Poggio al Bosco 2012 Gravina dop Botromagno


Poggio al Bosco 2012 Gravina Dop Botromagno

Ma chi l’ha detto che i bianchi pugliesi non regalano grandi soddisfazioni nel tempo? Basta sapere aspettare e crederci come ha dimostrato un paio di anni fa proprio una verticale di Poggio al Bosco. Ecco che a cinque anni dalla vendemmia passiamo una bella domenica pomeriggio con il Poggio al Bosco di Beniamino D’Agostino e lo troviamo in perfetta forma: lungo, saporito, nasi ampio e complesso, finale amarognolo che lascia il palato fresco e pulito. Insomma, una bellezza. Con il tempo i toni fruttati lasciano spazio alla mineralità e a rimandi sulfurei molto interessanti. Da bere in un calice ampio e lentamente. La bottiglia finisce.

Scheda dell’11 novembre 2014. Questo vino è il mio bianco preferito in Puglia. Lo riprovo in una cena tranquilla tra amici su piatti ben strutturati, tra l’altro anche un bel galletto con le patate al forno, e devo dire che mi ha davvero appagato. Rispetto all’assaggio di un anno fa devo dire che appare molto più equilibrato, frutto e legno appaiono in buon equilibrio, la freschezza domina e tiene botto durante tutta la beva.
Un esempio di come la gestione del legno possa valorizzare un bianco del Sud da uve autoctone. Ne ho ancora qualche bottiglia, ma non sarò così stupido da aprirla prima dei prossimi cinque anni:-)

Assaggio del 23 dicembre 2013. La Puglia è una regione ricca ma ancora prigioniera di schemi duri da spezzare. Uno dei tanti è che non sia regione da bianco. Per la verità lo si è sempre detto per ttuto il Sud solo da poco tempo l’Irpinia ha rovesciato il luogo comune mostrando con il Fiano di poter competere a qualsiasi livello.
Una fantastica verticale di Fiano Minutolo de I Pastini con Radici ha dimostrato la longevità e le potenzialità della Valle d’Itria, una terra fuori dal tempo dalle zolle profumate e il cielo azzurro. Sempre a Radici a giugno ho provato il vino che vi voglio regalare per questa vigilia: si tratta di Poggio al Bosco, una bottiglia borgognona di Botromagno, l’azienda di Gravina gestita da Beniamino D’Agostino. Il progetto parte da una singola vigna al limite del Bosco comunale Difesa Grande a 600 metri di altezza. Piantata oltre vent’anni fa utilizzando una selezione di zona in collaborazione con l’Università di Agraria della Basilicata, su terreni dotati di buon scheletro, substrato calcareo e sassi. Tre le uve utilizzate in questo blend: Greco Mascolino, Greco, Malvasia.
Si tratta di un bianco magnifico, elegante, spinto nei profumi dalla notevole escursione termica che caratterizza il territorio della dop Gravina, proprio ai bordi tra Puglia e Basilicata. Colpisce la freschezza che fa salivare, la pienezza al palato: insomma un campioncino di buona stoffa che potremo utilizzare per i piatti del cenone della Vigilia, la conferma di quanto stia crescendo il nostro Sud anno dopo anno.
Lo vedo bene però anche sulla cucina dei giovani leoni pugliesi, da Angelo Sabatella di Masseria Spina a Monopoli a Sebastiano Lombardi della Sommità del Cielo e Ostuni sino a Felice Sgarra di Unami a d Andria.

Insomma, l’avete capito: cominciate pure ad andare avanti e indietro per la Puglia, scoprirete ben altro oltre i grandi piatti della tradizione e i tre rossi che l’hanno resa famosa.

7 Commenti

  1. grazie, peró invece di aspettare 5 anni, l’osteria è riaperta, prendi la macchina e ci facciamo una verticale dal 2008. I funghi ci sono e la cipolla rossa per fare la cialledda pure.

      1. Dimmi solo giorno ed ora e magari portati pure quel talebano di Lelluccio Tornatore

  2. Non conosco tanti vini bianchi pugliesi quanto ne conosce Luciano, ma per la mia esperienza concordo con lui. Numero uno. Un vino che fa pensare a una grande padronanza della tecnica, ma ancor di più a un’impressionante qualità della materia prima e alle potenzialità di questo territorio.

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