Museo della Pizza a Napoli? Si ma anche a New York e a San Paolo


Museo della Pizza a Napoli, la protesta(Foto teresa Lucianelli)

Museo della Pizza a Napoli, la protesta(Foto Luigi Savino)

Allora, tanto per cominciare nell’ennesima querelle inutile sul Museo della Pizza, diciamo a chi non lo sa che la città al mondo con più pizzerie che ha un proprio stile è San Paolo del Brasile. La seconda è New York, dove la pizza, portata da emigranti napoletani, calabresi e siciliani, ha ormai oltre 120 anni di storia e anche lì un proprio stile. Terza è Napoli la città dove è nata.
Quindi davvero stavolta non capisco dove porta la protesta (contro chi) di Gino Sorbillo (che ha aperto a New York), Antonio Starita (che aveva aperto a New York), Alessandro Condurro (che aprirà a New York?) e di Enzo Coccia.
Non vorrei metterla su personale, ma mi pare che questo gesto corrisponda solo a una logica, quella che purtroppo è il primo mantra di gran parte dei pizzaioli, un attimo di visibilità, costi quel che costi. Intuire il ventre molla dei media e affondare subito per cavalcare l’onda. NY fa il Museo, Napoli protesta: cosa c’è di un titolo più facile nell’era dell’informazione fancazzista?
Loro, i pizzaioli, ormai sanno di comunicazione quanto di pizza, meglio di qualsiasi categoria, al pari dei politici e degli uomini di spettacolo.
Per avere la visibilità, Coccia, Sorbillo e Starita applaudirono a Capodimonte il ministro Franceschini che si era opposto alla candidatura Unesco dell’arte del Pizzaiolo Napoletano e avviarono i festeggiamenti prima ancora che ci fosse la decisione ufficiale da Seul rischiando di compromettere il risultato (sono le parole del presidente Apn Miccù condivise da Antonio Pace)
Sempre con questo obiettivo, Sorbillo ha esaltato la pizza tumorata di Cracco con un abile mossa mediatica conquistando il centro dell’attenzione.
Ora va bene che siamo prostrati al mantra della visibilità, ma anche chi imbratta la Gioconda la conquista, e l’immagine di ieri è questa. Perché protestare con chi fa un Museo a New York  con toni anche gastrorazzisti (fate gli hamburger ignorando che la Grande Mela è la capitale mondiale del food che ha dato a tanti produttori, cuochi, chef italiani opportunità negate qui in  Italia) invece di pensare a crearne uno a Napoli che farebbe furore visto che da tre anni la città è sold out turisticamente è da suicidio mediatico, politico e culturale.
Tristezza infinita, che relega la figura di pizzaiolo a quella di Masaniello mediatico, urticante e respingente per chi guarda da fuori quel che accade.

Le parole sensate sono invece quelle che ha scritto su Facebook Rosario Procino, napoletano, titolare della pizzeria La Ribalta a New York.

Leggo di proteste, conferenze stampa e manifestazioni a Napoli nei confronti di un imminente apertura di un museo della pizza a NY.
Scusate, ma per cosa si protesta?
Perchè il museo non sarà a Napoli?
Perchè il museo non parlerà di pizza Napoletana?

A me sembra tanto una trovata per attirare un po’ di stampa e niente più.

Se a NY vogliono fare un museo sulla pizza, che ben venga. Cosa c’è di strano?
Non e’ colpa loro se nessuno l’ha mai fatto a Napoli.
Lo volete (vogliamo) a Napoli?
E fatelo (facciamolo) !!!

Non capisco la logica e le regioni della protesta.
E’ perchè la pizza e’ nata a Napoli? E allora?
Quindi secondo questa logica, chesso’, il Metropolitan Museum o Il MOMA di NY non dovrebbero esistere o almeno non dovrebbero mostrare arte non newyorkese.
Seguendo questa logica, gli Egiziani dovrebbe protestare per l’immediata chiusura al pubblico della collezione Egizia al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Ma di cosa stiamo parlando?

Italiani, Italiani.
Invece di lamentarci e protestare, dovremmo imparare dagli americani, quando c’e’ da imparare.
Abbiamo un patrimonio naturalistico, artistico e culturale unico al mondo e non sappiamo sfruttarlo. E poi ci lamentiamo se qualcuno sa fare e sa organizzare. Impariamo. Testa alta nel promuovere la nostra storia, ma testa bassa e impariamo quando c’e’ da imparare.

