benedetta Rossi è espressione di alcuna cultura gastronomica povera popolare, ma del modello di consumatore che l’industria alimentare è riuscita a creare nell’arco di una sola generazione.
Non a caso oggi i ricchi più colti cercano quello che mangiavano un tempo i poveri: verdure biologiche, poca carne, prodotti di prossimità. Sono i cittadini divenuti consumatori impegnati a nutrirsi di schifezze. Se davvero mangiassimo come hanno mangiato i poveri per secoli la nostra salute ne trarrebbe grande vantaggio.

Per mangiare bene ci vuole cultura del cibo

Il punto vero della questione dunque è questo: la salute del cibo, del suolo e di chi mangia. E non è neanche vero che seguendo principi sani di alimentazione si spende di più: basta fare la giusta spesa ogni giorno seguendo una dieta equilibrata e la stagionalità degli alimenti, pesci compresi.
Lo sradicamente dalle campagne ha tagliato completamente il cordone ombelicale con il cibo indirizando i consumatori verso la fiducia dei marchi alimentari. Quando il cibo costa poco, troppo poco, a pagare è chi lo produce, l’ambiente, e lo stesso consumatore disattento che dovrà spendere in medicine i soldi risparmiati al supermercato.

Dunque, bravissima Benedetta Rossi ad interpretare questa macro tendenza che porta a mangiare cibo sputato da macchinette e imbustato. Un po’ come è stato bravo per un periodo Salvini ad interpretare la paura per gli immigrati ed è stata brava la Meloni con gli spot dal benzinaio. Ma ci risparmi le prediche gastro-populiste. Lei risponde, culturalmente e politicamente, agli interessi dei grandi gruppi alimentari e non dei poveri che non ce la fanno alla fine del mese perchè costoro, le vere fasce di povertà create dopo la crisi finanziaria 2008 e gli immigrati, credo abbiano davvero poco tempo per seguire le ricette sul web.

Quanto agli hater, gli odiatori di professione, sono sempre esistiti e chi si espone sa bene che può diventare un bersaglio in qualsiasi momento. E’ il prezzo del successo, soprattutto in un paese che non ama l’approfondimento. Una carenza che porta al rapido successo in politica come nel web, ma che, per lo stesso motivo, determina altrettanti rapidi rigetti e sostituzioni.

Carissima Benedetta Rossi, goditi il tuo successo, ma non pretendere che chi capisce di cibo ti possa seguire entusiasta preparando i tuoi manicaretti senza dire una parola. Sembra strano, ma in questo paese c’è ancora un po’ di libertà di stampa e la si può esercitare senza ricevere l’infantile accusa di fare clickbaiting o una chiamata alle armi alla propria comunità bullizzata in perfetto stile Trump: attaccano me perchè siete voi l’obiettivo.
Calma, in fondo di pan di Spagna (senza lievito), parliamo.

 

13 Commenti

  1. Mi sarei aspettato una presa di distanza NETTA rispetto ai commenti più aspri che ha ricevuto sia lei che il suo pubblico. Invece soffiate sul fuoco della polemica e in questo siete responsabili del clima che si genera intorno a questa persona. Ha costruito un format che funziona e da parte vostra, sopratutto se la polemica è partita da voi, mi sarei aspettato innanzitutto SOLIDARIETA’. Criticare un piatto cucinato male è legittimo, andare oltre offendendo la persona NO.

  2. Sottoscrivo tutto.Non,a caso in Campania c’è una catena di Discount che riscuote un enorme successo e che ha fatto da apripista alla diffusione nazionale .Inutile dilungarsi sulla composizione dei carrelli,è facile immaginare il contenuto,senza voler colpevolizzare i consumatori è chiaro che con il tempo ,la sobrietà alimentare che contrastingueva le abitudini dei nostri territori,ha ceduto il passo ad un consumo spesse volte più rivolto all abbondanza indiscriminata.

  3. Un applauso per una analisi di questa questione, che sembra contraopporre in una guerra tra poveri coloro che hanno viziato il palato con prodotti di bassa qualità e coloro che per snobismo non vogliono capire (e includo me stessa qui) come si possa essere così orgogliosi di mangiare orrori alimentari. Come la sfoglia del super.

  4. Siamo alle Solite: Commenti su Commenti ai Commenti…..!
    Non sono solito intervenire sui Social, ma lei: Luciano Pignataro, impegnato giornalisticamente negli interventi non doveva indirizzare la controversia in quella direzione.
    Avrebbe, correttamente, dovuto assumere la posizione di DRONE e cercare di descrivere con i criteri anglosassoni: CHI DOVE QUANDO PERCHÉ.
    Invece si schiera dalla parte di quelli che “ Capiscono di Cibo “.
    Spero sia stata una svista di superficie.
    Mi Dia, per cortesia, una definizione decente, di “ Chi Capisce di Cibo “.
    E non se ne esca, ancora per cortesia, con definizioni masticate da mascelle a cui sottendono stomaci da prete .

    1. Antonello Franchetta, Le rispondo io.
      “ chi capisce di cibo” è una persona competente, che ha quindi studiato:
      – le corrette modalità di coltivazione, di allevamento e di trasformazione delle materie prime.
      – le proprietà organolettiche del cibo
      – le reazioni e le modificazioni che il cibo subisce attraverso la trasformazione, la manipolazione e l’intera filiera del cibo dalla produzione all’eventuale impacchettamento al trasporto, alla conservazione e ad ogni tipo di manipolazione (dalla cottura a tutto ciò che si possa definire manipolazione).
      – la biochimica degli alimenti
      – la chimica degli aromi e la percezione sensoriale degli stessi e dei difetti derivati dall’alterazione degli alimenti.
      Che sappia eseguire un panel test ed abbia una grossa esperienza pratica sul campo della degustazione.
      E tanto altro ancora.
      Buona giornata.

  5. Mi sono già Pentito e la chiudo qui.
    Si scatena, involontariamente, una pletora di variabili infinite.
    Di posizioni.
    Di opinioni.
    Da cui non se ne esce.

  6. Assolutamente spregevole articolo da parte vostra. Un’opinione personale e’ lecita, ridicolizzare ed offendere e’ decisavemente spregevole in particolar modo da una testata come la vostra, da cui ci si aspetta una valutazione critica del food world odierno non un disprezzo diffuso. Il che fa comprendere una vostra mancanza nel comprendere la diversita’ della food scene odierna, ed un voler dettare canoni da voi importi eretti come una strada possibile. E’ una bella sfida tra populismo e ottusa ignoranza.

    1. Vedo che ha commentato senza leggere, ma a copiato e incollato questo commento da qualche altra parte. Tipico di chi usa Philadelfia invece di un buon formaggio articianale :-)

  7. Mah,
    questo approccio didascalico estremo di questo testo potrebbe ritorcersi contro gli stessi autori. Per intenderci, mi pare, quelli stessi che su questo blog hanno qualche tempo fa messo in scena una campagna agiografica senza alcun ritegno verso gli industrialissimi sottoli di girasole D’amico (immagino si possa nominare il nome, visto che era specificatissimo in almeno 4 post).

  8. Non seguo Benedetta però mi sembra che la polemica vertesse sulla cd semplicità delle sue ricette e non sulla qualità dei prodotti che usasse.detto questo se mangi carne waygu e formaggi francesi tutti i giorni hai più possibilità di schiattare rispetto ad uno che si mangia na pasta e broccoli comorati nel discount

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