
Pescheria a Salerno
Corso Garibaldi 227
Tel. 3923594944
Sempre aperto
Mancava da anni. Mancava a Salerno un ristorante di livello al centro della città che riuscisse a coniugare insieme ambiente, qualità della materia prima, servizio, cucina e carta dei vini. I più anziani ricordano Nicola dei Principati, all’ultimo numero della famosa strada che collega quelli che un tempo erano il Principato Ultra e Citra, Salerno e Avellino. Quelli di mezza età devono risalire al bellissimo locale che per molti anni Pietro Rispoli ha avuto proprio di fronte al Duomo che ha aperto la città alla rivoluzione gastronomica italiana degli anni ’90, quelli della scoperta e della voglia di conoscere la cucina d’autore.

Pescheria nasce dall’incontro dei fratelli Esposito, napoletani trapiantati ad Acciaroli dove gestiscono il Veliero, con Guido Guariglia. Un ristorante dunque che parte dalla materia prima di valore assoluto, quella del mare del Cilento poco antropizzato, cento chilometri per poco più di trentamila abitanti dieci mesi l’anno. E dalla intelligenza di proporre un format semplice, che oggi ha un successo sicuro: crudi, buoni primi di pasta, grande pescato per chi vuole andare avanti coniugato ad un servizio competente e ad una buona carta dei vini per tutte le tasche. Insomma, quello che sta succedendo del triangolo L’Altro Loco, Terrazza Calabritto e Crudo Re a Chiaia.

Intendiamoci, non mancano i ristoranti dove la materia prima di mare sul mare (Ristorante del Golfo, Lido Miramare) e di qualità (qui la nostra guida dei ristoranti di Salerno) per luci d’artista, ma è proprio la formula scelta che ha fatto partire a razzo questo locale. Un ristorante, che, ripeto, si aspettava da tempo nella città, dove l’offerta sarà presto ampliata dalla presenza dei Feudi di San Gregorio con l’Embarcadero. Speriamo serva da esempio.

La cucina è semplice, materica, marinara, ma con la cura del dettaglio al prodotto. La frittura è ben eseguita, il salmone è lavorato in proprio, così come il tonno pesctao nel Cilento, il territorio che sarà la cambusa di questo locale.






Dopo la batteria di antipasti crudi e cotti, ecco alcuni primi semplici ed efficaci.


Degli evergreen, insomma, anche se sulla genovese di tonno il formaggio va tolto o drasticamente diminuito, magari usando uno di lunga stagionatura che si usato come esaltatore di sapore e non lo copra.



Dolci classici, bello anche quello all’olio d’oliva, usato quelle della Dop Colline Salernitane firmato Torretta.



La carta dei vini è ampia e lo sforzo è stato significativo nel reperire anche vecchie annate di bianchi campani. Ci sono problemi di spazio per lo stoccaggio, io mi concentrerei su Campania, un po’ di Sicilia e più Francia per dare la possibilità a chi vuole di allargarsi un po’ come fa Palazzo Petrucci a Napoli.

CONCLUSIONE
Un posto dove si sta bene, per amanti della materia prima di territorio e di qualità. Una cucina senza grilli per la testa che pensa al cliente e non all’ispettore della Michelin. L’ambiente è amplio e luminoso, presto si dovrebbe avere la concessione di mettere anche dei tavolini fuori e raddoppiare i 40 posti interni, ovviamente burocrazia permettendo. In sei il conto era di 418 euro di cui 260 cibo, il resto vino. Insomma si paga dai 40 ai 50 euro due piatti più dolce. Da 50 a 60 per un pasto completo. Speriamo solo che la tensione lavorativa che abbiamo notato in questi primi giorni continui sempre, ma abbiamo visto solo professionisti al lavoro. Insomma, non abbiamo dubbi, a Salerno qui siete al top se amate il concetto di ristorante capace di offrirvi piacere ed emozioni.