Abbiamo Pompei, il Colosseo, gli Uffizi che cadono a pezzi.
Guardate NY e guardate l’11 settembre. Una tragedia ancora viva nei cuori dei New Yorkesi eppure oggi, 15 anni dopo se si torna sul luogo si trova un memoriale, un museo, ristoranti, e tutto il resto.

Impariamo, invece di protestare. Solo cosi si cresce.

Mi aiutate a capire di cosa si protesta?

6 Commenti

  1. A noi di fare i pagliacci ci viene naturale.
    Non comprendo la presenza di Alessandro Condurro e quella del combattivo consigliere Borrelli che in questa vicenda per la prima volta nella sua lunga carriera non fa una bella figura.
    Basta con sto finti piagnistei per un titolo fi giornale. Un minimo di dignità. Ognuna di queste manifestazioni copre di ridicolo ognuno di noi napoletani.
    Finitela.

  2. Applausi a scena aperta per il pizzaiuolo della Ribalta di New York e all’analisi lucida e laica di questo post? Ma la vogliamo finire con gli orticelli privati il personalismo l’individualismo e finalmente smettere di polemizzare e FARE Fatti e non chiacchiere che insieme con “‘tabbacchere ‘o Banco e Napule nun ‘mpegna!” Vero Luciano Pignataro Andrea Dicimo Raffaele Bracale Tommaso Esposito Luigi Savino etc?

  3. La mia prima reazione è stata di disappunto, quando si parla di pizza fuori da Napoli è facile incorrere nel reato di lesa maestà, poi mi sono ricordato chi è e dove sta ,quello che io giudico il miglior pizzaiolo al mondo e ho iniziato a riflettere su cos’è un museo. A parte le città nel mondo dove la pizza ha una sua identità come San Paolo o New York, un museo può sorgere ovunque ci sia qualcuno animato da passione , diversamente non avremmo musei Egizi a Torino e a Napoli. La volontà di fare notizia , visto che il momento della pizza Napoletana sembra stia un po’ calando, ha avuto una parte in questa mossa d’orgoglio?

  4. Condivido il pensiero di Massimo Di Porzio, che dice: che male c’è se grandi metropoli come New York, Londra, Parigi, Amsterdam, Tokyo rappresentano la Pizza (non solo napoletana) come forma d’arte?
    Invece di fare rumore e pensare sempre di essere fregati dalle iniziative, concentriamoci a rimediare e nel fare SQUADRA nel creare ! Io sono un appassionato di storia della Pizza napoletana e per passione posseggo raccolte che fino ad oggi contano quasi 200 pezzi, tra cui molte foto che e’ stato necessario restaurare al fine di strapparle al logorio del tempo. Le uniche associazioni di Pizza napoletana AVPN e APN devono riunirsi per trovare accordi a rendere importante La Storia della Pizza Napoletana. W La storia della Pizza Napoletana !!!

  5. Trovo eccessivo dare spazio a questi personaggi alla ricerca di ogni occasione buona per un briciolo di visibilità. Un parere personale: la pizza di Sorbillo non è poi questo gran capolavoro… l’impasto si ammolla e si attacca al piatto dopo 2 minuti, gli ingredienti vengono sparsi a caso sull’impasto, non sanno manco che il basilico andrebbe messo dopo la cottura nel forno. Per carità, la storia e la tradizione di zia Esterina va bene, ma ricordiamoci che faceva le pizze fritte in strada e poi le vendeva in un buco non proprio lindo in via Tribunali… ottimi i prezzi, la ragione del suo successo.

  6. @ Paolo 5 maggio 15:28
    “Eater”, uno dei giornali gastronomici più importanti degli Stati Uniti, pochi giorni fa, ha stroncato Sorbillo a New York per qualità e prezzi alti.

    Sorbillo ha acquisito un “potere mediatico” grandissimo che lo rende inattaccabile (o quasi) in Italia.
    Il posto riservatogli nelle classifiche italiane e napoletane non rispecchia più la realtà che vede, ormai, nuove pizzerie, anche di giovani e, fino a ieri,sconosciuti, sfornare pizze napoletane di una qualità superiore.
    Il problema, in Italia, è la mancanza di una critica gastronomica indipendente, coraggiosa, onesta intellettualmente e anticonformista.

    È più facile che un cammello entri nella cruna di un ago che Sorbillo scenda di qualche posto nelle “mitiche” classifiche delle pizze, italiane e napoletane.

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